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L’essere umano non è solo un animale speciale…

di Michele Orsini - 27/04/2016

L’essere umano non è solo un animale speciale…

Fonte: Opinione pubblica

Nell'occidente cristiano l'uomo è da sempre stato considerato "pienezza" o "corona della creazione", perciò posto in una posizione gerarchicamernte sovraordinata rispetto agli altri viventi.

La celebre tassonomia proposta nel 1735 dal naturalista svedese Carl von Linné, permane ad oggi l’unica universalmente riconosciuta a livello scientifico, nei secoli successivi l’espansione della conoscenza non ha portato al suo abbandono, ma soltanto a degli aggiustamenti, quali l’introduzione di un livello di classificazione sovraordinato ai regni, il ‘dominio’, ed una serie di livelli gerarchicamente inferiori.

Il sistema suddivideva i viventi nel ‘regno’ vegetale ed in quello animale, che comprendeva l’uomo. Poco più di un secolo dopo, nel 1843, lo scienziato Giorgio Jan, viennese di nascita ma residente a Parma, propose una diversa classificazione per l’uomo in un’opera dal titolo esplicativo: ‘Dell’uomo considerato come un proprio regno dell’istoria naturale’.

La sua idea era collocare in una scienza autonoma, l’antropologia, lo studio della specie umana, cui riservare un regno proprio, separato da quello animale, considerando errato trascurare il divario esistente tra l’uomo e qualsiasi animale, sia pure il più evoluto. Scriveva infatti: “il regno umano pè suoi sublimi contrassegni, e per quelli soprattutto della ragione, si distingue dal regno animale per ben maggiore distanza che l’animale non si divida per il moto volontario dal vegetale”.

La sua proposta non venne accolta, sebbene portasse argomenti solidi: la specificità dell’uomo rispetto agli (altri) animali è chiara a tutti, non è quindi peregrina l’idea di modificare ancora il sistema linneano, stavolta inserendo un altro regno, quello umano.
Da un analisi del linguaggio comune si può evincere come l’uomo non viene considerato comunemente un animale, anzi questa parola viene usata piuttosto come un insulto, unitamente alla variante “bestia” e a quelle specifiche come, ad esempio, “porco”: vi sono però anche casi di connotazione positiva, come quando si definisce “leone” chi si dimostra molto coraggioso. L’uso di queste espressioni dimostra comunque che sentiamo gli animali come altro da noi.

Nell’occidente cristiano l’uomo è da sempre stato considerato “pienezza” o “corona della creazione”, perciò posto in una posizione gerarchicamernte sovraordinata rispetto agli altri viventi: la scienza non ha certo sradicato del tutto quest’idea, tanto più che, escludendo il discorso creazionista, i fatti sembrano confermarla appieno.
Possiamo anche vedere le idee della superiotà dell’uomo e della posizione di parità rispetto agli animali come ideologie contrapposte, la seconda delle quali comporta tanto un’animalizzazione dell’uomo che un’umanizzazione degli animali, fino alla deriva della ‘zoomania’, di cui abbiamo già parlato in un precedente articolo (Zoomania, la deriva inarrestabile dell’animalismo).

L’errore degli animalisti è di argomentare l’affermazione per la quale l’uomo non sarebbe superiore con la sua indegnità, portando ad esempio i maltrattamenti verso gli animali, che però non costituiscono, per fortuna, un comportamento generalizzato: la crudeltà verso gli animali costituisce anzi un grave sintomo psichiatrico.

Gli attivisti hanno poi tutte le ragioni nel denuciare i metodi di allevamento più diffusi attualmente, ma dovrebbero anche comprende di essere di fronte soltanto ad uno dei volti del moderno capitalismo, che si basa sulla violenza organizzata diretta tanto verso questi poveri animali quanto verso gli esseri umani, siano essi lavoratori (Il lavoro come violenza istituzionalizzata) oppure clienti (La Leopolda, una stazione dove ‘parte’ il treno delle responsabilità…).
Il fatto che alcuni uomini usino male la loro superiorità sugli animali, non dimostra però che non la detengano, quanto piuttosto l’esatto contrario.

L’etologo austriaco Irenäus Eibl-Eibesfeldt, allievo del celebre Konrad Lorenz, è l’autore di ‘Etologia umana. Le basi biologiche e culturali del comportamento’ (1984), atto fondativo di una nuova disciplina a metà strada tra antropologia e biologia.
Si tratta di un libro ponderosissimo ed assai ostico, dello stesso autore ci sentiamo invece di consigliare a tutti ‘Amore e odio’, testo divulgativo senza mai diventare semplicistico, pubblicato in italiano da Adelphi nel 1994.
Nel primo capitolo, inititolato ‘Bestia humana. Una moderna caricatura dell’uomo’, l’autore prende le distanze tanto dalla teoria hobbesiana della “lotta tutti contro tutti”, quanto da quella rousseviana del “buon selvaggio”: enuncia invece che comportamento aggressivo e comportamento altruistico sono entrambi adattivi per la specie e perciò sono naturali e primari (pag. 19). Si tratta comunque di comportamenti che si possono ritrovare in numerose specie animali.
Nel sesto capitolo, ‘L’ancoramento biologico delle norme etiche’, Eibl-Eibesfeldt spiega come i comportamenti che consideriamo morali siano stati selezionati poiché favorevoli alla sopravvivenza della specie, ma che anche potendo stabilire in linea di principio quale sia il bene che si dovrebbe fare ed il male dal quale ci si dovrebbe astenere, “ciò che, poi, è bene o male nel singolo caso, dovrebbe essere dedotto” (pag. 118).

Ecco che emerge una differenza irriducibile tra l’animale, che agisce sempre per istinto, e l’essere umano che è chiamato a ragionare su ciò che è giusto o ciò che è sbagliato: è soltanto colui che si sottrae a questa responsabilità che vive davvero come un animale.