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Lui è tornato. Ambientalista, ecologista ed è pure Charlie

di Giacomo Pellegrini - 29/04/2016

Lui è tornato. Ambientalista, ecologista ed è pure Charlie

Fonte: azioneculturale

Che cosa ci è rimasto della Germania Nazista? E soprattutto può un regime democratico federale come la Germania degli anni duemiladieci arginare il pericolo di una dittatura militare di stampo nazista, che l’ha resa protagonista, ovviamente in negativo, nell’ultimo conflitto bellico mondiale? La Germania di adesso sarebbe capace di evitare un’altra deriva autoritaria?

Partendo da queste domande, potremmo comprendere come mai sia il romanzo di Timur Vermes che l’omonimo film da esso tratto di David Wnendt Lui è tornato abbiano avuto un successo enorme. Hitler si risveglia in una soleggiata giornata a Berlino nel 2014, inizialmente non ci crede nemmeno lui, poi dopo aver compreso la realtà dei fatti e recuperato il gap nozionistico riesce a percepire quali sono le gravità che colpiscono la Germania al momento: la demenza infantile, la demenza senile, la disoccupazione giovanile e soprattutto l’immigrazione.

L’Hitler contemporaneo inizia quindi a girare per la Germania intervistando le persone che hanno meno voce in capitolo: operai, commessi, giovani che esprimono a lui e al suo accompagnatore – uno sgangherato regista-autore-giornalista che lo tratta come un fenomeno goliardico per tentare di far carriera – quello che non va in Germania settant’anni dopo aver perso la guerra e dopo aver subito un processo di democratizzazione, divisione, riunificazione e globalizzazione.

Hitler, dopo aver preso atto del progresso della tecnica e delle contraddizioni del nostro tempo, ha capito da che parte stare e decide di sostenere le cause dei Verdi: non la CDU della Merkel, né gli eredi dei suoi nemici storici della SPD: proprio i Verdi, perché sono contro la cementificazione e sono gli unici – a detta di Hitler – a voler proteggere la propria terra. Ma Hitler, dopo aver compreso la politica del nuovo stato delle cose, ha bisogno di farsi conoscere e il suo accompagnatore lo fa entrare in una web-tv e ad ottenere sempre più consensi, prima in termini di spettatori e poi anche politici.

Tutti credono Hitler un attore comico capace di far brillantemente suo il metodo Stanislavskij. Tutti ridono di lui, indipendentemente da quello che dice. Hitler, cinico com’è, continua a stare al gioco pur rimanendo se stesso, tutti lo deridono e ridono di lui scatenando così un fenomeno talmente virale da sfociare su YouTube, aumentando esponenzialmente la fama del dittatore.

Hitler così entra nello showbiz, aderendo al consumismo di mercato, alle logiche massmediatiche di McLuhan. E ovviamente, secondo le regole, se un attore vestito come Hitler che si atteggia da Hitler e che fa discorsi alla Hitler fa ridere allora rende, e allora giustamente va premiato, incoraggiandolo ad andare in più trasmissioni possibili. Hitler parla e i suoi monologhi comici iniziano a essere dei veri e propri comizi politici, ma nessuno fa niente. Nessuno fa niente semplicemente perché lo crede un comico, perché fa ridere, perché riesce a dire le cose che tutti vogliono sentire: Hitler si è conformato al pensiero unico e il pensiero unico si è conformato a lui divenendo (o lo era già?) animalista ed ecologista.

Anche quando Hitler verrà obbligato a lasciare la televisione, il cortocircuito sarà ormai chiaro. Lo spettacolo senza lui non è più lo stesso, la gente, stufa di vedere sempre lo stesso format, costringe la web-tv a ritirarlo fuori e addirittura a fare un film sul suo ritorno: non importa l’aver portato la Germania ad un punto di non ritorno sul finire della Seconda Guerra Mondiale; non importa aver sterminato sei milioni di persone in tutta Europa; non importa esser ancora ricordato come l’uomo più pazzo che abbia mai governato un popolo:la televisione lo vuole, aldilà di tutto.

S: “ Lei è un mostro! “ 
A: “Pensa questo? Allora dovrebbe condannare tutti coloro che votarono questo mostro, non erano tutti mostri? O era gente comune che decise di votare un uomo fuori dal comune e di affidargli il destino dl proprio paese. Lei si è mai chiesto perchè il popolo mi segue? Perchè in fondo siete tutti come me: abbiamo gli stessi valori.”

In fondo, il popolo elegge chi in quel momento è in grado di rappresentarlo, e la Germania occupata nella Ruhr dai franco-belgi, pressata dal debito di guerra da restituire agli inglesi, francesi e americani, in piena crisi economica e con degli annuali tentativi di putsch dal 1919 in poi, aveva trovato in Lui una persona finalmente in grado di contrapporre dei fatti concreti alle promesse dei politicanti socialdemocratici di Weimar. Aveva trovato in Hitler un appiglio, una identificazione.

Lui è tornato è, in ultima istanza, una commedia satirica intelligente che finalmente si concentra anche sulle cause che hanno portato il Fuhrer al vertice della società germanica negli anni Trenta, e che pone anche una profonda riflessione sulla politica e sulla sociologia attuale, capace di concentrarsi solo su grandi partiti, su slogan e su programmi televisivi che incoraggiano all’apatia politica e all’astensionismo. Un film onesto, senza peli sulla lingua e che incoraggia lo spettatore a pensare con la propria testa riguardo ogni tipo di pulsione autoritaria: da quella politica a quella culturale, da quella sociale a quella economica.