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Il pudore dei “diavoli”

di Fiorenza Licitra - 04/05/2016

Il pudore dei “diavoli”

Fonte: L'intellettuale dissidente

Nel Mezzogiorno resistono ancora isole di Strapaese, dove i padri non fanno gli amici e le madri non sono le consulenti amorose della prole. Ciò, però, comporta anche una serie di spiacevoli conseguenze, coperte dal velo pietoso del "pudore"

 

Negli ultimi giorni, Walter Ricciardi, direttore dell’Osservatorio sulla Salute delle Regioni dell’Università Cattolica di Roma, ha divulgato un dato inedito: l’aspettativa di vita degli Italiani è in netto calo. Stando al rapporto, un abitante del sud, rispetto a uno del nord, ha mediamente tre o quattro anni di vita in meno. Per restare nel Mezzogiorno, la situazione peggiora nel caso delle fasce economicamente più deboli e delle donne, tra le quali, si riscontra una forte incidenza dei tumori prevenibili, per evidenti carenze nella fase di prevenzione.

Se è vero com’è vero, che l’Autonomia al sud è un doloroso flagello, che anche il cosiddetto “federalismo sanitario” ha fallito – specie in Sicilia – innanzitutto nelle buone intenzioni (spesso le più criminose), e dovrebbe essere una volta per tutte bandito, è pure vero che, seguendo l’esempio portato da Ricciardi, ancora oggi non può esservi paragone tra una ragazza di Trento e una nata a sud di Roma. Quest’ultima, con buone probabilità, sceglierà di non sottoporsi a una semplice visita ginecologica – necessaria dai 13-14 anni – e non perché sia atterrita all’idea di dover avere a che fare con l’inefficienza, gli scarsi mezzi, i costi e i disgraziatissimi tempi di attesa della sanità pubblica, quanto per un’inespugnabile e spesso atavica ragion d’essere: il pudore.

Un pudore che non proviene affatto dalla costrizione esercitata da un oscuro maschilismo – esiste ancora? – ma proprio da tutte le matriarche dell’esistenza: nonne, madri, zie e persino vicine di casa, le quali, la prima volta che si consegnarono nelle mani di un ginecologo, lo fecero con l’unica motivazione per loro possibile: l’attesa di un figlio. Allora sì, che la sfilza di accertamenti e controlli poteva essere eseguita – ben inteso, facendo comunque un cenno d’intesa al Cielo – fino al termine della gestazione, quando tutte quelle signore lì avrebbero finalmente posto fine a ogni consulto e a ogni propensione a spogliarsi di fronte a un carneade qualsiasi, per quanto medico.

Di questo trascorso, è rimasto un solido retaggio nelle adolescenti di oggi, che vedono ancora di malocchio la figura del ginecologo, specie se uomo, e quindi maschio; memori, dunque, di certe suggestioni matriarcali, si recano dallo specialista quando è strettamente necessario. Poco importa se hanno superato i vent’anni da un pezzo. L’ammonimento di Ricciardi, però, è rivolto anche agli uomini, la maggior parte dei quali, “nel sud del Sud dei Santi”, concepisce l’andrologo alla stessa stregua dello psicologo: una diavoleria in terra. E se nel primo caso l’ammutinamento è dovuto ancora a un’austera ritrosia – sempre affidandosi al Misericordioso – nel secondo, con molte probabilità, questi meridionali hanno ragione a volersi centrare da soli, come uomini compiuti. Una resistenza di tal fatta, che è di tipo culturale e sociale, affonda le sue radici anche in una nobilissima virtù: la scaramanzia. Scaramanzia verso le sciagure, verso gli accidenti e verso quel “male”, cui non si concede mai un nome, quasi che a darglielo lo si facesse poi realmente accadere. E non è poco, tanta magia in piena modernità.

Possono sembrare, queste, le forme più retrive del pudore e forse lo sono davvero, sotto un aspetto prettamente sanitario, ma sono pure il rovescio di una medaglia per cui esistono ancora le benedette distanze tra genitori e figli, tra uomo e donna e tra ciò che si può dire e quello che si deve tacere per meglio custodirlo. Tanto è vero, anzi verissimo, che non è affatto per disaccordo con l’odierna didattica pedagogica – altra diavoleria in terra – che tante famiglie del Mezzogiorno si ostinano a non educare i propri figli alla sessualità, a non interrogarli sull’innamorato di turno o sui primi svezzamenti all’amore; a imporsi, in loro, è quel “così è stato sempre e così sarà ancora”. Prevale, quindi, la ferrea convinzione di non diventare amici e confidenti di una creatura che si è messa al mondo, la quale dovrà imparare da sé turbamenti e perdizioni, limiti e confini di un’intimità che, conquistata a suon di fatica e a volte di solitudine, sarà sigillo di crescita.

Sarò lo stesso pudore, infine, a guidare quei genitori così restii alle confidenze quando, comprendendo al volo l’imberbe dolore di un figlio, gli faranno un’inattesa carezza o lo distrarranno con un aneddoto scanzonato di una loro giovanile spensieratezza, mai abbastanza lontana e mai abbastanza perduta.Non è senz’altro né giusto né ovvio trascurare il proprio benessere fisiologico al punto di non rivolgersi a un medico, tuttavia non è nemmeno corretto pensare di poter scardinare un atteggiamento sbagliato, senza scalfirne l’intrinseco bene che comunque lo ispira. “Il sud del Sud dei diavoli”, un giorno o l’altro, dovrà marciare sulla sua retta via e riconoscere che non sempre un malessere fisico corrisponde a una menomazione della propria virilità (o femminilità). Nel frattempo, tutti questi incalliti diavoli – certamente ignari di tanta battaglia – continueranno a opporre la loro ultima resistenza al disincanto del circostante, attraverso un limite e un confine personale mai convertibile: il proprio pudore.