“Non ci sono innocenti”: il tempo del romanticismo di piombo
di Francesco Boco - 10/05/2016
Fonte: Il Primato Nazionale
Padova come Milano, Bologna, Roma, Torino. Padova con i suoi magnifici scorci storici e i quartieri ancora devastati dai bombardamenti alleati. E pure una città in pieno boom economico, dove il capitalismo industriale inizia a macinare miliardi a spese degli operai e dove le università e i sindacati sono in agitazione, sollecitati dall’esempio vietnamita, guevarista e cinese. La politica intesa nella sua immediata urgenza oppositiva, conflittuale, finisce col provocare tutte le forze ribelli di quegli anni, a destra e a sinistra. Questo è il quadro in cui si muovono i protagonisti del libro Non ci sono innocenti, scritto da Anna K. Valerio e Silvia Valerio e da poco pubblicato per le Edizioni di Ar nella collana Il Cavallo alato.
Nel corso della storia la prosa vivida e agile delle autrici cala il lettore in una serie di situazioni che paiono sempre più corrispondere a un disegno dettato dai capricci della sorte più che dalla sola volontà degli uomini. Come se un guasto al motore dell’auto potesse voler dire un inascoltato “non più oltre”. Ma i congiurati, presi da un crescendo di contatti, progetti editoriali, collaborazioni più o meno serie e manifestazioni si trovano sempre più stretti nelle maglie del destino, che si farà infine pressante e inesorabile. Calarsi nel clima di piombo di fine anni ’60 è ormai esercizio arduo, specie per chi è nato diversi anni dopo. Non solo l’età anagrafica separa da quei frangenti, ma anche il contesto politico e sociale che nel corso del tempo ha visto una crescente impoliticizzazione a tutti i livelli e la vittoria assoluta della finanza sovranazionale su ogni altra autorità. Il lavoro di ricerca e realismo delle autrici è palpabile e dà vita a una città ricostruita con realismo nelle sue piazze, nei quartieri operai e nel tran-tran quotidiano. Il clima è quello dell’Italia democristiana e i colori sono quelli sbiaditi dei primi film a colori, dei poliziotteschi anni ’70, e allora Non ci sono innocenti potrà sembrare al lettore il ricordo anarchico e romantico – cioè rivolto all’origine – di una stagione di ribellione che terminò in una estenuante tregua. Un passato di cui ancora si percepiscono gli strascichi.
Il fatto che il romanzo sia a tutti gli effetti la prima biografia autorizzata di Franco Freda aggiunge alla narrazione un interesse storico di non secondaria importanza. La vicenda culturale delle Edizioni di Ar e del Gruppo originario è raccontata con gusto e l’entusiasmo della milizia culturale risulta spesso palpabile. I curiosi troveranno diversi spunti di interesse e potranno riconoscere in varie occasioni autori più o meno noti della destra radicale italiana ed episodi curiosi, come la conferenza pro-Palestina che si tenne a Padova di fronte a 500 persone. Non ci sono innocenti è un romanzo avventuroso, una storia di brigantaggio post-factum, in cui si alternano ribelli e letterati, comparse e burattini, amici e nemici.