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Né destra né sinistra. Una critica del radicalismo liberale

di Giovanni Sessa - 10/05/2016

Né destra né sinistra. Una critica del radicalismo liberale

Fonte: Centro Studi La Runa

Un libro dai contenuti forti e politicamente scorretti, quello che ci accingiamo a presentare. Si tratta dell’ultimo lavoro del giovane filosofo Paolo Borgognone, L’immagine sinistra della globalizzazione. Critica del radicalismo liberale, da poco nelle librerie per i tipi della Zambon (per ordini: zambon@zambon.net, euro 28,00). L’autore, dopo aver scritto per la stessa casa editrice, un testo significativo dedicato all’analisi dei movimenti politici della Russia post-sovietica, servendosi dei riferimenti culturali maturati nel proprio percorso formativo, in particolare dei contributi dialettico-teoretici desunti dall’opera di Costanzo Preve, presenta una lettura originale delle condizioni esistenziali maturate nella società post-moderna contemporanea e, più in particolare, della “evoluzione” ideologica della sinistra di casa nostra, dal Pci al renzismo. Il volume propone, in oltre mille pagine di stimolante lettura, ricche di dati statistici, di rifermenti giornalistici, di rilevanti considerazioni filosofico-politiche, una ridefinizione della storia italiana ed europea degli ultimi decenni. Inutile precisare che esegesi e conclusioni faranno arricciare (a dir poco!) il naso, alle guardie bianche in servizio permanente effettivo del potere culturale dominante, le quali si adopereranno al fine di terrorizzare lo sprovveduto lettore, in merito al sovranismo populista “rosso-bruno” che il giovane studioso presenta quale alternativa possibile e praticabile al radicalismo liberale contemporaneo. Ci auguriamo, al contrario, che questo libro possa ridestare il gusto del pensare libero in quanti vogliono portarsi oltre lo stato presente delle cose.

La “gabbia di ferro” di weberiana memoria è stata trasformata dal capitalismo cognitivo post-sessantottesco, in una sorta di “muro di gomma” invalicabile per le minoranze oppositive del sistema. Un capitalismo, ricorda Borgognone, non più borghese ma retto dai “funzionari del capitale”. Questi hanno messo in atto una flessibilizzazione della masse, ridotte dalla colonizzazione utilitarista dell’immaginario, a volgari plebi consumiste. Ad esse è stata offerta, su scala globale, la religione del “desiderio”, momento consustanziale della religione dei “diritti dell’uomo”: consumismo sessuale, psicotropo, dei nuovi media, sono risultati momenti essenziali per la riduzione delle coscienze ad un presente desiderante che, per essere legato alla merce, si riproduce necessariamente all’infinito (“rettoricamente”, avrebbe chiosato Michelstaedter!). Il post-moderno “…è dunque la filosofia della “fine della Storia”…abolisce la temporalità in quanto il futuro permane solo nella dimensione dell’aspettativa del profitto” (pp. 40-41). Alla sua origine va posta la definitiva “liberazione” del produrre-consumare dagli ultimi vincoli della coscienza infelice borghese, realizzata dai prodi contestatori del 1968, i quali convinti di “liberarsi” dal capitalismo, al contrario hanno determinato l’inizio della sua fase di massima e devastante espansione. Ci è capitato di definire, in altro scritto, l’uomo dei nostri giorni, prototipo della regressione antropologica indotta dalla modernità: se la fase fordista ha conosciuto il musiliano uomo senza qualità, l’attuale società capitalista cosmopolita e “gaia”, è abitata dall’uomo senza Tradizione. Il consumo fine a se stesso, eterodiretto dai mezzi di comunicazione mercuriale, ha abbattuto ogni vincolo comunitario: familiare, nazionale, financo partitico. Siamo al regno dell’atomizzazione compiuta.

Sotto il profilo politico ciò ha indotto l’irreversibile crisi delle liberal-democrazie che si sono trasformate nel Nuovo Regime della governance  finanziaria e trans-nazionale, alla cui testa si sono poste, con sempre maggiore evidenza, le oligarchie plutocratiche statunitensi. I popoli sono stati espropriati progressivamente della sovranità politica, mentre i governi nazionali, quasi mai eletti secondo le ordinarie procedure, ma “suggeriti” ed imposti dai potentati internazionali, svolgono localmente la funzione di vassalli e di esecutori degli ordini di questi ultimi. In ogni caso, la distrazione delle masse, deprivate di ogni tutela sociale, economicamente proletarizzate, è garantita dalle interminabili discussioni parlamentari e dei “salotti”dell’informazione corretta, in merito ai diritti dei gay. In tutto questo la sinistra che ruolo ha avuto e che funzione svolge oggi? A tale domanda risponde compiutamente Borgognone.

In merito al ruolo della sinistra istituzionale, è assi significativa un’affermazione di Sergio Marchionne, amministratore delegato FIAT, relativa a Renzi, riportata dall’autore “Per me la cosa importante è andare in una certa direzione, andare avanti. Diamogli spazio, l’abbiamo messo là per quella ragione lì” (p.34). Il compito che uno dei numi tutelari del capitalismo italiano affida a Renzi è quello di portare a termine lo smantellamento di tutto ciò che ostacolerebbe il pieno sviluppo del libero mercato: compito inizialmente affidato a Berlusconi, poi destituito da un colpo di Stato internazionale. Ma, e qui sta l’originalità della lettura di Borgognone, Renzi con le sue politiche non contraddirebbe la storia della sinistra italiana (PCI-PDS-DS-PD), ma la porterebbe a coerente conclusione. Come aveva ben colto Costanzo Preve “…il PCI è stato il principale vettore  politico della progressiva integrazione di grandi masse di origine artigiana, contadina ed operaia nella società capitalista” (p. 30). Insomma, il Pci covava in sé il germe dissolutivo dell’ “azionismo”, del liberalismo di sinistra. La costante della sua storia va colta nel tentativo di dar vita ad un “partito liberale di sinistra” abbracciando la tradizione radicale, atlantista, con una componente cattolico-progressista al seguito e con un apparato non alieno a concessioni   clientelari. Il progetto ha trovato in Renzi l’uomo della Provvidenza, investito di tale ruolo salvifico dai grandi organi di informazione di massa. Le sue politiche testimoniano la quint’essenza della post-modernità: “Il mondo non può essere cambiato, ma va sopportato” (p. 42). Del resto, anche la sinistra “antagonista” condivide le medesime logiche: esemplare la posizione di Toni Negri, che fa del capitalismo speculativo “il migliore dei mondi possibili”.

Una sola è la possibile difesa dalla realtà imposta dal radicalismo liberale e dalla “sinistra globalizzazione”: la politica euroasiatista di Putin che, attualmente, in termini geopolitici e strategici rappresenta l’unica alternativa al Regno universale della merce. Alla Terza Roma guardano con interesse tutti coloro che in Europa vengono liquidati come “populisti”: il Front National in Francia, la Lega in Italia e movimenti consimili. Il potere mondialista, al fine di  tutelarsi, continua ad evocare contro di loro, come ricorda Cesare Allara in prefazione, il pericolo del “fascismo eterno”. Fortunatamente Borgognone mostra trattarsi di un espediente difensivo di cartapesta, esito delle falsa dicotomia politica di destra e sinistra. Il suo libro ci auguriamo sia tappa d’esordio di una sintesi ideale “altra”, capace di coniugare il pensiero critico dialettico con quello di Tradizione. Una via sulla quale continuare a spendersi per individuare l’uscita di sicurezza dallo stato presente delle cose.