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Tutti i brogli austriaci, dalle schede viaggianti alle “diocesi speciali”. Ma la stampa italiana è muta

di Mauro Bottarelli

Tutti i brogli austriaci, dalle schede viaggianti alle “diocesi speciali”. Ma la stampa italiana è muta

Fonte: rischiocalcolato


Non so se ci avete fatto caso ma dopo alcuni giorni di campagna terroristica degna di miglior causa, durante la quale veniva quasi prospettato il ritorno delle SS, l’Austria è sparita dai radar dell’informazione. L’ultimo giorno in cui si è trattato il tema è stato martedì 24 maggio per rendere conto dell’elezione de Alexander van der Bellen a presidente della Repubblica, poi l’oblio totale. Ma come, si è evitato il ritorno del nazismo per uno 0,3% e si sceglie il silenziatore? Forse sì, perché conviene. Perché è meglio che non si sappia cosa sta accadendo da una settimana in Austria, con media e social network completamente in fibrillazione per lo scandalo dei brogli elettorali. Il quale, con il passare del tempo, più che sgonfiarsi sta diventando un enorme, imbarazzante caso di Stato.
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Questa foto,
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ad esempio, ci mostra quanto rinvenuto in un seggio di Mühlsack in Tirolo: schede barrate con il nome di Norbert Hofer gettate in un sacchetto. Ma non basta, perché con il passare dei giorni i particolari sono cominciati ad emergere. Primo, Van der Bellen ha preso il 62% dei consensi nel voto postale contro il 48% in quello ai seggi, una discrepanza poco spiegabile partendo dal presupposto che chi ha votato per posta pesava per il 17% dell’elettorato. Peccato che in quattro distretti della Carinzia e in uno della Stiria – Villach City, Villach-Land, Wolfsberg, Hermagor e Südoststeiermark – il conteggio del voto postale sia cominciato in anticipo e senza la presenza dei rappresentanti di lista dell’FPO. E la cosa non è di poco conto, perché in questa fase iniziale del voto postale si aprono le buste in cui sono contenute le schede e si controllano tutti i criteri formali della loro validità, dalla firma al fatto che il plico sia arrivato a destinazione intatto ma soprattutto che, in caso di ballottaggio, la busta non sia stata inviata troppo in anticipo rispetto alla data prefissata, in questo caso il 3 maggio.
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Capite da soli che aprire le buste senza qualcuno che controlli da parte dell’FPO ha aperto la possibilità a magheggi di ogni genere, tanto che la magistratura sta indagando sui cinque casi sopra menzionati. Lunedì 23 in quelle cinque circoscrizioni lo spoglio del voto postale avrebbe dovuto iniziare alle 9, invece le operazioni hanno avuto luogo tra le 6 e le 7 di mattina: per l’ora designata, tutti i voti ritenuti non validi erano già stati annullati e quelli validi messi nel conteggio. Senza alcun controllo da parte del delegato dell’FPO. In quelle cinque aree si sono conteggiati circa 20mila voti postali, oltre la metà dei quali finiti a Van der Bellen: avendo vinto per 31.026 voti, capite da soli che la cosa conta. E che dire delle cosiddette “diocesi speciali”, una delle quali a Linz, dove a fronte di 3518 aventi diritti al voto si sono registrati 21.060 voti, 14.533 dei quali per Van der Bellen? E che dire del 146,9% di affluenza registrata a Waidhofen, definito del ministero dell’Interno un “errore di imput”? E i voti annullati? Aumentati del 78% tra il primo turno delle presidenziali, quando furono 92.655 e il ballottaggio, il quale ha registrato un bel 165.212: 72.557 voti annullati in più, una cifra la cui metà è stata sufficiente a far vincere Van der Bellen. Che dire poi del caso di Miesenbach nella Bassa Austria, dove hanno votato 6 ragazzi di età compresa tra i 14 e i 15 anni, quando l’età legale per votare è di 16 anni?
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C’è poi il giallo delle schede postali rimaste misteriosamente bloccate a causa di un disguido delle Poste austriache, visto che i voti per Van der Bellen sono stati consegnati immediatamente dopo il controllo, mentre quelli per Hofer – si parla di 130mila – sono arrivati solo il 26 maggio, consegnati insieme al nuovo prospetto della catena di supermarket Hofer, omonima del candidato FPO! Il portavoce delle Poste ha chiesto scusa per l’accaduto, ricordando però “che la legge sulle telecomunicazioni ci consente di operare in questo modo, ovvero di aprire le buste prima della consegna per controllare che siano debitamente indirizzate”. Solo quelle di Hofer, però.

E i numeri sono davvero folli, perché se le 130mila schede bloccate alla Posta sono ancora da confermare nella loro entità numerica reale, qualcosa comunque balla: venerdì scorso, sul suo profilo Facebook, il leader dell’FPO, Heinz-Christian Strache, si congratulava infatti per “la miracolosa moltiplicazione di 28mila schede elettorali per posta” avvenuto durante la notte tra domenica 22 e lunedì 23, ovvero prima del conteggio del voto per posta. Già, perché quella stessa sera il capo della Commissione elettorale del ministero dell’Interno, Robert Stein, prevedeva circa 740mila schede postali, un dato che veniva confermato dal professore di statistica, Eric Neuwirth, il quale da suoi calcoli parlava di 738.055. Miracolo, lunedì le schede postali erano 766.076.
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Come mai? La risposta è attesa per oggi, visto che si riunisce la Commissione elettorale federale chiamata a dare conto di questa messe di stranezze, in primis il numero di voti nulli. I quali, relativamente al voto postale, dovrebbero essere circa un 5%, stando a informazioni ottenute dai media attraverso le autorità elettorali dei vari distretti: il che porterebbe il numero totale di schede postali a 800mila circa, ovvero 60mila in più di quanto pronosticato in tv la sera di domenica dal buon Robert Stein! Il quale ha tentato un goffo salvataggio in corner appellandosi a un emendamento alla Legge elettorale del 2015 che permette alle schede di essere depositate presso i seggi quando non arrivano dalla stessa circoscrizione, quindi ci sarebbe stato un errore di calcolo che avrebbe portato a una sottostima di qualche migliaia.
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Insomma, ci sarebbero state schede depositate dove non potevano essere scrutinate che hanno viaggiato la notte tra domenica 22 e lunedì 23 e che hanno portato come risultato questa strana discrepanza. Balle, ovviamente, perché vengono comunque conteggiate dove arrivano e quindi a livello centrale, se si opera con le autorità locali, si sa il numero esatto, anche prima del “viaggio” verso la destinazione, visto che per le presidenziali c’è un voto unico per tutto il Paese. La scheda, che sia arrivata a Vienna-Donaustadt o Vienna-Hernals o Murau o Mattersburg, è quella. Non si moltiplica durante il trasporto.

A me è sembrata una storia interessante da raccontare, chissà come mai nessun quotidiano italiano ha investito due giorni di lavoro di un proprio inviato a Vienna per fare lo stesso? Forse perché domenica si vota anche qui ed è meglio non instillare dubbi nella gente? O forse perché l’importante, quando si parla di Austria, è criminalizzare l’FPO e la decisione del governo di andare avanti con la costruzione della struttura di controllo al Brennero? Forse questi sono gli ordini del vero direttore della grande stampa italiana, ovvero Matteo Renzi? Può essere, perché i giornali austriaci dicono altro. Ad esempio che dall’inizio dell’anno in Austria si sono registrate quasi 20mila richieste di asilo, il 30% in più rispetto allo stesso periodo del 2015. E da dove arrivano? Tutti dal Brennero.
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Stando a dati del ministero dell’Interno, si parla di 800-900 richieste di asilo alla settimana, un dato che se proseguirà con questo ritmo manderà presto in soffitta le attese 37.500 domande all’anno preventivate dal governo di coalizione tra popolari e socialdemocratici. E siccome circola voce che l’Europa intenderebbe bypassare il problema dei mancati ricollocamenti obbligando gli Stati a garantire la possibilità di asilo a chi ha un proprio parente che già vive nel Paese che si intende raggiungere, a Vienna mettono le mani avanti. E i poliziotti al confine. Tanto più che una volta entrati, i clandestini – perché tali sono – in Austria ci restano.
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A piede libero o in galera, visto che l’ultimo rapporto parlamentare sulla popolazione carceraria curato da Christoph Hagen ci dice che il 54% dei detenuti nelle carceri austriache sono stranieri, in aumento dal 50,8 del 2014 e un numero molto più alto della media Ue che è attorno al 27%. E stiamo parlando solo di persone senza la cittadinanza austriaca, non di stranieri di prima o seconda generazione: e ora, con il giro di vite deciso mercoledì scorso alla legge per il contrasto delle stupefacenti, quel numero è atteso in ulteriore aumento, visto che anche il piccolo spaccio prevede la detenzione. Ma si sa, gli austriaci sono dei nazisti. O, stando al criterio valutativo del Tg3, almeno la metà di loro.