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Così comincia il Ramadan: il perdono è un boccone di carne

di Pietrangelo Buttafuoco - 06/06/2016

Così comincia il Ramadan: il perdono è un boccone di carne

Fonte: Il Fatto quotidiano

Da oggi inizia il digiuno dei fedeli islamici: non è solo dieta e disciplina ma un percorso di elevazione spirituale
  

Cos’è il perdono? E’ quella fragranza che si sprigiona dai fiori dopo essere stati calpestati. Così si risponde al modo dei sufi. Questa notte c’è stato l’avvistamento della luna. A partire dal primo baluginio inizia il banchetto lungo un mese di Ramadan e la prima cosa da fare – col digiuno e con l’astinenza dall’ira, dalla maldicenza e dalla menzogna – è scacciare i pensieri fuggevoli e lasciare irradiare nell’intimo la Luce della benedizione. Non è una dieta, è disciplina. Non è penitenza, Ramadan. E’, al contrario, l’affinamento del respiro il cui mantice, il petto, accoglie la presenza illuminante.
Il cuore di ognuno è fra due dita dell’Onnipotente, ed è – come spiega Alberto Ventura in Sapienza sufi, Edizioni Mediterranee – “la rappresentazione sensibile di un principio di ordine trascendente, una vera e propria dimora della divinità nel centro dell’essere umano”. E’ “un boccone di carne”, il cuore. Ha forma di pigna, è nascosto all’esterno ed è racchiuso – in una cavità – in un miscuglio di sangue e viscera da cui emana lo spirito della vita. Lampada è il cuore. Un’esatta corrispondenza – annota Ventura, con Dante Alighieri – col linguaggio del nostro Medioevo: “Spirito della vita, lo quale dimora nella secretissima camera de lo cuore”.
Non è una ricognizione calcolante delle cose, la conoscenza. Né un rappresentare le stesse. In una mattina di ordinario disbrigo aeroportuale dello scalo di Palermo, in attesa di partire, c’è un povero padre con un figlio di quarant’anni, e forse più, seduto su una sedia a rotelle. Il figlio ha spasmi continui, le contrazioni non gli consentono il controllo della salivazione e quel padre troppo anziano per una pena così forte, al suo bimbo con la barba lunga di tre giorni non fa che asciugare di continuo il mento, e poi anche la camicia, e i pantaloni, nel frattempo che i singulti ne straziano l’espressione come a reclamare un boccone di vita, o una seconda nascita, o il minore massimo di un solo istante: col volto asciutto. E col papà – il cui bagaglio a mano è tutto di cenci, spugne e strofinacci – finalmente fermo.
La vera conoscenza è identificazione tra chi conosce e ciò cui si va incontro, questo si legge nel libro di Ventura mentre l’imbarco procede. Gli addetti incaricati di accompagnare i passeggeri bisognosi d’assistenza prendono in consegna quel figlio e quel padre, giusto il tempo di radunare documenti, se lo vede portare via per neppure un paio di metri ed è come se la secretissima camera de lo cuore dell’uno e dell’altro – del figlio e del padre, ma di tutti poi, anche dell’hostess al gate – diventasse conchiglia per contenere, simile a perla, il pianto diverso per l’uno e per l’altro. E per tutti, infine. L’uno per fare posto al cuore tutto intero. Quello del padre. L’altro per dare spazio a ogni cosa creata. Per il figlio. E tutti, poi – in quella mattina all’aeroporto di Palermo – per spogliare il proprio cuore di colpa, ingiustizia, odio e invidia. Solamente incontrando, tutti, un padre e un figlio.
Che cos’è la Misericordia? E quella fragranza che si sprigiona dalle pezze usate dal padre dopo essere state intrise di figlio. Così comincia il Ramadan in cui il boccone di carne – il cuore – è perdono.Cos’è il perdono? E’ quella fragranza che si sprigiona dai fiori dopo essere stati calpestati. Così si risponde al modo dei sufi. Questa notte c’è stato l’avvistamento della luna. A partire dal primo baluginio inizia il banchetto lungo un mese di Ramadan e la prima cosa da fare – col digiuno e con l’astinenza dall’ira, dalla maldicenza e dalla menzogna – è scacciare i pensieri fuggevoli e lasciare irradiare nell’intimo la Luce della benedizione. Non è una dieta, è disciplina. Non è penitenza, Ramadan. E’, al contrario, l’affinamento del respiro il cui mantice, il petto, accoglie la presenza illuminante. Il cuore di ognuno è fra due dita dell’Onnipotente, ed è – come spiega Alberto Ventura in Sapienza sufi, Edizioni Mediterranee – “la rappresentazione sensibile di un principio di ordine trascendente, una vera e propria dimora della divinità nel centro dell’essere umano”.
E’ “un boccone di carne”, il cuore. Ha forma di pigna, è nascosto all’esterno ed è racchiuso – in una cavità – in un miscuglio di sangue e viscera da cui emana lo spirito della vita. Lampada è il cuore. Un’esatta corrispondenza – annota Ventura, con Dante Alighieri – col linguaggio del nostro Medioevo: “Spirito della vita, lo quale dimora nella secretissima camera de lo cuore”. Non è una ricognizione calcolante delle cose, la conoscenza. Né un rappresentare le stesse. In una mattina di ordinario disbrigo aeroportuale dello scalo di Palermo, in attesa di partire, c’è un povero padre con un figlio di quarant’anni, e forse più, seduto su una sedia a rotelle.
Il figlio ha spasmi continui, le contrazioni non gli consentono il controllo della salivazione e quel padre troppo anziano per una pena così forte, al suo bimbo con la barba lunga di tre giorni non fa che asciugare di continuo il mento, e poi anche la camicia, e i pantaloni, nel frattempo che i singulti ne straziano l’espressione come a reclamare un boccone di vita, o una seconda nascita, o il minore massimo di un solo istante: col volto asciutto. E col papà – il cui bagaglio a mano è tutto di cenci, spugne e strofinacci – finalmente fermo.
La vera conoscenza è identificazione tra chi conosce e ciò cui si va incontro, questo si legge nel libro di Ventura mentre l’imbarco procede. Gli addetti incaricati di accompagnare i passeggeri bisognosi d’assistenza prendono in consegna quel figlio e quel padre, giusto il tempo di radunare documenti, se lo vede portare via per neppure un paio di metri ed è come se la secretissima camera de lo cuore dell’uno e dell’altro – del figlio e del padre, ma di tutti poi, anche dell’hostess al gate – diventasse conchiglia per contenere, simile a perla, il pianto diverso per l’uno e per l’altro. E per tutti, infine. L’uno per fare posto al cuore tutto intero. Quello del padre. L’altro per dare spazio a ogni cosa creata. Per il figlio. E tutti, poi – in quella mattina all’aeroporto di Palermo – per spogliare il proprio cuore di colpa, ingiustizia, odio e invidia. Solamente incontrando, tutti, un padre e un figlio. Che cos’è la Misericordia? E quella fragranza che si sprigiona dalle pezze usate dal padre dopo essere state intrise di figlio. Così comincia il Ramadan in cui il boccone di carne – il cuore – è perdono.