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Contro l’individualismo

di Giuseppe Piconese - 08/06/2016

Contro l’individualismo

Fonte: L'intellettuale dissidente

Prevalicando e annientando quelli che potevano essere gli interessi comuni di un popolo o di una collettività l’individualismo si ritrova ad essere il principale ariete ideologico del liberalismo, con la conseguente introduzione all’interno della società della competitività tra esseri umani, artatamente immersi in un mercato fittizio e surreale

In un curioso ritorno storico, l’era presente s’accomuna all’Ottocento utilitarista e liberale per il diffondersi oltremisura di un preponderante individualismo. La convinzione che l’uomo nasca col solo fine di raggiungere la felicità e, di conseguenza l’appagamento dei suoi desideri qualsiasi essi siano e qualsiasi prezzo essi richiedano, non poteva che far sprofondare la collettività nel più abietto e violento materialismo. Anche la stessa parola “collettività” ormai non può più indicare un’insieme di persone che agiscono e indirizzano le proprie energie verso un fine comune sacrificando anche parte degli interessi individuali in nome di quelli comuni; rimane ora solo una convenzione lessicale per indicare atomi umani presi solo momentaneamente insieme.

Le teorie scientifiche di Darwin nel diciottesimo secolo ebbero una vastissima eco, influenzando potentemente la società e il pensiero del tempo: così la teoria della selezione naturale tramite il mezzo della competizione tra animali, dove solo il più forte in natura sarebbe sopravvissuto, funse egregiamente da appoggio ideologico all’individualismo. Del tutto immerso in quest’ottica, l’uomo occidentale contemporaneo risulta inevitabilmente e in maniera sempre più intensa svincolato da quelli che erano gli antichi legami sociali che ne avevano influenzato le azioni e i pensieri per secoli, se non millenni: la Famiglia, la Patria, la Religione. Ora, non sentendosi più in dovere verso nessuna di queste tre istituzioni, l’individuo-atomo del ventunesimo secolo vede davanti a sé il solo fine di soddisfare i suoi bisogni: non importa se questi dovessero cozzare con quelli di un altro individuo-unico, o se l’appagamento di questi ultimi dovesse richiedere la letterale prevaricazione e soppressione della dignità altrui. Inutile affermare che in una società dove ognuno può individuare da sé quale sia il proprio traguardo ritorna, prima o poi,l’atavica presunzione del più forte: in una società individualistica, dunque, chiunque detenga mezzi sufficienti può affermare i propri interessi a totale discapito di chi non dispone di mezzi economici, sociali o culturali parimenti efficaci. Segue da sé anche l’ovvia funzionalità dell’individualismo e del materialismo che da esso scaturisce al sistema politico-economico oggi principalmente diffuso nell’occidente: il liberalismo liberista.

Prevalicando e annientando quelli che potevano essere gli interessi comuni di un popolo o di una collettività –interessi focalizzati da questa comunità in funzione dei loro legami per via di sangue, di patria o di religione- l’individualismo si ritrova ad essere il principale ariete ideologico del liberalismo, con la conseguente introduzione all’interno della società della competitività tra esseri umani, artatamente immersi in un mercato fittizio e surreale. Solo la competizione tra persone può dare, in questo scenario, le sostanze necessarie al soddisfacimento degli istinti e dei bisogni individuali: cancellata ogni forma di solidarietà, eliminata ogni onesta volontà di collaborazione tra le classi, impera la mercificazione e la calcolabilità dell’esistente. Il risultato, amaro e anti-umano, determina una massa amorfa di esseri-schiavi, sottoposti alla volontà del Capitale e delle élite: è il mercato globale, bellezza!