Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La guerra del Libano prepara quella dell’Iran?

La guerra del Libano prepara quella dell’Iran?

di James Petras* - 19/09/2006




Il professor James Petras analizza la guerra del Libano come un « conflitto duale », avente cioè sia l’obiettivo di distruggere la resistenza libanese che di preparare nuove guerre, contro la Siria e l’Iran. In questa prospettiva, il Consiglio di sicurezza dell’ONU è stato strumentalizzato dagli Stati Uniti e dalla lobby filo-israeliana. Le risoluzioni adottate sono altrettanti mezzi per unire una coercizione internazionale agli sforzi di Tsahal in vista del rimodello del Grande Medio Oriente voluto da Washington.

--------------------------------------------------------------------------------

12 settembre 2006

Una recensione delle dichiarazioni dello Stato israeliano, dei documenti e comunicati di stampa ripresi dai suoi rappresentanti locali nelle persone dei presidenti delle principali organizzazioni ebraiche degli Stati Uniti e dei loro sostenitori che si esprimono sui principali media sia scritti che audiovisivi, rivela uno sforzo concertato che mira a convincere gli Stati Uniti ad attaccare militarmente l’Iran. Dalla metà degli anni 1990, i principali ideologi israeliani negli Stati Uniti hanno promulgato documenti e manifesti di propaganda che pretendevano essere degli itinerari strategici destinati ad indicare un’aggressione congiunta statunitense-israeliana contro l’Iraq, la Siria e, in particolare, l’Iran [1].

Mentre le macerie dell’11 settembre erano ancora fumanti, gli ideologi israeliani in questione, il senatore Lieberman e il sottosegretario alla Difesa Wolfowitz esortavano Washington ad attaccare l’Iran o a lanciando guerre successive oppure simultanee. Lavorando alle priorità regionali di Israele, i suoi rappresentanti in seno al governo statunitense, al Pentagono (Wolfowitz, Feith & Shulsky), al Consiglio di Sicurezza nazionale (Abrams), al gabinetto nel vicepresidente (« Scooter » Libby) e al gabinetto del presidente (Frum, lo scribacchino di Bush) hanno falsificato informazioni, fornito le grandi linee della propaganda (Guerra contro il Terrore, Asse del Male) e pianificato la guerra contro l’Iraq, con l’assenso quasi unanime del Congresso, ottenuto e blindato dalla loro lobby. Hanno ottenuto poi un boicottaggio della Siria da parte degli Stati Uniti e un sostegno all’espropriazione e colonizzazione, da parte di Israele, dei territori palestinesi in Cisgiordania, come la distruzione della striscia di Gaza. Anche se l’invasione statunitense era stata incapace di assicurarsi il controllo dell’Iraq, i rappresentanti di Israele in seno al governo statunitense sono riusciti in pieno a distruggere la società irachena e la sua capacità di sostenere la resistenza palestinese, aumentando ulteriormente la potenza regionale di Israele (con un costo enorme per gli Stati Uniti).

Sebbene gli Stati Uniti fossero in guerra con l’Iraq, benché avessero subito oltre 20 000 perdite tra morti e feriti, sebbene la loro guerra avesse innescato spese che superano i 430 miliardi di dollari, anche se l’essenziale delle loro truppe è stato pericolosamente disperso, i rappresentanti di Israele in seno all’esecutivo e al Congresso, attraverso la loro lobby, spingono gli Stati Uiti a procedere ad un attacco preventivo contro l’Iran.

i rappresentanti di Israele all’interno del governo statunitense si trovano a confronto con numerosi tipi di obiezioni contro un attacco militare preventivo contro l’Iran, che provengono dal Dipartimento di Stato e da ufficiali in servizio attivo :

1. Un attacco contro l’Iran rischierebbe di dare il via ad un’invasione (iraniana) di grande portata in Iraq, attraverso la frontiera, mettendo in pericolo la già precaria posizione delle truppe statunitensi ;
2. Hezbollah, la Siria e altri alleati dell’Iran darebbero senza dubbio prova di solidarietà con quest’ultimo e lancerebbero rapidamente rappresaglie contro dei clientes degli Stati Uniti nel Libano, nei paesi del Golfo ed altrove in Medio Oriente ;
3. Un tale attacco isolerebbe totalmente gli Stati Uniti dai loro alleati europei, arabi ed asiatici, costringendoli ad assumersi da soli la totalità dei costi umani e materiali della guerra ;
4. L’Iran potrebbe bloccare lo stretto di Hormuz, arrestando i flussi di petrolio destinati all’Europa e all’Asia.

Preparativi di guerra

In risposta a queste obiezioni, i responsabili di Israele negli Stati Uniti hanno formulato una serie di politiche che permettano di aggirarle.

Innanzi tutto questi rappresentanti, di concerto con la polizia segreta israeliana ed i suoi collaboratori libanesi, e con l’approvazione di un consiglio di sicurezza dell’ONU totalmente dominato dagli Stati Uniti, sono riusciti a coinvolgere la Siria accollandole l’organizzazione dell’assassinio, il 14 febbraio 2005, dell’ex Primo ministro Rafic Baha’eddin Al-Hariri, sulla base di testimonianze-bidone ottenute da un unico «testimone» spergiuro. Partendo da questo, le « Nazioni-Stati Uniti » hanno costretto la Siria a ritirare le sue forze dal Libano , sperando così di isolare Hezbollah come altri movimenti anti-coloniali e anti-imperialisti. Una volta uscita la Siria dal Libano, gli Stati Uniti, con il via libera israeliano, si sono assicurati a Beyruth un regime ligio, un regime in ogni caso con poca influenza nel centro-nord del paese. Hezbollah rimaneva la forza più importante nel Libano meridionale e nella maggioranza della parte sud di Beyruth ed era del tutto immune da ogni macchinazione militare ideata dal governo di Beyruth.

Nel 2004, gli Stati Uniti e la Francia co-sponsorizzavano la risoluzione 1559 dell’ONU che faceva appello allo « smantellamento e al disarmo di tutte le milizie tanto libanesi che non libanesi ». Questa straordinaria interferenza nelle questioni interne del Libano da parte del consiglio di sicurezza era manifestamente una preparazione di condizioni favorevoli per l’invasione israeliana del 2006.

Washington, in coordinamento con Israele, proseguiva la sua « tattica del salame », attaccando una alla volta tutte le opposizioni reali o presunte al totale controllo statunitense-israeliano della regione. Isolando la Siria, distruggendo Gaza e «accerchiando» Hezbollah (quanto meno ritenevano di averlo fatto), essi pensavano di approssimarsi ad una messa in quarantena dell’Iran. Nel giugno 2006, Israele inizia ad invadere e distruggere Gaza, ad arrestare i dirigenti politici di Hamas al fine di installare un nuovo regime vassallo. Lo stesso mese, il consigliere presidenziale sulle questioni medio-orientali, Elliot Abrams, in stretto contatto con il comando militare israeliano, dà il via libera all’invasione del Libano, al fine di distruggere Hezbollah, in vista della realizzazione dell’obiettivo strategico di isolare l’Iran e di mettere da parte i timori dei militari statunitensi circa le prevedibili rappresaglie in risposta ad un bombardamento preventivo dell’Iran.

Parallelamente all’invasione israelo-statunitense del Libano e di Gaza, Washington e la lobby filo-israeliana lavorano sul sentiero della diplomazia. Essi vogliono assicurarsi l’approvazione dell’ONU ad un boicottaggio multilaterale, con l’obiettivo di bloccare il programma iraniano – perfettamente lecito – di arricchimento dell’uranio. Nel caso di Gaza, la lobby ha ottenuto l’unanime approvazione, attraverso la Casa Bianca, il Congresso e i mass media, della definizione di « organizzazione terrorista » di Hamas, un’organizzazione legalmente eletta. Paradossalmente, il presidente Bush aveva sostenuto delle « libere elezioni » nei territori palestinesi e pure la decisione presa da Hamas di partecipare a quelle elezioni. La lobby che aveva allora seguito le orme di Bush nel riconoscere la natura « libera e democratica » del processo elettorale palestinese,, fa pressione (con successo) sul Congresso e sulla Casa Bianca al fine di eliminare ogni aiuto ed ogni contatto con il governo Hamas democraticamente eletto ! La Casa Bianca fa, a sua volta, pressione sull’Unione Europea perché anch’essa si adegui. Israele taglia tutte le vie commerciali e di rifornimento vitali e rifiuta, illegalmente, di riversare le tasse dovute al governo di nuova elezione. Israele si dispone poi a soffocare totalmente l’economia palestinese (la lobby si assicura, come sempre, l’avallo degli Stati Uniti alla politica israeliana).

Dopo sei mesi di campagna omicida, Israele intensifica le sue incursioni armate nella striscia di Gaza e in Cisgiordania, uccidendo deliberatamente dei civili, intere famiglie e bambini, occupati nelle più innocenti attività, come una gita familiare in spiaggia. Queste grottesche provocazioni israeliane hanno lo scopo di spingere Hamas, democraticamente eletto, a interrompere il suo cessate il fuoco unilaterale, che rispettava da diciassette mesi. Un attacco palestinese, la cui funzione è di neutralizzare un mezzo blindato israeliano che dalla prossimità della frontiera bombarda Gaza, e la cattura di un soldato israeliano servono da pretesto per un’invasione di Gaza in grande stile. Il governo israeliano distrugge sistematicamente la maggior parte delle infrastrutture vitali (depuratori delle acque, centrali elettriche, reti fognarie, ponti, strade, ospedali e scuole) e arresta gli alti dirigenti sia dell’esecutivo che del potere legislativo dell’Autorità palestinese democraticamente eletta. Israele, nel corso dei primi due mesi della sua campagna « Pioggia d’estate » contro Gaza, uccide oltre 251 Palestinesi ferendo oltre 5 000 persone – in grandissima maggioranza civili) [2]. A causa della batosta subita in Libano, Israele scatena una massiccia campagna stile «uccidi e distruggi».

Le lobby filo-israeliana fa tacere ogni dissenso e assicura un avallo quasi unanime, del Congresso e un avallo automatico in seno all’esecutivo statunitense, alla politica di Israele verso Gaza. Lo strangolamento di Gaza da parte di Israele indebolisce ogni opposizione organizzata palestinese ad un attacco preventivo contro l’ Iran.

Là dove l’invasione militare del Libano fallisce ( distruzione di Hezbollah), la lobby ha successo e riesce a spingere gli Stati Uniti ad assicurare una grande vittoria diplomatica, con l’adozione della risoluzione 1701 del consiglio di sicurezza dell’ONU che precisa le condizioni di quella che si è convenuto di chiamare una « cessazione delle ostilità ». Questa risoluzione è, dalla A alla Z, una replica parola per parola degli obiettivi strategici israeliani : distruzione di Hezbollah, divisione del Libano, garanzia del primato militare israeliano in Libano e isolamento dell’Iran. L’approvazione di questa risoluzione è il risultato di un processo che ha seguito diverse tappe : Israele ne ha fissato i termini e la sua lobby ha messo il suo apparato in ordine di battaglia, al fine di premere sul Congresso e sulla Casa Bianca. Washington ha presentato la risoluzione al Consiglio di sicurezza e ha messo pressione sui paesi che ne sono membri perché l’approvassero. La risoluzione è stata approvata e sono stati messi in moto i processi militare, economico e diplomatico con Kofi Annan a fungere da piccolo telegrafista per la strategia israelo-statunitense.

Dire che la risoluzione di cessazione delle ostilità è « unilaterale » e sbilanciata in favore di Israele è un eufemismo. Il problema sta nei termini stessi e nelle aspettative della risoluzione. Israele ha invaso il Libano. Uno Stato che ne invade un altro, distrugge tutta un’infrastruttura civile, 15 000 abitazioni e uccide oltre 1 100 cittadini di quell’altro paese, è normalmente considerato dal diritto internazionale uno « Stato aggressore ». Una zona tampone, o una zona smilitarizzata, dovrebbe essere situata all’interno delle frontiere del paese aggressore – ossia venti chilometri all’interno della frontiera israeliana. Questo dovrebbe tanto più essere il caso, in quanto è stato Israele a bombardare il Libano per primo e ad invadere quel paese e non il contrario. Ma, invece, la risoluzione prevede che le forze dell’ONU occupino il territorio libanese e ne elimino le sue resistenze nazionali di prima linea – vale sa dire il complesso di bunker e di tunnel sotterranei che Hezbollah e la resistenza libanese avevano organizzato, in forma di difesa civile contro le aggressioni dei missili, delle bombe, dell’artiglieria d’invasione.

Poi, la risoluzione dell’ONU chiede l’allontanamento, lo scioglimento e il disarmo dei difensori del paese invaso ( Hezbollah) invece del disarmo degli invasori (le Forze israeliane di difesa (sic) - Tsahal). In linea con la strategia israeliana, questo proposito mira a compiere militarmente, per mezzo dell’ONU, quello che Israele era stato incapace di realizzare.

Tertio, mentre la risoluzione dispone che Hezbollah sia costretto a restituire le sue armi, o quanto meno a « nasconderle », le armi israeliane, come i suoi soldati di occupazione e le sue violazioni aeree rimarranno intatti all’interno del Libano, pronti ed impazienti di bombardare ed attaccare la resistenza libanese, come a più riprese pubblicamente dichiarato dal Primo ministro e dal ministro della Difesa israeliani (e come, a più riprese, messo in pratica).

Quarto, Hezbollah ha approvato la cessazione delle ostilità, cosa che Israele non ha fatto. Israele mantiene i suoi blocchi marittimo ed aereo, che secondo il diritto internazionale sono « atti di guerra » e si riserva il « diritto » di inviare senza ostacoli i suoi commando e i suoi squadroni delle morte all’interno del territorio libanese. Né le Nazioni Unite, né Kofi Annan hanno denunciato le violazioni della cessazione delle ostilità perpetrate da Israele. Gli Stati Uniti le hanno del resto interinate.

Quinto, Israele ha insistito e la risoluzione dell’ONU ha disposto che truppe libanese pattuglino la frontiera, cerchino e distruggano le armi e i militanti di Hezbollah, nella speranza di promuovere così una guerra civile tra confessioni e di dividere il Libano in uno Stato frammentato e incapace di funzionare in sostituzione del governo di coalizione (includente Hezbollah) esistente prima e durante l’invasione israeliana. Hezbollah non si è opposto allo spiegamento di soldati libanesi sulle frontiere libanesi ; ha piuttosto fraternizzato con loro.

In questa risoluzione – di gran lunga la più perversa tra tutte le risoluzioni di cessazione delle ostilità finora adottate - l’aggressore (Israele) conserva le sue armi, può continuare la sua occupazione di terre, dello spazio aereo e marittimo del Libano ed intensificare le sue acquisizioni di armi offensive. La sua lobby spinge gli Stati-Naszioni-Unite ad accerchiare Hezbollah, a controllare la frontiera siriano-libanese (con la perdita da parte del Libano della sua sovranità) e mette fine al flusso di armi difensive, qualunque ne sia la natura, destinate a compensare l’arsenale messo in piedi per la difesa del paese contro gli invasori israeliani.

La risoluzione punta ad isolare la resistenza libanese dalla Siria e dall’Iran e ad indebolire ogni comune solidarietà araba, nel caso (e nel momento) in cui l’Iran e la Siria fossero attaccate.

Kofi Annan, nominalmente segretario generale delle Nazioni Unite, ma conosciuto dagli addetti ai lavori dell’ONU come il piccolo telegrafista di Washington – e, dunque, della lobby filo-israeliana – ha effettuata una cosiddetta missione di « pace » in Medio Oriente. Il suo proposito non era di aprire negoziati su uno scambio di prigionieri tra Hezbollah / Libano e Israele, ma piuttosto di garantire la liberazione dei due prigionieri di guerra israeliani catturati. Mai, in nessun momento, ha fatto menzione della richiesta fondamentale dei Libanesi, ossia la liberazione del migliaio di civili e combattenti libanesi illegalmente imprigionati e sofferenti nelle galere israeliane, molti dei quali lo sono da anni, senza che nei loro confronti sia stata formulata alcuna accusa, in quanto senza processo. Avendo la Siria accettato di lavorare con Annan ad un accordo reciproco di liberazione di prigionieri tra Israele ed il Libano, e avendo Israele respinto tale proposta, Annan ha rifiutato di criticare l’intransigenza israeliana e ha continuato a farsi portavoce delle pretese israeliane di una liberazione incondizionata e unilaterale dei prigionieri israeliani.

E’ chiaro che Israele e la sua lobby statunitense puntano i loro sforzi sulla risoluzione filo-israeliana di cessazione della ostilità e sulla sua messa in applicazione al fine di allargare ed approfondire la loro intrusione nella politica interna libanese, di controllarne le politiche di sicurezza e di eroderne la sovranità comprandosi interi settori delle élite di Beyruth per mezzo di « aiuti alla ricostruzione », mentre Israele si mantiene sul piede di guerra sia all’interno che all’intorno e nei cieli del Libano.

Questo cosiddetto accordo di « cessate il fuoco » è in realtà una trappola per topi, dore l’offerta di assistenza fatta dai donatori ad un regime di Beyruth indebolito e vacillante (in particolare nelle sue componenti di destra, filo-occidentali) rappresenta il formaggio e l’accerchiamento aereo, terrestre e marittimo, come i potenziali attacchi di Israele e dei suoi collaboratori dell’ONU contro un Hezbollah disarmato. rappresentano la molla d’acciaio.

La lobby si è assicurata al 100 % il sostegno della Casa Bianca e del Congresso degli Stati Uniti alla continuazione del blocco aereo e navale israeliano, come alle pretese israeliane di disarmo e di distruzione di Hezbollah, condizioni sine qua non per il ritiro di Israele dai territori libanesi che attualmente occupa.

Ma c’è di peggio : mentre l’ONU dà il via alla sua occupazione del Libano e Israele vi mantiene la sua presenza militare, Tel Aviv « reinterpreta » la cessazione delle ostilità al fine di garantire la sua posizione avanzata in territorio libanese. Israele esige la liberazione dei suoi due prigionieri di guerra e la distruzione di Hezbollah prima di prevedere di mettere fine alla sua occupazione e al suo blocco. Insiste sulla necessità per le truppe dell’ONU di controllare la frontiera siriana, prima di conformarsi ai termini dell’accordo e di ritirare le proprie truppe. Non viene fatta menzione delle truppe dell’ONU che pattugliano la frontiera tra Israele e Gaza, che Israele oltrepassa quotidianamente per andare ad assassinare dei Palestinesi. In altre parole, mentre l’ONU erode la posizione della resistenza palestinese e rafforza militarmente Israele, quest’ultimo non negozia, né offre niente in cambio – continua la sua progressione, con incessanti pretese nuove e sempre più stravaganti. Tutto ciò, con il sostegno della sua lobby e dei suoi funzionari ben piazzati nel potere esecutivo e al Congresso degli Stati Uniti. Lo scopo di questa complessa manovra delle Nazioni Unite è di neutralizzare ogni opposizione libanese all’escalation dell’aggressione israelo-statunitense contro l’Iran.

La diplomazia al servizio dello scontro e della guerra

Parallelamente a questa strategia della « trappola per topi » libanese e in convergenza con essa, gli Stati Uniti, spinti con forza dalla lobby, hanno intrapreso ad assicurarsi al Consiglio di sicurezza dell’ONU l’appoggio a tutta una serie di misure (sanzioni) diplomatiche ed economiche nei confronti dell’Iran. Così, il Consiglio di sicurezza, su ingiunzione degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, sta per formulare pretese in totale contraddizione con il trattato di non proliferazione nucleare che permette a tutti i paesi del mondo intero, in ogni momento, di arricchire l’uranio a fini pacifici, provocando così uno scontro di grande portata con l’Iran. Queste pretese, la cui illegalità cede il passo solo alla presunzione, non hanno assolutamente alcun fondamento, né di legge, né di fatto: secondo l’Agenzia internazionale dell’energia atomica (AIEA), non esiste alcuna prova che l’Iran stia lavorando ad un’arma atomica. Gli Stati Uniti hanno avviato un approccio di tipo graduale per preparare il terreno ad una guerra preventiva contro l’Iran, al fine di minimizzare il proprio isolamento, gli enormi costi umani e finanziari da pianificare e le prevedibili rappresaglie. Washington ha già preparato una risoluzione che richieda sanzioni economiche – limitazioni di viaggi ed investimenti. Una volta adottato il principio di queste sanzioni economiche, Washington potrà più agevolmente premere per l’adozione di misure supplementari, come sanzioni commerciali, restrizioni alla navigazione e congelamento di beni all’estero. Una volta acquisito l’isolamento economico multilaterale dell’Iran, Washington potrà lanciare il suo assalto aereo con meno opposizione ed una maggiore approvazione dai suoi clienti europei e medio-orientali.

Dopo l’Iraq, Hezbollah, Hamas : l’Iran. Un’ennesima strategia scadente ?

I rappresentanti di Israele all’interno del governo statunitense hanno visto nella guerra contro l’Iraq un banco di prova per mettere in scena un attacco contro l’Iran – nel quadro di una serie trionfale di conquiste militari per trasformare il Golfo persico in un condominio israelo-americano. Con la guerra d’Iraq, la lobby è riuscita a condizionare il Congresso per far adottare una legge di boicottaggio della Siria, altro bersaglio della strategia generale della lobby filo-israeliana e di Israele. Il Libano, in particolare la sua resistenza nazionale guidata da Hezbollah, è un elemento chiave nella strategia israelo-statunitense in vista di un’aggressione armata contro l’Iran. Il Libano meridionale con Hezbollah e la striscia di Gaza con Hamas, come altri alleati potenziali dell’Iran, sono stati in successione presi di mira attraverso l’ONU, per isolarli diplomaticamente, e sul piano militare per sterminarli fisicamente. Tanto le guerre statunitensi che quelle israeliane sono al servizio di un obiettivo immediato (l’indebolimento degli avversari) e, cosa più importante, esse si inscrivono nella preparazione di un più grande attacco contro l’Iran. Le guerre dalla «duplice finalità» sono fatte per indebolire e distruggere gli avversari dei progetti statunitensi-israeliani di dominio regionale e per creare basi militari, tutto questo saldato ad un accerchiamento geopolitico e a pressioni economiche in previsione, a chiusura del percorso, di un assalto militare contro l’Iran.

Cadono sicuramente delle pedine. Ma non quelle giuste e non dove dovrebbero !

Nel corso della loro avanzata verso Teheran, la lobby e gli architetti israeliani delle guerre sequenziali dell’amministrazione Bush hanno comunque incontrato pesanti inconvenienti, almeno altrettanti delle vittorie.

Essi sono riusciti a distruggere il governo nazionalista laico di Saddam Hussein e a paralizzare totalmente il potenziale militare difensivo ed economico dell’Iraq. Comunque, essi si trovano a confronto con un’insurrezione non prevista di lungo termine e su vasta scale, che blocca sul posto centinaia di migliaia di soldati dell’attivo statunitense e il relativo materiale bellico, salassato le loro riserve, che impone esorbitanti costi fiscali ed erode il sostegno dell’opinione pubblica a quella guerra come ad ogni eventuale invasione militare promossa dalla lobby filo-israeliana.

Gli sforzi statunitensi, sostenuti dalla lobby filo-israeliana, miranti ad eliminare Arafat e ad imporre attraverso elezioni un regime palestinese clientelare e contrario all’Iran hanno fatto cilecca : è stato Hamas, un movimento nazionalista anticolonialista a vincere le elezioni. Di conseguenza, Israele ha ripreso la via dell’aggressione militare totale e dei massacri per decimare l’opposizione al suo progetto riguardo il « Grande Medio Oriente ».

Quanto agli sforzi applicati per lo sterminio di Hezbollah nel Libano meridionale, essi sono riusciti a devastare quel paese e ad uccidere numerosi civili, ma hanno mancato la loro missione principale che era di liberare la strada per un attacco incontrastato contro l’Iran. Se Israele ha militarmente fallito, in compenso la sua lobby e i suoi clienti al Congresso degli Stati Uniti e nell’amministrazione americana sono riusciti ad imporre i loro comuni obiettivi politi con gli Stati Uniti, sotto forma dell’infame risoluzione 1701 dell’ONU, per mezzi dell’ONU e dell’esercito libanese. Comunque, tale risoluzione, pur imponendo importanti restrizioni, è sempre fortemente contestata : Hezbollah rifiuta ogni disarmo, l’esercito libanese, composto per circa il 40 % da sciiti, fraternizza con Hezbollah e non lo provoca minimamente, mentre le truppe speciali dell’ONU non hanno nessuna intenzione di svolgere il ruolo di truppe da scontro per conto di Israele provocando una nuova aggressione contro Hezbollah, in particolare dopo che Israele ha deliberatamente ucciso dei Caschi Blu.

La strategia diplomatica israelo-lobbistico-statunitense all’ONU, che punta ad imporre sanzioni all’Iran, si è assicurata il sostegno europeo su dei punti relativamente marginali, ma è fallita nell’ottenimento dell’appoggio russo e cinese ad un embargo totale. La Cina sta trattando un accordo con l’Iran sul processo di arricchimento dell’uranio, che rischia fortemente di scalzare del tutto la strategia statunitense della « diplomazia in vista della guerra ».

Di fronte a questa serie di ostacoli militari e diplomatici, la lobby non cede comunque le armi. Essa si attiva per una nuova campagna con l’obiettivo di far salire la febbre di guerra negli Stati Uniti attraverso l’intervento di attivisti ultra filo-sionisti, tra cui John Bolton, l’ambasciatore statunitense all’ONU, il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, il vicepresidente Dick Cheney, il presidente Bush e, naturalmente, l’inimitabile « consigliere capo per il Medio Oriente » Elliot Abrams. La loro posizione consiste oggi nel lasciar perdere tutte le questioni tortuose e votate al fallimento, come le formulazioni diplomatiche, e fondare l’attacco incombente contro l’Iran su un’ideologia dal nome : La nuova lotta tra la democrazia e l’ « Islamo-fascismo » !

Dal governo israeliano, un attacco preventivo statunitense contro Teheran sarebbe considerato l’indebolimento di un ennesimo oppositore alla dominazione regionale di Israele. Per gli Stati Uniti, esso romperà del tutto gli argini dell’insurrezione in Iraq e oltre, il che condurrà a due, tre Iraq, anzi peggio. Ad un certo momento, i « polli potrebbero tornare a casa a farsi rosolare ». Per aver sacrificato un numero indeterminato di vite statunitensi al servizio di una potenza straniera, la lobby e i suoi sostenitori politici al Congresso degli Stati Uniti scomparirebbero nella pattumiera della Storia in quanto traditori dei nostri più elevati ideali di paese libero e indipendente.

Incapace di assicurarsi un attacco statunitense contro l’Iran, Israele non cessa di accelerare i suoi progetti di guerra contro l’Iran e la Siria. Ancora una volta, la sua lobby ha montato da cima a fondo una massiccia e sostenuta campagna di propaganda, la quale pretende che il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad avrebbe dichiarato, in un discorso pronunciato nell’ottobre 2005, che « Israele dovrebbe essere cancellato dalla carta ». Questa lobby ha oltraggiosamente falsificato la traduzione inglese di quel discorso. In realtà, il presidente iraniano non aveva usato né la parola « carta », né il participio « cancellato » ! [3]. In realtà, aveva dichiarato : « Quel regime, che occupa Gerusalemme, deve sparire dalla pagina del tempo. » Chiaramente, egli si riferiva ad un regime che occupa illegalmente una città dopo averla conquistata militarmente, che riduce i propri cittadini arabi ad essere discriminati ed indigenti e che colonizza i territori occupati. In altre parole, Ahmadinejad ha chiesto la sparizione di un regime coloniale razzista e non la distruzione né l’espulsione degli ebrei che vivono in Israele. Questo «errore di traduzione» e molti altri, fanno parte dell’azione della lobby, che vuole suscitare artificialmente l’obbrobrio nei confronti dell’Iran e stigmatizzare questo paese tramite i i peggiori cliché di « diniego dell’olocausto », al fine di travestire un attacco israeliano contro di esso da atto coraggioso di resistenza contro uno Stato visto come « islamo-fascista ». Dal gennaio al marzo 2006, l’altro comando militare israeliano ha messo a punto dei piani di guerra in previsione di un attacco contro l’Iran, i quali sono stati provvisoriamente aggiornati al momento in cui Washington concluderà le manovre diplomatiche. In settembre, il Times di Londra (3 settembre 2006) ha scritto che « Israele sta preparando un’eventuale guerra tanto contro l’Iran che contro la Siria ». Secondo fonti militari e politiche israeliane, « la sfida rappresentata da Iran e Siria figura ormai al primo punto sull’agenda della difesa (sic) israeliana ».


* James Petras è professore emerito di sociologia all’università Binghamton di New York. Intellettuale emblematico della sinistra americana, è autore di numerose opere. James Petras è membro della conferenza « anti-imperialista » Axis for Peace organizzata dal Réseau Voltaire.


Dalla traduzione francese di Marcel Charbonnier
Membro di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica (transtlaxcala@yahoo.com).

Versione italiana eseguita da Belgicus per la rivista Eurasia
--------------------------------------------------------------------------------

[1] vedi : The Project for the New American Century : White Paper - Rebuilding American’s Defenses (settembre 2000), (Progetto per un nuovo secolo americano : Libro bianco in vista di una riorganizzazione della difesa americana),un documento messo a punto e redatto dai più eminenti ideologi filo-israeliani.

[2] Ha’aretz, 4 settembre 2006

[3] Il Guardian di Londra ha pubblicato una bella inchiesta su questa manipolazione « Lost in translation » di Jonathan Steele, The Guardian del 14 giugno 2006.



Voltaire, édition internationale