La nuova guerra dell'oppio
di Manuel Zanarini
Fonte: Circolo Proudhon Bologna
Afghanistan 2001-2016
Quest'anno, Arianna Editrice ha dato alle stampe il libro scritto da Enrico Piovesana, il quale ha lavorato per anni in Afghanistan, come inviato di Peacereporter, e i suoi reportage sono stati pubblicati su diversi quotidiani italiani.
Anche se di questo Paese si parla poco, esso ricopre un ruolo molto importante nello scenario internazionale, e la sua politica interna ha molta incidenza anche sulla situazione Europea e italiana.
L'Afghanistan, infatti, sta diventando il primo produttore ed esportatore mondiale di droga derivata dall'oppio, le cui piantagioni abbondano nel Paese. Si tenga conto, che secondo i dati delle Nazioni Unite, l'Italia è il secondo mercato dell'eroina in Europa, dietro solo la Gran Bretagna, con un consumo annuale di 18 tonnellate e almeno 300 mila eroinomani: un quinto dell'eroina che arriva nel Vecchio Continente viene consumata da noi. Sebbene l'eroina fosse data per scomparsa sui mercati, essa sta prepotentemente tornando alla ribalta, grazie ai prezzi molto bassi, e ai diversi modi con cui viene assunta. Il suo ritorno è databile a partire dal 2003 e 2004, in coincidenza con l'arrivo sui mercati della “merce” derivata dai raccolti afghani del 2002 e del 2003, i primi dopo la caduta del governo talebano, il quale aveva azzerato la produzione di oppio. Nel 2006/2007, l'Afghanistan forniva il 92% dell'oppio mondiale.
Non è certo mia intenzione difendere il regime talebano, questo va decisamente chiarito, ma quello che trovo interessante in questo libro è come gli Stati Uniti si siano serviti dei potenti coltivatori di oppio locali per sconfiggere i talebani, ed estendere il loro potere in un Paese geograficamente strategico, dando vita a quella che i locali chiamano appunto, giang-i-tariak, guerra dell'oppio.
La coltivazione di tale droga non è una scelta libera per i contadini locali, ma quasi obbligata, in quanto con le altre produzioni non riescono a sopravvivere a causa dei bassi prezzi imposti dalle multinazionali. Ufficialmente, il nuovo governo pakistano, sorretto dagli USA, combatte la coltivazione di oppio, ma la realtà dei fatti è ben diversa. Come dimostrano le numerose testimonianze dirette raccolte dall'autore, l'esercito, insieme alle truppe straniere, chiede il “pizzo” ai poveri contadini locali, pena la distruzione o il sequestro del raccolto, mentre lascia indisturbati i latifondisti, con cui fanno affari e che grazie alle loro truppe paramilitari forniscono un grosso sostegno alla lotta contro i talebani occupandosi del presidio del territorio. Come se non bastasse, gli stessi talebani taglieggiano i contadini che si trovano nelle zone sotto la loro influenza. Il risultato è che la presunta lotta all'oppio ha generato solamente una situazione di monopolio dei latifondisti, i quali hanno agganci molto in alto nel governo pakistano, come dimostrano le vicende di Sher Mohammed Akhundzada, prima governatore dell Helmand, e poi fatto Senatore da Karzai, o del fratello di quest'ultimo, Ahmed Wali Karzai, principale protagonista nella scena dell'eroina afgana. Entrambi questi personaggi sono stati protetti dalla CIA, nonostante fossero sotto inchiesta da parte della DEA, l'agenzia statunitense anti-droga.
A questo scenario va aggiunto il ruolo svolto dai soldati “occidentali”. Infatti, essi non solo vengono utilizzati per distruggere le piantagioni “scomode”, ma sono anche tra i primi consumatori di droga locale, nonché, cosa forse ancor più grave, sono il mezzo più utilizzato per esportare la “merce” in Europa e negli Stati Uniti. Il libro riporta casi di arrivo di droga all'interno delle basi NATO e da qui, usufruendo degli aerei militari, raggiunge le capitali del Vecchio e del Nuovo Continente. Purtroppo, questo traffico riguarda anche le forze militari italiane, come il caso di Alessandra Gabrieli, caporalmaggiore della Folgore, analizzato nel testo dimostra.
Si consideri che, secondo molti analisti, l'impressionante giro di denaro derivato dal traffico di droga (il direttore generale del Dipartimento antidroga e anticrimine delle Nazioni Unite, Antonio Maria Costa ha dichiarato che, nel 2008, la cifra era di 350 miliardi di dollari), e che viene riciclato sui mercati finanziari globali, sta fornendo “ossigeno fresco” alle boccheggianti economie occidentali.
La conclusione che si può trarre dalla lettura dell'interessantissimo libro di Piovesana è che quella in Afghanistan sia l'ennesima “guerra sporca” degli Stati Uniti e dei loro alleati. Anche se, come lo stesso autore rileva, non è certamente il primo esempio: in Italia, lo sbarco dei cosiddetti alleati fu guidato dal Lucky Luciano e dalle famiglie mafiose italo-statunitensi; in Sudamerica spesso si è utilizzato il narcotraffico per scopi militari, come i casi della Colombia e lo scandalo Contras-Iran dimostrano; la tolleranza di Washington, e la complicità della Turchia, nel contrabbando di petrolio e opere d'arte dell'ISIS; ecc.