Rimbaud e Jim Morrison
di Marco Managò - 19/09/2006
Wallace Fowlie, docente di letteratura francese alla Duke University, è l’autore di questo volume, pubblicato da “Il Saggiatore” in una prima edizione del 1997, in cui si evidenziano le strette similitudini tra le vite e le aspirazioni dei due artisti: il poeta Rimbaud e la stella del rock Jim Morrison.
L’autore afferma con sincerità come, per molti anni, abbia ignorato la figura di quest’ultimo, poi spiega come, alle prese con una traduzione in inglese dell’intera opera di Rimbaud, abbia ricevuto una lettera di elogio proprio dalla stessa rockstar. A questo punto inizia un avvicinamento ai testi di Morrison e la felice scoperta di quanto sia presente in essi l’influenza del poeta francese. Da qui l’avvio di una serie di incontri e conferenze universitarie, durante il decennio degli ’80 e soprattutto nel 1991 (100 anni dalla morte del francese e 20 da quella del cantante), in cui l’interesse del pubblico giovanile, dapprima rivolto (con pertinenza) a Jim Morrison, si trasferisce, per osmosi, a Rimbaud, favorendo la conoscenza e la diffusione dell’opera. Una divulgazione di per sé già attiva visto che, come confida un editore a Fowlie, la vendita dei volumi di Rimbaud è costantemente ad alti livelli e i francesi, orgogliosi e custodi della propria cultura, non mancano di approfondire la conoscenza di un compatriota illustre. Nel volume è riportato << Un tempo era considerato il séducteur della gioventù francese per le sue idee rivoluzionarie, mentre oggi è considerato un eroe moderno, praticamente il fondatore del modernismo. >> Amatissimo dagli studenti francesi.
Altra passione sfrenata, francese e non solo, è quella rivolta a Jim Morrison, per il quale si verifica un pellegrinaggio continuo alla tomba, cimitero Père-Lachaise, quarto itinerario, per numero di visitatori, a Parigi.
La poesia ribelle di Rimbaud, contro la società che lo circondava e le persone che tarpavano l’evolvere della propria personalità (tra cui la madre, gli insegnanti, il parroco di Notre Dame), non poteva essere ignorata da Jim Morrison, più volte convinto di esprimersi meglio come poeta piuttosto come cantante.
L’opera di Rimbaud va valutata anche alla luce dell’età dell’autore: si tratta di poesie scritte in un’età compresa tra i sedici e i venti anni, dopodiché la scelta di non tornare a comporre sarà irreversibile, senza pentimenti.
I viaggi della mente del giovane Rimbaud trovarono applicazione pratica dopo i venti anni, quando si decise ad effettuare numerose esperienze fuori della Francia, contravvenendo alle usanze tipiche dei francesi contemporanei. Il ritorno in patria, precisamente a Marsiglia, si deve al peggioramento delle condizioni del suo ginocchio destro, colpito da tumore e per questo destinato a farlo morire a soli trentasette anni.
Le sue poesie, scritte in uno stile abbastanza impegnativo, scoraggiano il lettore svogliato e stimolano quello più attento, quello più diretto alla ricezione del messaggio. Un contenuto di carattere sempre più planetario, che poggia su ritmi notevoli e grande espressività della realtà circostante. Preghiera della sera è una delle poesie di Rimbaud dove meglio si incarna la denuncia contro l’ordine costituito, e la ripulsa verso il linguaggio formale della poesia; non a caso uno dei testi più apprezzati da Morrison.
Quante analogie tra i due… La stessa crescita adolescenziale, avvenuta senza padre, per il francese perché fuggito, per il cantante perché impegnato in una avviata carriera di ammiraglio. Morrison si identificava nella brevità artistica, e di vita, del suo poeta preferito, prefigurando la propria immolazione. Il suo rifiuto per la realtà sociale circostante e, soprattutto, per l’autorità, lo poneva molto vicino ai dinieghi del francese e lo collocava al centro di rapporti turbolenti anche con le forze dell’ordine, alle quali candidamente ammetteva di compiere una sorta di atto dovuto, di compimento di un atto del destino volto a scoprire cosa ci fosse dietro la formalità imposta.
Chiarisce l’autore << Egli accettava la convinzione che la forza trainante che muove il vero artista sta nel suo autoisolamento e nell’immolazione di sé. >> << Commentando il nome del suo gruppo, una volta Morrison fece un’osservazione che è praticamente un manifesto della sua opera: “E’ una ricerca, come aprire una porta dopo l’altra… E’ uno sforzo per arrivare alla metamorfosi. E’ come un rituale di purificazione in senso alchemico”. >>
Rimbaud fu profondamente e favorevolmente scosso dagli eventi della Comune parigina del 1871, il movimento popolare, e spontaneo, di resistenza all’invasore prussiano, culminato con una repressione ferocissima dopo poche settimane. Non si ha la certezza della partecipazione attiva del poeta agli eventi, ma sicuramente in essi sperò per un nuovo assetto sociale e spirituale. In alcune sue poesie traspare tale sensibilità, soprattutto in una, dal titolo Le mani di Jeanne-Marie, in cui elogia l’impegno femminile nel corso dei tragici eventi della difesa della libertà parigina.
Il sentimento di ribellione contro l’autorità, soprattutto quella illegittima e tirannica, è analoga a quella vissuta da Jim Morrison; gli studenti che affollano le lezioni di Wallace ne prendono progressivamente atto, scoprendo con piacevole interesse anche i lati meno noti, di carattere più intimo, della personalità del poeta francese. Il mistero Rimbaud, e il suo ribelle eroismo, che fa il paio con quello di Morrison, affascina gli studenti dei college, tanto più incuriositi dal fatto che il loro idolo musicale abbia letto con cura gli scritti di quel poeta così capace e precoce. Impossibile, per l’autore, non riconoscere nei suoi interventi, il valore dell’insegnamento della scuola francese, così strettamente legato agli studi classici, alla lingua latina.
Interessante il giudizio che un autore del calibro di Mallarmé fornisce del giovane Rimbaud, sulla scorta di un fugace incontro letterario tra poeti parigini. Mallarmé, infatti, intuì subito le doti del ragazzo e, in alcuni scritti successivi alla morte del poeta di Charleville, ne celebrò l’acume; si pose, inoltre, in contrasto con chi avrebbe preferito un ritorno alla scrittura del giovane, sostenne, infatti, quanto necessario fosse il rispetto per quello spirito anarchico, privo di legacci, capace di sfogare l’irruente passione e la vena artistica in un breve periodo. Tutta la produzione di Rimbaud si concentra proprio nell’età giovanile, intrisa di ribellione e di fulgore, in cui si denota il rifiuto delle convenzioni e delle forzature e in cui non si cela il contrasto con la madre. Questa donna, di vedute limitate, soffocò non poco l’ardore giovanile di Rimbaud e, con i costanti rimproveri, provocò ancor più il desiderio di ribellione di un figlio troppo stretto tra l’immagine adolescenziale di ragazzo ben vestito, ossequiante della messa domenicale, e l’esigenza di dar sfogo alla forte personalità e al desiderio di evasione.
<< Invece di attaccarsi alla vita, le si scagliò contro. >> scrive Wallace.
La ribellione contro l’autorità tarpante della madre, rappresenta quella che, più in generale, fu il fermento del suo spirito contro il piattume della società.
Importante fu l’incontro con un maestro del calibro di Izambard, un rapporto di stima reciproca, osteggiato in seguito dalla madre del poeta, gelosa della crescente consapevolezza del figlio riguardo al valore della propria e libera personalità. Izambard significò anche la possibilità di leggere un’infinità di libri e, solo quando la guerra ostacolò i rifornimenti di volumi alle librerie, la biblioteca del maestro si rivelò presto insufficiente dinanzi alla voracità del giovane di Charleville.
Gli anni successivi furono piuttosto turbolenti, caratterizzati anche da un fugace arresto, per essere stato colto in assenza di biglietto ferroviario sul treno per Parigi. Anche il rapporto con Izambard segnerà il passo e sarà caratterizzato dal rimprovero del poeta per la vita sempre più borghese del maestro.
Il tradimento del sentimento di ribellione, celebrato da Izambard, sarà compensato dal rapporto piuttosto stretto instaurato con Verlaine. Quest’ultimo, in rotta con la moglie, si trovò a viaggiare con l’amico poeta, a Londra, a Bruxelles. Un legame difficile quello tra i due, contrassegnato da episodi di violenza, come lo sparo di Verlaine al polso di Rimbaud; un rapporto dai più indicato come sentimentale, anche se i due rifiutarono sempre tale definizione.
Gli anni tra il 1874 e il 1890 si contraddistinsero per i numerosi viaggi di Rimbaud che, ai percorsi in Italia, accompagnò quelli in Europa e poi in Arabia Saudita. Poco onorevoli questi ultimi anni, un periodo in cui il poeta, colpito da insaziabile avidità commerciale, avviò una compravendita d’armi; un cambio ideologico, in cui l’ossessione quantistica, del calcolo, tipica della madre, si sostituì all’ardore spirituale celebrato nelle poesie giovanili.
La poesia universale di Rimbaud attira l’attenzione di autori cattolici e atei, per entrambi rappresenta l’occasione di trovare spunti interessanti, di una continua ricerca religiosa del poeta non finalizzata a una precisa conclusione.
Una delle opere più famose del poeta francese è il Battello ebbro, un poema in cui l’allegoria riguardante un piccolo battello “ebbro” sulla Mosa, scosso dai movimenti di Rimbaud e dal fratello, che ne fanno un guscio in preda alla tempesta, indica la fuga dagli schemi e la liberazione proprio nell’ebbrezza. Il battello prende sicurezza nelle acque del fiume, che percorre perdendo ogni vincolo di direzione e controllo, alla scoperta del mondo circostante, sino a culminare nella progressiva sobrietà, nella riflessione, in un quadro meno ampio di quello precedente.
In un’altra opera, Una stagione all’inferno, riprende il tema caro a molti autori, quello della lotta umana contro il male, facendo leva su un’ottima scelta di parole e di tempi, in cui la violenza del ritmo impresso rende più interessante la confessione che permea l’opera.
Fowlie, citando una strofa, precisa << Una sera, ho preso la Bellezza sulle mie ginocchia. – E l’ho trovata amara. – E l’ho ingiuriata. Questo appare al ragazzo come il segno che una misteriosa aberrazione l’ha posto al di fuori della società, armandolo contro la giustizia ordinaria… la sensazione stessa di essere “diverso” fa automaticamente del ragazzo una vittima, e questa identificazione con la vittima è la prima maschera del poeta. >>
Rimbaud è conscio dei limiti delle possibilità umane, dell’incapacità del poeta di rappresentare la realtà nella sua fedele riproduzione; per questo, nei suoi scritti, assolve al compito mistico di rendere accessibili al lettore le visioni e le allucinazioni del reale. Viene meno anche lo sforzo immane di conciliare la razionalità occidentale, intrisa di cristianità, con la ricerca spirituale tipica delle filosofie orientali.
La forza di Rimbaud è nella convinzione delle proprie idee, nella forza e nella violenza del suo spirito, nel rifiuto cosciente e accorato della società borghese, della cristianità imposta. In una fotografia scattata durante la sua prima comunione, tradisce un viso notevolmente accigliato che, come spiega Wallace, indica <<… un piegarsi della sua volontà, ma nessuna sottomissione dello spirito ha fatto seguito al sacramento ricevuto. >>
Interessante il ruolo che il poeta francese conferisce agli angeli, queste figure di collegamento tra la natura umana e l’Eterno, al quale il comune mortale deve rapportarsi e approssimarsi, al fine di sublimare la propria intelligenza ed elevarla a valori decisamente superiori.
Dopo il profilo dedicato al poeta, il testo del volume prosegue attraverso un approfondimento della vita di Morrison e del suo gruppo, senza alcuna velleità di realizzare una biografia, piuttosto di rendere più familiare la relazione tra le due figure protagoniste del libro.
Si narra dell’adolescenza del ragazzo inquieto, degli inizi della vita del gruppo “The Doors”, i primi passi all’insegna di testi profondi, che trattavano di sesso, morte, solitudine, umani turbamenti, al contrario dei pezzi più classici di amore e pace degli altri complessi musicali contemporanei.
Va ricordato che pur essendo riconosciuto come leader del gruppo, Morrison volle dividere i proventi in parti uguali con gli altri membri, senza palesare manie di grandezza.
La gestualità e il movimento del corpo erano ingredienti fondamentali nei concerti del gruppo, alcune volte rasentavano l’inimmaginabile, in altre occasioni fecero da cornice a rapporti burrascosi con la polizia. In un concerto del 1967, Morrison, dopo il pestaggio subito a opera di un poliziotto, in camerino, sollevò le ire del pubblico verso la polizia e lo spettacolo fu interrotto, con il successivo arresto del cantante; in altre occasioni, la polizia interruppe il concerto togliendo la corrente.
Dal 1969 in poi, l’abuso di alcol, da parte di Jim, fu la preoccupazione maggiore per gli altri componenti del gruppo, allarmati per la salute del leader e per l’andamento stesso dei concerti, tra rallentamenti, pause, ritardi, diatribe col pubblico, nonché improvvisati dialoghi e confessioni. La parabola dei Doors sembrava proprio essere entrata nella sua fase discendente.
In un concerto a Miami nel 1969, Morrison, dopo aver cominciato a spogliarsi, fu fermato dalle forze dell’ordine e condotto in carcere; da quel momento il gruppo e il suo leader, il rocker maledetto, furono additati dall’opinione pubblica e dai media come la figurazione dell’immoralità, come il male assoluto. Scrive Wallace << I Doors vennero messi al bando ovunque. Il presidente Nixon diede il suo sostegno a chi organizzava manifestazioni contro il complesso. >>
Il processo che ne seguì e che si concluse solo nell’agosto del 1970 con la condanna a sei mesi, precedette di poco la morte del reo, in attesa dell’appello, a Parigi, dove si trasferì per dar maggior sfogo alla vena di scrittore e di poeta che sentiva pulsare nelle vene.
Gli eventi legati alle ultime ore di vita del cantante, quelli relativi al 3 luglio 1971, rimangono ancora permeati di mistero, soprattutto riguardo alle presunte quantità di droga ingerite e causa dell’arresto cardiaco. Articoli, pubblicazioni e film sulla vita dei Doors non contribuiscono a far chiarezza.
Con la morte si sviluppa il carattere ancora più mistico di questo eroe musicale, consacrato alla leggenda, per il quale la tomba non costituì inizialmente una meta di pellegrinaggi ma si consolidò tale col passare del tempo. Fu soprattutto la visita dei genitori nel 1991, volta a ripulire la tomba dalla sporcizia e dalle masserizie accumulate, in una sorta di riconciliazione col figlio ribelle incompreso, a originare un vero flusso di ammiratori. Iniziava, così, in grande stile, l’omaggio a un’artista precoce e prematuramente annullatosi, ebbro di sensibilità e personalità, di ego e passione, genuinamente folle, di là da schemi e convenzioni.
Un altro contributo dell’autore, che serve a far capire meglio il pensiero di Morrison, recita << In molte canzoni Jim canta: la morte accade, l’amore accade e tutta la vita umana è fitta di accidenti e occasioni fortuite. In altre canzoni di taglio più filosofico, dice che la legge dell’uomo è solo una rozza approssimazione alla giustizia. >>
In una raccolta di scritti di Morrison, dal titolo Deserto, c’è un testo, La grande autostrada, in cui questo determinato luogo, con le persone che abitualmente lo frequentano e il suo notevole dinamismo, diventa la metafora della vita stessa, in cui l’uomo, solo, alla ricerca di un’identità, si trova ancor più isolato e subisce, in particolare, il passaggio dall’età adolescenziale a quella adulta, opprimendo quella che fu l’innocente giovinezza. L’uomo perde, così, il legame viscerale con la propria comunità dalla quale, pur riconoscendo il naturale legame e la misteriosa origine, non riesce a distaccarsi completamente né a condannarne gli errori.
L’onere, per il ribelle d’ogni tempo, è la ricerca continua dell’identità, della fantasia e della pura felicità, sino all’amara constatazione che la purezza assoluta non sia di questo mondo terreno. Il ribelle vive certamente in una posizione privilegiata, a prescindere dalla sua estrazione borghese, contadina od operaia, e interpreta le aspirazioni più alte degli uomini dei quali è circondato. Deriso e incompreso, a volte, dal mondo ottuso che lo appella con termini dispregiativi, lo bolla e lo pone all’indice, si giova di una maschera che indossa costantemente, alla quale rapportarsi per deridere e condannare. Rappresenta la fuga, l’evasione, il viaggio, il cambiamento, la continua ricerca, e chi, meglio dei giovani, può incarnare l’auditore più attento? Per questo, due spiriti ribelli e sensibili, come Rimbaud e Morrison, accesero la passione di intere generazioni di giovani alla ricerca di libertà e di avventura.
Sana ribellione interna, senza compromessi, pagata con la propria stessa vita, senza trascinare altri. Al contrario di alcuni presunti rivoluzionari dei nostri tempi, pronti a scuotere le masse, nel più classico degli “armiamoci e partite”, pronti a ravvedersi solo pochi anni dopo e occupare gli spazi più prestigiosi nell’apparato borghese e ipocrita che condannarono, lesti a salire sul carro del vincitore.
All’autore di questo libro va il merito di aver narrato le vicende dei due ribelli senza scadere nella nozionistica biografia, anzi, colorando di passione e contenuti l’avvincente storia della personalità dei protagonisti.