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Salvare le banche senza bail-in

di Marco Della Luna - 10/07/2016

Salvare le banche senza bail-in

Fonte: Marco Della Luna

Il sistema bancario italiano è in pericolo. I patrimoni delle banche sono stati saccheggiati dalle speculazioni di hedge funds e dalla gestione partitocratico-clientelare-ladresca delle banche stesse, via fondazioni. Cioè è avvenuto grazie a una campagna di riforme del sistema bancario, compresa la banca centrale, voluta dall’UE (strumento del grande capitalismo non-italiano) in combutta con nostri illustri politicanti complici. A questa storia ho dedicato il saggio e-book Sbankitalia.

Fatto sta che oggi sono minacciati, anzi già intaccati, i risparmi e la possibilità di finanziare l’economia reale (la BCE, col suo quantitative easing, elargisce denaro a costo zero, sì, ma selettivamente alla grande finanza speculatrice e predatrice). La stampa estera descrive l’Italia come in bilico su un baratro. Mentre a Bruxelles, madre di ricette economiche rovinose, si mercanteggia e si ricatta per trovare una via d’uscita, viene paventato un effetto a catena con possibile esito letale per la stessa UE – il famoso break up.

Vi è una possibile soluzione che non comporterebbe il sacrificio distruttivo degli interessi collettivi attraverso una catena di bail-in e di azzeramenti del valore di azioni e obbligazione, congiunti a un ulteriore indebitamento pubblico, per finire col capitale straniero che rastrella le banche e le aziende italiane – quelle tali rimaste – col pretesto di salvarle, e si impadronisce completamente del Paese. Al medesimo traguardo si arriva anche indebitando ulteriormente il Paese salvando le banche con soldi pubblici, a debito. Per arrivare a questo, seguendo una via o l’altra, vi è un’alleanza tra la partitocrazia al potere in Italia e l’oligarchia finanziaria apolide (ma saldamente europeista e atlantista).

Questa soluzione consiste nell’adeguare le prassi contabili delle banche per adeguarle alla realtà economico-giuridiche dell’azione delle banche medesime, cioè al fatto che le banche commerciali creano la liquidità nell’erogare prestiti, quindi creano entrate di cassa, che oggi non vengono registrate, col risultato che vi sono fortissimi ricavi extracontabili e che il conto economico risulta molto peggiore di quello che dovrebbe essere, se fosse adeguato alla realtà. Se fosse adeguato alla realtà, le banche si risolleverebbero tutte.

Sempre più numerose pubblicazioni accademiche e persino istituzionali (questa è del FMI: http://www.imf.org/external/pubs/ft/fandd/2016/03/kumhof.htm ) evidenziano l’opportunità che le banche contabilizzino la creazione di moneta contabile che esse operano con l’atto di erogare prestiti o di eseguire pagamenti, e che presentino, nel bilancio, anche un cash flow statement.

Giustamente si è evidenziato che la banca, se crea moneta contabile (mediante il moltiplicatore monetario, la riserva o altro sistema), dovrebbe registrare l’entrata di questa moneta nella sua cassa, prima di registrare la sua uscita per l’erogazione di un prestito o di un pagamento. E’ lapalissiano.

La moneta contabile bancaria non è una rappresentazione di una moneta “vera” custodita altrove, ma è una massa monetaria che si AGGIUNGE alla moneta “vera” (ossia, legale: banconote) – anzi, costituisce il 92% della massa TOTALE.

Essa ha la natura giuridica di un debito, ossia di una promessa di pagamento della banca stessa (saldo attivo – per il cliente o il ricevente – di un conto corrente); quindi, a differenza della moneta propria, non estingue il rapporto debito-credito, quando viene data, ma lo trasferisce, ne cambia i soggetti. Però è di fatto accettata come se fosse moneta legale, quindi agisce come moneta (perché ha potere di acquisto e pagamento, è riserva di valore, è misura di valore).

 

Poiché la legge riserva la creazione di moneta legale, cioè di Euro, al SEBC, quella creata dalle banche ordinarie è moneta, ma non è moneta legale, anche se denominata come tale e contabilmente trattata come moneta legale, bensì promessa, come dicevo, di moneta legale. E’ una moneta parallela, volontaria. Quindi contabilmente andrebbe innanzitutto introdotta la registrazione differenziata tra moneta legale (€) e moneta bancaria (€V, euro virtuali).

 

Contabilizzare la creazione di valuta legale da parte della banca centrale, e di moneta creditizia da parte delle banche non centrali, pone il seguente primario problema: dato che in partita doppia ad ogni registrazione positiva (accredito) a favore di X deve corrispondere una registrazione negativa (addebito) a carico di Y, a carico di chi si dovrà fare la registrazione negativa? Cioè, da chi proviene il valore della moneta creata? E a che titolo avviene il prelievo?

E, secondo problema: che cosa sarà l’oggetto di questa registrazione?

 

Da molti anni mi pongo questo problema.

In un primo tempo proponevo come soluzione un trattamento contabile analogo a quello dell’acquisto a titolo non derivativo. Ma non è così, perché, nella creazione di moneta creditizia è essenziale il ruolo di altri soggetti (il mutuatario, il recettore della moneta creditizia), i quali, con l’accettazione della moneta bancaria, le conferiscono valore; quindi è un acquisto a titolo derivativo.

La risposta cui sono pervenuto, e che mi appaga, è la seguente: la banca (centrale e non) crea mediante scritturazione un simbolo di valore monetario composto da sigla della valuta legale seguita da un numero, e questo simbolo (che è cartaceo, nel caso della cartamoneta o dell’assegno circolare), al momento dell’erogazione del prestito (o della spendita ad altro titolo, ad es. per comperare qualcosa o per pagare gli stipendi), acquista valore attraverso l’essere accettato come moneta dal mutuatario che se ne riconosce debitore (o dal fornitore – incluso lo Stato o l’intermediario che vende titoli pubblici – o dal dipendente che si dichiarano tacitati del loro credito col ricevere quel simbolo).

Questo valore, questa accettazione, deriva dunque dal mercato, e contabilmente va perciò registrato come “addebito” al mercato (alla società), e il suo oggetto è non “moneta” né “credito”, bensì “potere d’acquisto”.

Il potere d’acquisto è la realtà economico-monetaria fondamentale, che però non viene contabilizzata! Sta alla moneta come il bosone di Higgs sta alla massa.

In sintesi, la banca crea il simbolo monetario e, nell’erogarlo a chi lo accetta, raccoglie potere d’acquisto, il quale, unendosi al simbolo, fa del simbolo moneta bancaria, contabile.

L’oggetto della registrazione va riconosciuto come “potere d’acquisto” (di pagamento).

L’addebito va fatto al mercato, alla società.

Il titolo, quantunque la cosa possa essere moralmente e politicamente dura da accettare – è l’esercizio di una signoria monetaria sulla società, detenuta ed esercitata dai banchieri (centrali e non); quindi è analogo all’imposizione tributaria (diretta): “prelievo indiretto di potere d’acquisto per signoraggio monetario sulla società”.

Quindi, nel conto economico si scriverà:

A)nel caso di creazione di valuta legale o contabile di 100 e di suo uso per acquisto di bonds (o altro)s:

“proventi da signoraggio monetario + 100”

“costo acquisto bond – 100”

“valore bonds acquisiti + 100”

 

B)nel caso di erogazione di un prestito di 100:

“proventi da signoraggio monetario + 100”

“erogazione prestito a mutuatario – 100”

“acquisizione credito verso mutuatario + 100”

 

Va ben chiarito:

a)questa creazione monetaria non è creazione ex nihilo né interna alla banca, perché avviene attraverso l’accettazione da parte di terzi, e soprattutto delle altre banche del sistema, che – reciprocamente e nel reciproco interesse – si accettano, accreditano e validano le rispettive creazioni monetarie come valuta legale;

b)le singole banche hanno la capacità di compiere questa creazione perché i soggetti del mercato dipendono e hanno necessità di servirsi del sistema bancario, quindi ciò che il sistema monetario accetta come moneta (ossia ciò che esso accredita loro se lo versano in una banca) vale come moneta anche per loro, a prescindere dal suo essere o non essere valuta legale, promessa di pagamento coperta o scoperta, etc.; in sostanza, i banchieri possono creare moneta (possono far accettare dal mercato come moneta i loro simboli creati a costo zero) perché sono costituiti in un cartello monopolista non contendibile di un servizio di pubblica e quotidiana necessità; il banchiere centrale è l’arbitro-moderatore di questo cartello, il quale ha il potere di determinare l’insolvenza della  propria clientela –imprese e famiglie –  così da incamerare o vendere i suoi beni reali;

c)il prelevamento di potere d’acquisto da parte della banca dalla società, dal mercato, è simile all’imposizione diretta, ma, a differenza di questa, non va a sottrarre in modo diretto, meccanico, necessario pari quantità di potere d’acquisto alla popolazione, in quanto questo prelevamento si traduca in un aumento della circolazione, nella attivazione di un potere d’acquisto non circolante.

 

L’idea di registrare il circolante monetario (sia la valuta legale della banca centrale, sia la moneta contabile bancario) come analogo al capitale sociale (equity), recentemente avanzata da alcuni, è un’assurdità sia giuridica che contabile, perché

a)la creazione di moneta è l’oggetto dell’attività economica della banca, quindi mettere la moneta creata dalla banca a capitale sociale sarebbe come mettere le automobili a capitale sociale della società che le fabbrica;

b)all’opposto del capitale sociale, in nessun modo il circolante (sia valuta legale, che moneta contabile) costituisce un debito della banca (centrale o non) verso i soci; la moneta bancaria è giuridicamente una promessa di pagamento di moneta legale al portatore; la valuta legale non è giuridicamente e patrimonialmente un debito in alcun senso;

c)il capitale sociale può essere aumentato o ridotto solo mediante apposita deliberazione assembleare, diversamente dalla creazione monetaria;

d)l’aumento di capitale sociale di una società per azioni può avvenire solo mediante emissione di azioni, diversamente dalla creazione monetaria;

e)essendo il capitale sociale una voce dello stato patrimoniale,  resterebbe da trovare un modo per registrare la creazione (o distruzione) di moneta nel conto economico.