Fine dei giochi in Siria: Aleppo e ‘Piano C’
di Tim Anderson - 02/08/2016
Fonte: Aurora sito
La battaglia per Aleppo ha costretto i gruppi di al-Qaida all’ultima disperata resistenza mentre la guerra per procura di Washington contro la Siria passa alla fase finale. La liberazione di Aleppo sarà l’inizio della fine. Le mappe online sono fuorvianti. Anche prima dell’intervento della forza aerea russa nel settembre 2015, il governo siriano controllava l’85 per cento delle aree popolate del Paese. Ma la bonifica di tutta Aleppo è il fattore cruciale del controllo della Siria del nord e delle linee di rifornimento dello SIIL in contrazione ad est. Il grave problema della Siria era il supporto semiufficiale della Turchia agli eserciti jihadisti che attraversano 800 km di frontiera a Nord e l’avanzata protetta da Turchia-Arabia-Qatar dello SIIL da est. Negli ultimi 10 mesi, l’Alleanza siriana è avanzata su entrambi i fronti. Inoltre, dal mese scorso, la Turchia è allo sbando coi suoi problemi. Molti seguono la logica delle forze dominanti ma, per capire la fine dei giochi in questa guerra, la logica della resistenza non è meno importante. La Siria dimostra che i popoli indipendenti unendosi e resistendo possono decidere il risultato. La guerra di Washington contro la Siria è iniziata con gli eserciti dei fantocci settari inviati a rovesciare il governo di Damasco. I media occidentali continuano a parlare di “ribelli moderati”, ma l’evidenza è chiara, Stati Uniti ed alleati hanno sostenuto ogni singolo gruppo armato in Siria, tra cui il gruppo occidentale già noto come Jabhat al-Nusra (ora ridefinitosi “Jabhat Fatah al-Sham” nel vano tentativo di evitare i bombardamenti siriano-russi), e il gruppo orientale SIIL, che condividono lo stesso male, il settarismo.
Nonostante lo spargimento di sangue e la retorica, l’aggressione del Piano A è fallita. Il “Piano B” quindi aveva lo scopo di dividere il Paese utilizzando, in parte, ciò che gli Stati Uniti vedevano come la “carta curda”. Non importa che tale partizione sia contro i termini della risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite 2254, che riafferma il “forte impegno a sovranità, indipendenza, unità e integrità territoriale della Repubblica araba siriana” delle Nazioni Unite. Gli Stati Uniti ignorano tali sottigliezze. Tuttavia, il Piano B fallì per la coerenza delle comunità della Siria, il loro sostegno all’Esercito arabo siriano e la forte solidarietà regionale, in particolare da Iran, Russia, Hezbollah e milizia palestinese nazionalista. Anche la milizia curda della Siria si coordina con l’Esercito arabo siriano. Qualunque cosa i curdi della Siria vogliano, se messa ai voti, i siriani non sosterranno la federalizzazione che indebolirebbe il Paese verso i nemici. Col “Piano C” le forze convergerebbero di più. Lo “Stato canaglia” di Washington è un cattivo perdente. Ci sono voluti sette anni affinché Washington si ritirasse dal Vietnam, dopo aver capito di aver perso. Tuttavia la Siria ha un grande diplomatico nel presidente russo, disposto e capace di mascherare la ritirata del Nord America con “dignità”. Il Presidente Putin ha dato al presidente Obama una via d’uscita, nel settembre del 2013, nella bravata sulle false armi chimiche usate da Jabhat al-Nusra e partner. Lo smantellamento delle scorte di armi chimiche della Siria (deterrente contro Israele) impedì un “limitato” attacco missilistico degli Stati Uniti sulla Siria. Possiamo ben vedere un accordo simile in cui Putin saluta da statista Obama che contribuisce a portare la pace in Siria, permettendo a Washington di mettere la Siria “in sordina” come fece con l’Iran l’anno scorso. Naturalmente, sarà una menzogna mostruosa, ma potrebbe porre fine allo spargimento di sangue. Il cambio di regime in Turchia sarebbe certamente di aiuto a un piano del genere. Ma se Erdogan è sopravvissuto all’ammutinamento delle forze armate, la svolta strategica ed economica va contro il ruolo turco in Siria. Mente i suoi eserciti fantoccio perdono, Ankara cerca di riparare i cattivi rapporti con la Russia, mentre peggiora quelli con Washington. Erdogan, a torto o a ragione, accusa gli Stati Uniti del sostegno al tentato golpe. Qualsiasi Piano C, nei pochi mesi che restano all’amministrazione Obama, probabilmente non risolverà la questione delle campagne ideologiche e delle sanzioni economiche degli Stati Uniti contro Siria, Iran ed Hezbollah, gli avversari principali d’Israele. L’esperienza delle precedenti guerre di Washington in America Latina e Vietnam ci dice che gli Stati Uniti cercheranno di mantenere in vita i loro miti, la loro “storia ufficiale”, il più a lungo possibile.
Aleppo è la svolta finale di questo conflitto, perché, dopo la liberazione di Homs, Qusayr e Palmyra, la sconfitta distruggerà il morale dei jihadisti e dei loro mandanti. Neanche i fanatici si unirebbero a una causa chiaramente persa. Dallo scorso anno i gruppi settari sono stati costantemente respinti dalla periferia di Damasco. La capitale, con una popolazione di 7-8 milioni di persone, ha subito scarsi attacchi quest’anno. La vita di strada è molto più rilassata. Il cessate il fuoco ha “funzionato” perché i gruppi armati rimanenti (nel Ghuta orientale e a Daraya) sono sostanzialmente indeboliti e circondati. Eppure, mentre Damasco ha riguadagnato una certa sicurezza, una guerra scioccante infuriava ad Aleppo. Come al solito, i media occidentali hanno mentito incessantemente, concentrandosi esclusivamente su quella parte della città occupata dai gruppi di al-Qaida con meno di 200000 persone, tra cui un piccolo esercito di agenti dei servizi segreti di Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Turchia e Israele, e diverse ONG occidentali come i caschi bianchi. Ultimamente, piccoli gruppi di jihadisti si sono arresi, approfittando di una possibile amnistia presidenziale, mentre decine di residenti attraversano i corridoi umanitari controllati dagli eserciti siriano e russo. Quei posti di blocco sono gestiti da unità di commando, come le Forze Tigre del Generale Suhayl al-Hasan, mentre i punti di controllo devono ancora affrontare le autobombe dei jihadisti suicidi come a Palmyra. In genere, non ci sono articoli nei media occidentali sui 1,5 milioni di abitanti nell’area governativa. Ad aprile-maggio decine di persone furono uccise ad Aleppo nelle aree residenziali e negli ospedali più importanti, bombardati dai “ribelli” sostenuti dalla NATO. Furono anche ripresi sparare coi loro “cannoni inferno” dicendo “di dare addosso ai civili”. Nulla di questo è apparso nei media occidentali. Nell’aprile-maggio i caschi bianchi affermavano che attacchi aerei russi e siriani avevano distrutto l'”ospedale al-Quds“, uccidendo l’ultimo pediatra di Aleppo. In realtà, come il Dottor Nabil Antaqi e l’Aleppo Medical Association hanno sottolineato, tale impianto non era per nulla un ospedale ma una clinica di fortuna in un edificio danneggiato nella zona occupata da al-Nusra. In realtà, ci sono decine di pediatri nei principali ospedali pubblici di Aleppo.
Le bande mercenarie spararono centinaia di razzi sulla parte principale di Aleppo, gasarono le zone curde della città e hanno pubblicamente decapitato un ragazzo palestinese, ritenuto una spia dei miliziani palestinesi che combattono a fianco dell’EAS. In genere, la BBC da risalto alle pretese dei jihadisti secondo cui il dodicenne assassinato in pubblico era “un combattente”. Distorcendo i fatti fino alla fine. I media occidentali, ancora sul piede di guerra, spacciano menzogne su “tutta Aleppo” assediata, o che le cliniche da campo di al-Qaida siano i “soli ospedali” di Aleppo. Ad esempio, i media pubblici australiani riferirono: “la città siriana di Aleppo a corto di cibo, mentre le forze del regime circondano città“. In effetti, il 15 per cento della popolazione di Aleppo era assediato dall’Esercito arabo siriano. Allo stesso tempo, la Siria è assediata dalle sanzioni economiche di Stati Uniti, Unione europea e Australia. Tali storie contano meno quando vengono smentite dalle testimonianze immediate dei residenti che lasciano le zone di al-Qaida, lodando l’Esercito arabo siriano e maledendo i “moderati” tagliatori di teste filo-occidentali. I jihadisti filo-occidentali perdono e l’umore del pubblico nella regione s’inasprisce. Il capo dell’opposizione civile siriana Mustafa Qalachi (non alleato ai gruppi armati) dice che la battaglia di Aleppo “è una guerra per spezzare le ossa ai gruppi taqfiriti“. Il governo iracheno, una volta ritenuto un mero fantoccio degli Stati Uniti, ha più volte confermato la stretta collaborazione nella lotta del governo siriano contro i gruppi terroristici. L’alleanza regionale forgiata da questa guerra, Siria, Iran, Russia, Iraq, Hezbollah e milizie nazionaliste palestinesi, avrà un ruolo decisivo nel finale di partita in Siria e nella regione.
Tim Anderson è accademico e scrittore australiano. Senior Lecturer dell’Università di Sydney, indaga, scrive e insegna su sviluppo economico e umano, cooperazione internazionale, autodeterminazione e strategie di sviluppo. Il suo ultimo libro è “Terra e mezzi di sussistenza in Papua Nuova Guinea”.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora