L’Italia e l’Europa tra le Libie
di Giovanni Pucci - 02/09/2016
Fonte: voluntaseuropae
Ricostruire tutte le vicende della Libia post Gheddafi ed il suo rapporto con noi, intesi ovviamente come italiani ed europei, è un’opera improba per un articolo sul web. Per il compito che VE si propone è più utile e sensato invece enucleare pochi punti ed argomenti salienti.
IMMIGRAZIONE: Con l’accordo Ue/Turchia la rotta balcanica che permetteva l’esodo di centinaia di migliaia di individui sin nel cuore dell’Europa è stata sostanzialmente interrotta. Tale accordo, pur se continuamente attaccato dai potentissimi media, dalle associazioni immigrazioniste occidentali e dai loro padrini (Soros in primis) regge. Così se una falla, la frontiera greca, è stata arginata lo stesso non si può direi dello spazio marittimo italiano. L’Italia purtroppo recita ancora una volta il ruolo del ‘ventre del coccodrillo’ permettendo l’arrivo di quasi 150.000 immigrati africani l’anno sul nostro continente. Tutte le stime dicono che solo un’esigua minoranza (forse il 10%) di costoro ha diritto all’asilo politico. Al 30/8/16 gli sbarchi del 2016 sono stati di 107.089 unità, in larghissima parte under 30 e maschi. Seppur in lievissima diminuzione, sono numeri ferali per una popolazione che invecchia sempre più e non fa figli (problema questo comune a tutta la Ue). Va da sè che non potranno essere fatti accordi per fermare l’immigrazione (controlli dei porti di partenza e respingimenti) se non ci sarà prima un governo libico stabile e in grado di esercitare il controllo del territorio.
ENERGIA: La Libia è strategica anche per i rifornimenti di petrolio greggio. Se fino al 2010 approvvigionava mezza Ue i dati del 2014 sono comunque significativi: l’Italia e la Francia prendono rispettivamente dal Paese africano l’8% e il 5,6% delle loro importazioni. Fa quindi drizzare le antenne l’annuncio del 18 agosto della National oil corporation, la compagnia energetica libica, che dichiarava di aver avviato il primo carico di greggio dal porto di Zuitina dopo mesi di stop nonostante il tentativo armato del generale Haftar, contrario alla ripresa delle esportazioni e principale artefice della nascita di un ente petrolifero parallelo ed alternativo a quello di Tripoli ed operante in Cirenaica. I giacimenti petroliferi libici nonostante il caos imperversante nella regione da 5 anni rimangono quindi un asset fondamentale per l’Europa e in special modo per l’Italia, unica ad aver tenuto attivi i contatti e l’operatività nella zona con l’Eni per tutta la durata della guerra civile. Tali interessi economici spiegano l’attivismo dei vari players in Libia, che come sempre si muovono per interposta persona.
SERRAJ (TRIPOLITANIA)/HAFTAR (CIRENAICA): Fayez al Serraj (1960), primo ministro libico del Governo di Unità Nazionale, ovvero quello ‘ufficiale’, riconosciuto dall’Onu e supportato attivamente da Usa e Italia, è in carica dal dicembre del 2015. Controlla la parte ovest della Libia, la cosiddetta Tripolitania. Dal 1 agosto ha chiesto ed ottenuto bombardamenti statunitensi mirati su Sirte (prolungati il 2 settembre per un altro mese), ultima roccaforte dell’Isis in Tripolitania, attualmente assediata in ristretti quartieri della città. Cerca accreditamenti internazionali per compensare il deficit di credibilità interno, dovuto all’interruzione dei pagamenti degli stipendi per gli impiegati pubblici a vario titolo e i continui problemi di funzionamento dei servizi e delle infrastrutture. Khalifa Haftar (1943) è invece il generale che controlla militarmente la Cirenaica, la parte est della Libia. Formalmente sotto il Governo di Tobruk, che non gode del riconoscimento internazionale, è l’uomo dell’Egitto e della Francia nello scacchiere libico. Ultimamente dopo un raffreddamento degli entusiamsi francesi verso di lui, sembra aver cercato di compensare tale perdita di appoggi con l’avvicinamento alla Federazione Russa. Tale spaccatura nella Libia si fa ogni giorno più profonda e sembra essere il preludio alla scissione in 2 Stati separati, a parole osteggiata da tutti ma nei fatti accettata e forse unico sbocco per una situazione ormai incancrenitasi.
ISIS: Eterno spauracchio agitato ed usato ad uso e consumo. Non perchè non esista veramente (anche se quasi sempre i massacri in terra europea sono attuati da lone wolf dei quali poi il Califfato s’appropria mediaticamente) ma perchè la sua esistenza giustifica interventi stranieri e destabilizza aree che sarebbe tra gli interessi primari dell’Europa vedere invece pacificate. Un ulteriore spada nel nostro costato insomma. Numericamente piccola e sprovvista di veri armamenti pesanti, vieni continuamente rintuzzata ma mai eliminata del tutto (così in Libia come in Siria ed Iraq) nonostante si sia in piena era satellitare che permette di conoscere spostamenti, entità ed esatta posizione del nemico in tempo reale. La sua esistenza permette continui ricatti alle aree più esposte al terrorismo ovvero Europa e Paesi arabi laici e nazionali.
La conclusione è la solita: un’Europa fragile e divisa non riesce ad imporsi in uno scenario che dista poche miglia marine dalle sue coste e ne subisce quindi tutti gli effetti nefasti: immigrazione incontrollata, mancanza di rifornimenti energetici e terrorismo. Permette così all’unica superpotenza in campo di continuare a dettare la linea, anche se quest’ultima lo fa sempre più svogliatamente, preferendo lasciare tanti piccoli competitors a farsi la guerra tra loro. Se invece esistesse un’Europa unita e forte, munita necessariamente anche di un esercito comune, capace di attuare un progetto politico globale nell’area questo sarebbe nel suo interesse e in quello della Libia, così come in quello dei Paesi mediterranei stravolti dalla Primavera araba, che fu tutt’altro che un ‘risveglio democratico’ ma solo uno spregiudicato domino geopolitico volto a stravolgere gli equilibri nella regione. Ancora una volta l’unica opzione che rimane all’Europa è essere sè stessa, diffidando degli storici partner occidentali, che da sempre osteggiano una rinascita europea e non vagheggiando aiuti dalla Russia, essendo la classe dirigente di quest’ultima già abbastanza in difficoltà nel pensare a sè stessa ed ai propri problemi interni.