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Quell’ipocrita mondo dello spettacolo americano che sostiene Hillary Clinton

di Roberto Vivaldelli - 02/09/2016

Quell’ipocrita mondo dello spettacolo americano che sostiene Hillary Clinton

Fonte: Azione Culturale

E’ notizia di poche ora fa che Moby, uno dei musicisti newyorkesi più celebri e amati del pianeta, si sia schierato a favore di Hillary Clinton. Nel mirino c’è sempre lui, il temutissimo e odiatissimo Donald Trump, che il compositore ha attaccato senza mezze misureattraverso i social network. Ma è solo l’ultimo di una lunghissima di artisti che appoggiano la candidata democratica.

Insieme a lui ci sono nomi eccellenti, delle vere e proprie icone e superstar come Bruce Springsteen, Neil Young, i Queen, Adele, Miley Cirus, i Rolling Stones, più tutta una serie di attori del mondo dello spettacolo e di Hollywood come Richard Gere, Whoody Goldberg e George Clooney, che ha persino organizzato una raccolta fondi per Hillary Clinton. E’ innegabile che Donald Trump sia un provocatore, che alcune sue uscite siano spesso non condivisibili – soprattutto nei confronti dei musulmani tout court – e «politicamente scorrette»: ma è altrettanto evidente che a queste superstar della sostanza interessi gran poco o, quantomeno, il fatto di esprimere la propria simpatia per Trump comporterebbe dei grossi danni d’immagine e di popolarità, visto la l’imponente campagna mediatica senza precedenti in atto contro il tycoon repubblicano.

Fatta eccezione per i cineasti Clint Eastwood e Oliver Stone, «The Donald» è infatti inviso alla stragrande maggioranza dell’establishment del mondo dello spettacolo e della musica. Nell’opinione pubblica americana, infatti, Hillary Clinton, nonostante lo scandalo delle e-mail, è tutt’ora un candidato ritenuto comunemente e superficialmente «accettabile»: è donna, prima di tutto, è espressione del Partito Democratico ed usa dei toni consoni al politicamente corretto. Per le star, quindi, è un tutto sommato un candidato perfetto da sostenere o appoggiare. Non si pretende che artisti, assolutamente rispettabili, siano anche dei fini analisti politici ma ci si aspetterebbe, tuttavia, una maggiore lucidità e consapevolezza nelle loro prese di posizioni: vederli allineati come soldatini a sostenere l’espressione dell’establishment americano e di Wall Street fa una certa tristezza. Perché nessun artista ricorda che l’Arabia Saudita – bancomat dell’Isis e sponsor del terrorismo islamista internazionale – ha finanziato per oltre il 20% la campagna di Hillary Clinton?

Perché nessuna star ricorda il ruolo di Hillary Clinton nella destabilizzazione della Libia, quando ricopriva la carica di Segretario di Stato? O il fatto che votò a favore dello sciagurato e criminale intervento militare in Iraq? Cosa fa pensare a questi «artisti» che con Hillary Clinton, anche sul piano economico interno, gli Stati Uniti saranno un Paese più equo e giusto quando fu proprio la presidenza Clinton nel 1999 – al tempo Hillary era First Lady, ma si espresse a favore del provvedimento – a promulgare la Gramm-Leach-Bliley Act che, di fatto, ha abrogato le disposizioni del Glass-Steagall Act del 1933 che prevedevano la separazione tra attività bancaria tradizionale e le banche che fanno speculazioni, con le conseguenze drammatiche che oggi tutti conosciamo? Sono tutti dati di fatto deliberatamente ignorati, nell’attesa cheWikileaks porti a galla altre (scomode) verità. Non sono temi abbastanza rilevanti?

Se a questi artisti dell’alto ceto «democratico» statunitense tutto questo non interessa, ci risparmino questa vomitevole campagna di demonizzazione contro Donald Trump ad opera dell’establishment, di cui loro stessi sono parte integrante e, purtroppo, triste megafono e arma di propaganda – inconsapevole o meno – presso l’opinione pubblica statunitense e mondiale. Ci piacerebbe vedere tutta questa foga di manifestazioni, concerti, interviste e prese di posizioni anche contro Hillary Clinton. Non è così perché, evidentemente, in quel mondo solo le questioni formali a tenere banco e non la verità dei fatti. Ma c’è una larga fatta di americani «esclusi dalla globalizzazione» che invece alla sostanza tiene molto e un cambiamento lo reclama e il fatto che due outsider come Donald Trump e Bernie Sanders siano stati degli assoluti protagonisti in questi ultimi mesi di Primarie lo dimostra. E’ comprensibile tuttavia che una superstar miliardaria e annoiata questo possa non capirlo.