Colture a scopo energetico e ambiente - sostenibilità, diversità e conservazione del territorio
di fare verde - 06/10/2006
Si è svolto ieri a Roma un interessante convegno promosso dall'APAT su "colture a scopo energetico e ambiente - sostenibilità, diversità e conservazione del territorio".
Obiettivo del convegno era quello di affrontare i problemi legati alla promozione sul territorio italiano di coltivazioni appositamente realizzate per usi energetici.
Si tratta di coltivazioni di diverso tipo, arboree o erbacee, finalizzate alla produzione di biomassa da utilizzare direttamente per la produzione di energia (tipicamente cippato o legna da ardere) o per la produzione di biocombustibili: etanolo ottenuto dalla macerazione di piante ricche di zuccheri e carboidrati, come la barbabietola, e biodisel ottenuto dalla spremitura di piante oleose come il girasole.
A discutere delle diverse problematiche connesse alla diffusione delle colture energetiche per far fronte sia all'approvvigionamento di energia da fonti rinnovabili che al sempre più drammatico fenomeno del riscaldamento del pianeta, sono stati chiamati esponenti della comunità scientifica, rappresentanti delle Istituzioni, operatori agricoli e associazioni ambientaliste. offrendo a ciascuno la possibilità di confrontarsi, dando vita ad una riflessione organica e mutlidisciplinare.
Il convegno è stato aperto dagli interventi del direttore Generale dell'APAT Giancarlo Viglione, dal capo della segreteria tecnica del Ministero delle Politiche Agricole Riccardo Deserti e dal capo della segreteria tecnica del Ministero dell'Ambiente Fabrizio Fabbri.
Particolarmente incisivo è stato Fabrizio Fabbri quando ha sottolineato l'inadeguatezza degli obiettivi del Protocollo di Kyoto rispetto alla drammatica dimensione assunta dal riscaldamento del Pianeta. Obiettivi che l'Italia non solo non ha raggiunto, ma ha addirittura superato: +13% di emissioni rispetto all'obiettivo di riduzione del -6%.
"Di fronte a questo scenario" - ha affermato Fabbri - "occorre fare un richiamo alla responsabilità di tutti: il ricorso alle biomasse non può essere ridotto ad una scelta di convenienza economica."
Dopo gli interventi dei rappresentanti delle Istituzioni, sono iniziate le relazioni degli esponenti della comunità scientifica, divisi in tre sessioni di lavoro: "colture agro-forestali per le biomasse", "territorio e sostenibilità" e "problematiche future".
Sono state così affrontate gran parte delle problematiche e delle opportunità offerte dalla scelta strategica di impiegare una parte della superficie agricole italiana a scopi energetici.
Durante la sessione mattutina, presieduta dal prof. Fabio Caporali dell'Università degli Studi della Tuscia, è stato affrontato il tema dell'impiego di colture energetiche su terreni contaminati, utilizzando le capacità di talune specie arboree di assorbire gli agenti inquinanti ed ridurre così la contaminazione di determinati terreni, è stata valutata la sostenibilità ambientale delle coltivazioni di alberi a rapida crescita, come salici, pioppi ed eucalitti, capaci di produrre biomassa da utilizzare a scopi energetici nel giro di 2/5 anni. Sono stati, infine, esposti i rischi di invasione di specie vegetali aliene che potrebbero propagarsi a partire dalle colture energetiche.
Nella sessione pomeridiana presieduta dal prof. Angelo Frascarelli dell'Università di Perugia e consigliere per le politiche comunitarie del MiPAAF, sono stati affrontati i temi della sostenibilità economica ed ambientale delle colture energetiche con riferimento a sperimentazioni effettuate in Toscana.
Sempre nel pomeriggio, le Associazioni di categoria rappresentate da Coldiretti, Confagricoltura e Cia, hanno sottolineato la necessità di coinvolgere gli imprenditori agricoli nei processi di produzione e vendita di energia senza limitarli alla vendita di biomasse. Francesco Ciancaleoni di Coldiretti ha sottolineato in modo particolare la valenza economico-sociale che le colture energetiche possono avere in termini di nuove opportunità di reddito per gli agricoltori: una valutazione da effettuare parallelamente alle valutazioni di impatto ambientale.
Tra le associazioni ambientaliste, VAS e Fare Verde hanno concordato sulla necessità di evitare una ulteriore occasione di saccheggio ambientale ai danni del Sud del mondo causata dall'uso di biocombustibili prodotti con coltivazioni energetiche impiantate su vasta scala in Asia e America Latina: Massimo De Maio di Fare Verde ha ricordato come tra il 1985 e il 2000, l'87% della deforestazione della Malaysia è servita per fare spazio alle coltivazioni energetiche di palma da olio. L'esponente dei VAS ha sottolineato come sia insensato usare un biocombustibile che permette di rispettare i limiti di emissione imposti dal Protocollo di Kyoto in Europa, mentre causa gravissimi danni ambientali in altre parti del Pianeta.
"Alle biomasse e alle colture energetiche" - ha affermato Massimo De Maio - "non può essere applicato il modello della crescita illimitata di produzione e consumi: il ricorso alle biomasse, come qualsiasi altra fonte rinnovabile, è sostenibile e conveniente solo nel quadro di una generalizzata decrescita dei nostri consumi".
Dalle varie relazioni tecnico-scientifiche è emerso, infatti, il limite rappresentato dalla superficie agricola che si può destinare a colture energetiche senza entrare in competizione con la produzione di cibo e garantendo la sostenibilità ambientale di queste produzioni: si è parlato di terreni marginali o incolti da utilizzare per le colture energetiche, mentre in termini di sostenibilità ambientale è stata raccomandata una distanza media di 50 chilometri tra coltura e impianto di produzione energetica per limitare l'impatto ambientale del trasporto delle biomasse.
Il convegno di ieri ha confermato alcune convinzioni di Fare Verde. Ad esempio, l'idea che il ricorso alle biomasse a scopi energetici debba prevedere prima di ogni cosa l'utilizzo degli scarti, non attraverso la combustione, ma mediante la produzione di biogas con digestione anaerobica di liquami zootecnici e frazione organica dei rifiuti urbani. Tanto più che dopo la cattura di biogas resta ancora della sostanza organica da sottoporre ad ulteriori processi di compostaggio e restituire a terreni ormai fortemente degradati.
In ogni caso, per Fare Verde le colture energetiche hanno senso se sviluppate su scala ridotta in ambito regionale, evitando l'importazione di biomasse e biocarburanti dall'estero, e vanno benissimo per alimentare impianti di microgenerazione diffusa così come è stato proposto dalle associazioni degli agricoltori.