Italia, non solo nazisti. I crimini degli Alleati
di Roberto Beretta - 13/10/2006
Inglesi che sparavano sulla Croce Rossa. Francesi colpevoli di violenze su civili. Americani responsabili di saccheggi ed esecuzioni sommarie...
Dagli archivi dello Stato Maggiore un pesante elenco di violazioni del diritto bellico
Si comincia dalle «marocchinate». Così ancora si chiamano, con un certo senso dispregiativo, nei paesi dell'Italia centrale, le superstiti delle violenze dei soldati marocchini, algerini e tunisini appartenenti al Corpo di spedizione francese inviato a combattere intorno a Cassino nel maggio 1944. Gli «stupri etnici» non sono stati inventati in Bosnia. Infatti il generale Alphonse Juin promise ai suoi soldati 50 ore di impunità da qualunque crimine, sessuale o contro il patrimonio, se fossero riusciti a sfondare il fronte tedesco.
Così 600 donne, tra i 10 e i 60 anni, fecero le spese di tale belluina concezione della «preda di guerra», più altre 400 a giugno nei dintorni di Frosinone, e ancora un numero pari durante la conquista dell'isola d'Elba a metà dello stesso mese... E poi ci furono i maori neozelandesi che nel 1942 in Tunisia uccidevano a colpi di baionetta i prigionieri italiani; gli australiani che «si divertivano» a sparacchiare ai militari reclusi tra i reticolati in Libia (24 casi di morti documentate); le sentinelle indiane che riservavano lo stesso trattamento agli italiani raccolti nei campi in India; gli slavi che facevano letteralmente a pezzi gli alpini catturati in Albania o Montenegro... Tutte vicende ora raccolte dalla storica Federica Saini Fasanotti ne La gioia violata. Crimini contro gli italiani 1940-1946 (Ares, pp. 302, euro 18): un repertorio di episodi - non inediti ma forse per la prima esaminati nel loro complesso - di violazioni del diritto di guerra e umanitario nei confronti di nostri connazionali, documentate grazie all'accesso diretto all'Archivio dell'Ufficio storico dello Stato Maggiore.
Sarebbe però sbagliato e forse razzista attribuire alla sola ferocia di popoli «extracomunitari» - dunque già «barbari» secondo il sentire comune - il bilancio dei delitti bellici compiuti contro gli italiani durante l'ultima guerra. Vogliamo contare ad esempio i 10 mila italo-americani internati nei 41 campi di concentrame nto negli Usa, solo per un'ipotetica «prevenzione»? I 4000 nostri compatrioti, tra cui fuoriusciti antifascisti ed ebrei, arrestati in Inghilterra e deportati verso il Canada (qualche centinaio morì nell'affondamento delle navi da trasporto)? Oppure i 100 mila connazionali civili arrestati in Egitto e di lì trasferiti - i maschi - come forza-lavoro nell'Africa inglese (circa 1700 i morti), oppure - donne e bambini - rimpatriati dopo molti mesi trascorsi in campi di raccolta insalubri? O ancora i 100 mila italici prigionieri di guerra che vennero usati fino a tutto il 1946 come lavoratori coatti all'estero? Certo, costoro furono molto "fortunati" al confronto con i coetanei caduti nelle grinfie sanguinarie di Tito (10 mila infoibati, 350 mila profughi....); e tuttavia sono stati vittime di un intollerabile abuso del diritto bellico internazionale sottoscritto a suon di patti e convenzioni, in primis quella di Ginevra del 1929.
Val forse la pena di fermarci proprio a queste vittime «normali» delle violazioni di guerra alleate, e non tanto per fare dell'anti-atlantismo strumentale né pretendere un'equivalenza assolutoria con i contemporanei crimini di parte tedesca o sovietica; quanto per rammentare che «i buoni» vanno giudicati caso per caso e le categorie manichee non appartengono alla giustizia e nemmeno a una corretta ricostruzione storica. 64 mila, ad esempio, sono state le vittime in gran parte civili (soltanto 5 mila i militari) dei bombardamenti alleati nella Penisola, spesso effettuati - scrive la Saini Fasanotti - «contro città quasi indifese e prive di obiettivi militari di una qualche importanza», anzi dopo lo sbarco in Sicilia con intenti «terroristici e intimidatori... per accelerare prima la caduta di Mussolini e in seguito la resa del governo Badoglio». Sono calcoli che in guerra si fanno, purtroppo (andò molto peggio ai giapponesi con Hiroshima e Nagasaki, e anche agli iracheni di Baghdad), con la scusante del «male minore»; e tuttavia le aberrazioni restano.
Meno facilmente comprensibili sono le aggressioni sistematiche ai mezzi della Croce Rossa italiana: «idrovolanti di soccorso disarmati, dipinti di bianco e con le croci rosse in bella evidenza, subirono normalmente gli attacchi» dei "civilissimi" inglesi, con molti morti e feriti, così come «quasi tutte le navi-ospedale italiane subirono bombardamenti o mitragliamenti, spesso intenzionali, e 6 di esse colarono a picco». Negli archivi militari italiani sono conservati rapporti in cui si documentano ordini scritti impartiti alle truppe britanniche in Nordafrica perché non facessero prigionieri e ben noto è il caso del piroscafo inglese «Laconia», silurato nel 1942 al largo della Sierra Leone: i sorveglianti inglesi chiusero apposta le stive, causando l'annegamento di 1300 soldati italiani. Anche i militari della «Francia Libera» di De Gaulle e l'esercito greco non furono corretti verso i nostri prigionieri, rifiutando le cure ai feriti e imponendo loro durissime condizioni di internamento; oltre 3000 - su 40 mila totali - furono i nostri militari morti in campi francesi (magra consolazione: i tedeschi ebbero 250 mila decessi su 630 mila prigionieri...).
Gli stessi americani - pur accusati dagli alleati di essere troppo «deboli» nei confronti degli italiani - non portarono nello Stivale solo cioccolato e chewing gum, ma si resero colpevoli di parecchi crimini, tra cui diverse esecuzioni sommarie collettive anche di civili durante lo sbarco in Sicilia (un massacro di 73 prigionieri a Biscari, in provincia di Ragusa, fu oggetto nel dopoguerra di processo da parte della Corte marziale Usa), numerose violenze carnali in Toscana tra 1943 e 1944, saccheggi vari nelle zone della Linea Gotica, internamenti in condizioni inumane di fascisti e presunti tali; particolarmente famigerati furono i campi di Priolo (Sr), Afragola (Na), Coltano (Pi) e Bresso (Mi). Perché c'è stato un tempo, sì, in cui Guantanamo l'avemmo in casa noi.