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Mela cotogna ricordo d’infanzia

di Rocco Moliterni - 14/10/2006

Gianluca Corona Mela cotogna, 2005


La mela cotogna ha questo di bello, che al Sud pensano sia un frutto tipicamente meridionale e al Nord che invece cresca solo al di sopra di una certa latitudine. Sta di fatto che ritorna nei ricordi d’infanzia, tanto al Nord quanto al Sud, soprattutto sotto forma di cotognata, che è la marmellata che si faceva (si fa) con le mele cotogne e sembra quasi una gelatina e un tempo era confezionata anche a cubetti avvolti nella carta stagnola.

La mela cotogna è in realtà originaria dell’Asia occidentale, dove cresce spontanea. In Europa è nota sin dall’antichità e viene tuttora coltivata dove il clima non è troppo rigido. Per gli antichi greci era sacra ad Afrodite (il nome cotogna viene dal greco e significa di Cidonia, che era una località dell’isola di Creta da cui si pensava venisse la pianta), simbolo dell’amore e della fertilità. Veniva anche chiamata «chrysomelon» ovvero «pomo d’oro» e da qui nacque la credenza che le leggendarie mele d’oro che Ercole andò a recuperare nel giardino delle Esperidi fossero mele cotogne. Secondo un’antica usanza popolare la sposa doveva mangiare una mela cotogna prima di salire sul letto nuziale, affinché la prima notte fosse più gradevole o il concepimento desse figli laboriosi. Insieme alla melagrana compare anche nell’iconografia cristiana ed è simbolo di redenzione. La si riconosce facilmente per la forma tutta bitorzoluta, per il colore «brasilero» ossia giallo-verde e per la lanugine che la ricopre in parte. In verità cruda è quasi immangiabile ma cotta ha un sapore che non puoi dimenticare e che batte di gran lunga quello delle altre mele