Schopenhauer e «il ridicolo orgoglio dei francesi»
di Francesco Lamendola - 02/07/2018
Fonte: Accademia nuova Italia
Qualche anima bella, forse, è rimasta sconcertata dall’aggressività, dall’isolenza, dalla vera e propria cattiveria con cui il presidente francese Emmanuel Macron, e con lui tutto il suo staff, si sono, recentemente, scagliati contro le decisioni del governo italiano in tema di migranti, e anche contro la persona fisica del nostro ministro degli Interni, Matteo Salvini. A dir la verità, dietro le strette di mano e i sorrisi di rito, non è stato un campione di signorilità nemmeno nel ricevere il nostro capo del governo, Giuseppe Conte, in visita di Stato all’Eliseo: sarebbe bastata l’allusione alla vecchia alleanza fra Hitler e Mussolini, e il monito a non ripeterla, per far vedere che costui non è precisamente un gentiluomo, ma un bullo vestito da presidente; e anche l’affermazione che le questioni bilaterali si regolano al livello dei capi di Stato e di governo, con chiaro riferimento al ministro degli Interni italiano, è stata una cafonata dello stesso tenore: perché è stato come dire che il nostro presidente del Consiglio e il suo ministro degli Interni sono due entità diverse e aliene, che la seconda non ha nulla a che vedere con la prima, e insomma che quel che deve decidere il governo italiano è ciò che vuole lui, Macron, e non ciò che vogliono i membri del nostro governo. Se a ciò si aggiunge il fatto che, nella famosa telefonata notturna (e perché notturna, poi? per recare un disturbo intenzionale ai fastidiosi italiani?) non si era scusato affatto per le inaudite villanie proferite all’indirizzo del nostro Paese, ma si era limitato a dire di non aver mai offeso l’Italia, una mezza verità, visto che le offese le aveva lasciate dire impunemente al portavoce del suo ridicolo partito, En marche, tale Gabriel Attali, il quale aveva definito l’atteggiamento italiano verso i sedicenti profughi “cinico e vomitevole”. E questo mentre i porto francesi restano rigorosamente chiusi da un anno e la polizia francese rispedisce indietro i migranti che tentano di passare il confine, a Ventimiglia o a Bardonecchia, a manganellate, comprese le donne, i bambini e le persone gravemente malate. E che dire della nave Aquarius, costretta dal maltempo a raggiungere il porto spagnolo di Siviglia passando per le Bocche di Bonifacio, cioè a poche centinaia di metri dalle coste della Corsica? Visto che i francesi sono così buoni ed umani, mentre gli italiani sono cinici e vomitevoli, come mai l’Eliseo non ha fatto sapere che l’Aquarius poteva attraccare a Bastia, o ad Ajaccio, o magari a Marsiglia? Ma siccome tutto ciò non bastava, Macron, dopo il vertice di Parigi, ha rincarato la dose e ha definito “i populisti” e i “sovranisti”, ma in realtà parlando della Lega di Salvini, una “lebbra” che sta contagiando l’Europa; e il suo ministro agli Esteri Nathalie Loiseau, ha puntato ancora il dito contro l’Italia, dichiarando, col tono stizzito e petulante della maestrina che fa lezione, che tocca a lei farsi carico dell’accoglienza dei migranti della nave Lifeline.
Se poi si mette nel conto dei nemici e degli spregiatori dell’Italia anche un altro personaggio, molto potente nel baraccone dell’Unione europea, Pierre Moscovici, francese di origini ebraiche, che riveste il ruolo di Commissario europeo per gli affari economici e monetari, il quale non perde mai occasione per insultare e denigrare il nostro Paese, e in particolare le ultime iniziative in materia di gestione del fenomeno migranti, con una supponenza e una boria che hanno dell’inaudito, ci si potrebbe domandare, ingenuamente, cosa abbiamo fatto di male per attirarci tanto astio e tanta malevolenza da parte dei nostri “cugini” d’Oltralpe, e se, per caso, non ci sia capitato un periodo particolarmente sfortunato, con la salita nei posti chiave della politica francese di persone le quali, palesemente, non ci amano, né ci stimano. E la testata di Zidane al nostro Materazzi, ai mondiali di calcio del 2007, che avrebbe potuto essere mortale, e che fu la vendetta della nazionale francese (francese, si fa per dire: quanti francesi c’erano e ci sono, in realtà?) per il dispetto di aver perso la grande occasione? E quel che più conta, le mancate scuse e, anzi, l’invito a cena da parte del presidente Sarkozy (a festeggiare cosa, poi?), quasi che lui e gli altri avessero ben meritato dalla patria, senza una sola parola di rammarico per quell’atto inqualificabile, che avrebbe potuto avere tragiche conseguenze? Una persona normale, e non un atleta bene allenato come Materazzi, avrebbe potuto benissimo restarci secca: un colpo di testa a tutta forza contro il petto può causare senz’altro un arresto cardiaco. Per non parlare dell’esempio di “sportività” che allora fu offerto dalla nazionale di calcio transalpina, davanti a centinaia di milioni di telespettatori in tutto il mondo...
Ma, tornando a Macron, c’è un’intervista dello psichiatra Adriano Segatori, consultabile su Youtube e registrata prima della sua elezione, quando ancora era un semplice candidato alle presidenziali, nella quale lo studioso spiega quanto la personalità di un uomo come quello sia potenzialmente pericolosa. Macron è stato abusato, a quindici anni, dalla sua professoressa di liceo, che ne aveva ventiquattro più di lui, cioè trentanove, e che poi lasciò marito e tre figli per andare a vivere col suo amante-ragazzino. In termini psicologici, i bambini che sono stati abusati (perché a quindici anni si è ancora bambini, specialmente oggi e specialmente se si viene sedotti da una esperta quarantenne, la quale, nel caso specifico, era anche la sua insegnante di recitazione, il che aumentava a dismisura le sue possibilità di manipolazione dell’allievo) sviluppano un profondo desiderio di rivalsa e un bisogno compulsivo di riaffermare il loro fragile io, mediante atteggiamenti sempre più spavaldi e aggressivi, sempre più sprezzanti e provocatori (si vada a rivedere con quali aggettivi egli ha definito gli operai e i minatori in sciopero: ha usato un linguaggio che nemmeno un padrone dell’epoca di Dickens avrebbe osato permettersi), perché il loro equilibrio interiore è andato in frantumi. Fra parentesi, come osserva giustamente il professor Segatori, se la squallida vicenda di seduzione e di abuso, diciamo pure di pedofilia, da parte della professoressa Brigitte Trogneux si fosse svolta in un altro contesto sociale, diciamo in un quartiere di lavoratori, sarebbe finita con il ragazzo inserito in un corso di sostegno psicologico, e con l’insegnante dietro le sbarre di una prigione (come è capitato all’insegnante americana Mary Kay Letourneau, protagonista nel suo Paese di una vicenda di stupro quasi identica: lei trentaquattrenne, sposata con quattro figli, lui addirittura dodicenne); ma siccome è accaduta nella Parigi bene, non solo è stato perdonato, ma è stato sbandierato come una romantica vicenda d’amore, di quelle che mandano in estasi le signore femministe dei quartieri alti, perché l’idea che una donna si prenda un amante di ventiquattro anni più giovane di lei, quando è ancora un ragazzetto vergine, le fa sognare: proprio loro che se odono raccontare di una ragazzina di quindici anni che è stata abusata da un suo professore quarantenne, sposato e con figli, s’indignano, montano in furore, organizzano cortei di protesta, marce e scioperi, vanno in giro coi cartelli ed esigono la castrazione chimica del pedofilo, del pervertito, del criminale che ha attentato alla purezza di una povera verginella incapace di malizia.
Ma ora basta parlare di quella pericolosa nullità, di quello psicopatico represso di Emmanuel Macron: il problema, evidentemente, non è solo lui, ma la Francia. Abbiamo già spiegato le ragioni per le quali quel Paese rappresenta una mina vagante nelle relazioni internazionali, e, quindi, come non sia del tutto casuale il fatto che ne sia diventato presidente un pericoloso psicopatico. Gli affari sporchi della Francia in Africa (qualcuno si ricorda l’imperatore Bokassa, che si mangiava a pranzo i suoi nemici, innaffiando il pasto con Champagne sotto ghiaccio fatto venire in volo da Parigi?), dove essa ha imposto il cambio fisso del franco a una mezza dozzina di sue ex colonie, e dove continua a interferire, anche militarmente, causando instabilità e miseria in tutta l’area del Sahel, non sono stati evidenziati a sufficienza dai nostri mezzi d’informazione, rimasti a lungo in uno stato di soggezione; così come non è stato sufficientemente spiegato al popolo italiano che la criminale aggressione contro la Libia del 2011, che ha causato ulteriore instabilità e la ripresa del flusso dei migranti dai porti libici, è stata voluta soprattutto da Sarkozy per ignobili ragioni di tipo personale (Gheddafi aveva finanziato la sua campagna elettorale e bisognava far sparire le prove), oltre che dalla evidente volontà di soffiare all’Italia le forniture di petrolio e di porre definitivamente l’ipoteca francese sul Mediterraneo, a danno del nostro Paese e secondo la spartizione geopolitica dell’area europea fra Germania e Francia. A suo tempo, del resto, i nostri giornali e le nostre televisioni si erano guardati bene dallo spiegare al pubblico che l’aereo di Mattei, quasi certamente, fu abbattuto dai servizi segreti francesi per via dei legami di questi con il Fronte indipendentista algerino; così come che il Dc-9 Itavia, abbattuto nei cieli di Ustica, fu, del pari, molto probabilmente colpito dai caccia francesi, il cui obiettivo era l’aereo su cui viaggiava il colonnello Gheddafi, che avevano l’ordine di assassinare. E meno male che gli italiani, col voto del 4 marzo 2018, hanno finalmente mandato a casa questa manica di governanti servitori degli interessi stranieri: basti dire che il governo Gentiloni si stava impegnando a mandare una missione militare italiana nel Niger, per toglier le castagne dal fuoco agli amici francesi, cioè ai maggiori responsabili del disastro economico e umanitario africano, oltre che della ripresa delle ondate migratorie che si rovesciano sulle nostre coste…
A questo punto dobbiamo spostare il nostro ragionamento dai governanti francesi all’atteggiamento diffuso del popolo francese, caratterizzato da un nazionalismo esasperato e da una sorta di xenofobia nei confronti di tutti, ma specialmente dei “cugini” italiani. Chi è stato in Francia, difficilmente può non aver notato questo aspetto del carattere francese; e così pure chi ha a che fare coi francesi in Italia, per esempio nell’ambito dei servizi turistici. Fra tutti i turisti che vengono nel nostro Paese, i francesi sono i più spocchiosi, i più antipatici, nonché i più tirchi: quelli che non si vergognano di lasciare al personale degli alberghi delle mance ridicole e persino offensive. Il fatto è che la Francia non è una grande potenza economica e che l’Italia l’aveva ampiamente raggiunta e superata negli anni precedenti la crisi del 2007 (e se non l’ha eclissata anche sul piano politico, è solo perché i politici italiani, fino a ieri, hanno sempre preferito fare i luogotenenti d’interessi stranieri piuttosto che giocare in prima persona le carte della loro nazione), per cui essa stenta a reggere gli oneri di una politica da grande potenza: è come se i francesi, pur di tener in piedi il presunto asse Parigi-Berlino, dovessero sempre tenersi sulla punta dei piedi per non sfigurare troppo accanto ai tedeschi (come faceva, fisicamente, Sarkozy, davanti ai fotografi, per non apparire più basso di sua moglie, Carla Bruni). In altre parole, vogliono esibire la loro grandeur, ma hanno le pezze al culo. E di questo aspetto, francamente antipatico, oltre che ridicolo, del carattere francese, si era benissimo accorto un acuto e spassionato osservatore, Arthur Schopenahuer, che lo ha tratteggiato con spietata lucidità. Scriveva, dunque, il filosofo tedesco nei Parerga und Paralipomena (da: A. Schopenhauer, Aforismi sulla saggezza della vita, a cura di Silvia Fiorini, Santarcangelo di Romagna, Rusconi Libri, 2005, pp. 40-41):
Infatti il valore che noi diano all’opinione altrui e la nostra costante preoccupazione a questo riguardo, passano quasi ogni limite ragionevole, tanto che la nostra ansia può essere considerata come una specie di “mania” generalmente diffusa, o addirittura innata. In tutto ciò che facciamo così come in quello che non facciamo, prendiamo quasi sempre in considerazione l’opinione altrui prima di ogni altra cosa, mentre a un esame più approfondito, ci accorgeremmo che è proprio questa la causa di quasi la metà dei tormenti e delle angosce che proviamo. Ed è questa dunque la preoccupazione che risiede in fondo al nostri amor proprio, assai facile da offendere perché morbosamente sensibile, in fondo ad ogni nostra vanità e ad ogni nostra presunzione, così come ad ogni nostra millanteria ed ostentazione. Senza questo affanno e questa mania, il lusso non varrebbe la metà di quel che vale. Su di essa è basato tutto il nostro orgoglio, “punto d’onore e puntiglio”, di qualunque specie sia ed a qualunque sfera appartenga, e quanti spesso ne cadono vittime! Essa è presente nell’individuo già da fanciullo e lo segue poi in ogni stadio della vita, ma solo nell’età avanzata raggiunge tutta la sua forza, quando, una volta esaurita l’attitudine ai piaceri sessuali, la vanità, l’orgoglio e l’avarizia soli rimangono a dividersi il dominio. Un tale affanno si osserva più chiaramente tra i Francesi, fra i quali regna endemicamente e si manifesta spesso nell’ambizione più sciocca, nella vanità nazionale più ridicola, e nella millanteria più spudorata; ma le loro pretese sono vane, ed anzi li espongono alla derisione delle alte nazioni, e rendono il titolo di “grande nation” nient’altro che un nomignolo ironico.
Sì: la Francia è un problema, per l’Europa e per il mondo. E non lo sono solo i suoi governanti, ma lo è la cultura del popolo francese, imbevuta di sciovinismo oltre ogni limite. Qualcuno dovrebbe spiegargli che sia Mussolini che Hitler venivano dall’ingiusta pace di Versailles del 1919, voluta più di tutti da Parigi per ristabilire un’impossibile egemonia francese sulle macerie dell’Europa. Ora la situazione ricorda molto quella del 1919: si è creato un vuoto di potere che stuzzica i folli appetiti della Francia. La quale, ad armi pari, non reggerebbe la prova colla Germania e neppure con l’Italia.