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Centoquaranta a zero: un pugno di voti decide la spartizione dell’Iraq

di Naoki Tomasini - 18/10/2006

L’11 ottobre, in una seduta quantomai atipica del parlamento iracheno, è stata votata la legge per il federalismo. Il principio, che prevede la creazione di regioni semi-autonome in Iraq, era già incluso nella costituzione votata un anno fa, ma restavano da stabilire le modalità e i criteri per la definizione delle aree federali. Secondo un accordo raggiunto a settembre, la realizzazione del federalismo verrà comunque rimandata di 18 mesi.
 
La costituzione irachenaVoto controverso. Il New York Times scrive che la legge è passata per 140 voti a zero: tutte le parti politiche in disaccordo con la divisione del Paese hanno scelto di boicottare la seduta. Il voto segna una vittoria per gli sciiti che, al pari dei curdi nel nord, avranno una regione autonoma in 6 province del sud, e una sconfitta per i sunniti, che si ritrovano confinati nelle regioni centrali del Paese, meno ricche di petrolio. Di fatto però la divisione tra sciiti e sunniti non è stata netta, e anche l’esito del voto è stato oggetto di molte contestazioni. A favore del federalismo si sono schierati compatti i curdi e lo Sciri, il partito filo-iraniano della Rivoluzione Islamica, il partito Daawa e alcuni sostenitori dell’ex premier Allawi, mentre l’altra coalizione sciita, l’United Iraqi Alliance, era spaccata. Al boicottaggio hanno infatti aderito i gruppi sciiti vicini al leader religioso Moqtada al Sadr e un altro partito sciita, il Fadhila. Insieme a loro, hanno disertato la votazione i sunniti dell’Iraqi Accord Front e quelli del National Dialogue Council.
 
Il sunnita Saleh Al MutlaqBoicottaggio. Il rifiuto del federalismo ha unito sciiti e sunniti, iracheni religiosi e secolari che, per ragioni diverse, si sono trovati uniti in un fronte trasversale, i cui denominatori comuni sono il sentimento nazionalista e il timore che il federalismo faccia precipitare il paese nella violenza. “Ci saranno sempre più dispute per le risorse e i confini” ha dichiarato un parlamentare sunnita. “Questo voto segna il passaggio dalla guerra civile latente a quella aperta”. Alcuni gruppi sciiti hanno disertato il voto perché contrari a un federalismo basato su criteri settari e ritengono che la priorità sia la riconciliazione nazionale. Mentre il capo dello Sciri, esulta per il risultato, il capo della coalizione sunnita del Ndc, replica che i voti dello Sciri non dovrebbero nemmeno essere contati: “sono leali solo nei confronti dell’Iran” ha dichiarato. La chiave di lettura della divisione tra gli sciiti è la seguente: contrarie al federalismo sono le forze che hanno resistito all’oppressione sotto il regime di Saddam, come al Sadr e i suoi seguaci, favorevoli invece gli esuli di ritorno dall’Iran.
 
Al Hakim, capo dello SciriConteggi. A differenza del NY Times, che ha ripreso l’esito del voto senza citare contestazioni, diversi quotidiani iracheni hanno riferito risultati diversi e si sono soffermati sullo svolgimento, democraticamente discutibile, dello stesso. La questione è rilevante perché la legge è passata per un pugno di voti: ne occorrevano 138 su 275. Il quotidiano iracheno Al Mada riferisce che il presidente del Parlamento, Mashhaddani, prima del voto ha ordinato a tutti i giornalisti di lasciare l’aula e ha bloccato le comunicazioni con l’esterno. Nessun conteggio indipendente è stato possibile. La conta delle presenze è stata fatta dai dipendenti del parlamento, ognuno dei quali conta un blocco, del quale spesso è simpatizzante. “Al momento del voto tutte le mani erano alzate – ha riferito una fonte anonima -, quindi non sono state contate”.