Il miglior futuro dai semi antichi
di Valeria Ballarati - 31/10/2005
Fonte: promiseland.it
Agricoltura naturale. La debolezza dei semi è creata dalle manipolazioni dell'uomo
“Se volete parlare di agricoltura, non parliamo qui. Andiamo nei campi…”
Giuseppe Oglio è un agricoltore della Lomellina, una zona agricola nella provincia pavese dove coltiva grano, riso e farro. Da giovane era iscritto alla facoltà di agraria: voleva conoscere i metodi di coltivazione chimici e biologici. Scoprì suo malgrado che l’unica conoscenza sull’agricoltura rimasta nelle università era relativa all’utilizzo dei prodotti chimici, anche nel biologico, e decise quindi di lasciare l’ateneo per provare a fare da sè.
Quando era iscritto all’università infatti seguiva alla lettera le indicazioni date dai tecnici ma non riusciva a far nascere niente nei suoi campi: i trattamenti, costosissimi, si susseguivano senza risultati e lui si ritrovò in breve senza soldi.
Per una questione di sopravvivenza decise di fare un ultimo esperimento: piantare i semi che aveva senza ascoltare nessun altro parere. Da li a qualche anno, il cambiamento...
Lasciando crescere le piante da sole queste si curavano e si fortificavano col passare del tempo: il primo anno si ammalarono le radici, l’anno successivo toccò al fusto, l’anno dopo alle foglie e infine ai semi. L’anno successivo… più niente!
La debolezza, secondo Oglio, creata dalle manipolazioni dell’uomo sui semi e sull’ambiente per avere una qualità che avesse maggior resa e maggior profitto, era stata “curata e ripulita” nel Dna dalle piante stesse che erano ora pronte a dare nuovamente i frutti.
La sua teoria era che interagendo col terreno e l’ambiente in cui si trovano le piante ne assumono le caratteristiche energetiche e gli incroci ad opera dell’uomo, conferendo formazioni diverse dall’impronta genetica originaria, indeboliscono il chicco che così manipolato perde tutta la sua forza non sapendo più quale informazione seguire e non riconoscendo facilmente il luogo in cui vive. Gli agronomi di fronte alla perdita di energia dei semi avevano trovato come unica soluzione la concimazione, sia organica che chimica, ma questo non risolveva il problema alla base: da lì l'idea di “Laboratorio a cielo aperto”.
“Ho capito che insieme, terra, piante e uomo, se fanno bene la loro parte, diventano una potenza”.
Con pochi soldi – e poche spese – andava avanti sperando che la sua intuizione fosse giusta.
Con i metodi tradizionali inizialmente in un metro quadrato crescevano 200 spighe e a fine anno rimanevano solo i debiti. Col nuovo sistema invece - senza interventi chimici o biologici - nello stesso metro quadrato c’erano 100 spighe ma a fine anno rimanevano i semi per l’anno dopo e qualche spicciolo. Come si faceva una volta.
Nei suoi campi succedeva di tutto. I tecnici e suo padre sostenevano che il riso non sarebbe mai cresciuto in mezzo all’erba ma lui perseguiva la sua idea.
Provando a piantare un ettaro di riso in permacultura – cioè seminando a mano senza arare in mezzo all’erba e lasciandolo crescere – creò un inselvatichimento della coltura che la rese forte e rigogliosa. Era l’integrazione fra i mondi della natura vegetale, minerale ed animale: vermi, piccole alghe e ciuffi di riso verde chiaro tutti insieme, senza disturbarsi l’un l’altro.
Forte dell’osservazione che negli anni gli ha dimostrato la verità, Giuseppe ha molta fiducia in ciò che porta avanti e che applica nei suoi campi. E qualcosa di vero ci deve essere dato che alcuni medici e il CNR hanno avviato studi e sperimentazioni sui suoi risi per accertarne il carattere curativo per talune malattie.
Questo modo di fare agricoltura che va oltre il convenzionale, il biologico e il biodinamico si sta espandendo: Oglio la chiama AGRICOLTURA NATURALE.
L’utilizzo di varietà di semi antiche, le meno manipolate dell’uomo, che conservano intatto il loro patrimonio genetico - ciò che rende le colture più forti - è quello che ci prospetta. Semi antichi per un cibo sano e forte, coltivato con metodi naturali. Naturali veramente.
“Se volete parlare di agricoltura, non parliamo qui. Andiamo nei campi”.
E nei suoi campi nessun odore di sostanze chimiche, piante belle e rigogliose: un esempio di eco-sistema in equilibrio.
Riassunto dell’intervista di Lorenzo Ferrante a Giuseppe Oglio
(di Valeria Ballarati)
Speciale, Cover Story
Oltretutto – Anno III Numero 11
Settembre Ottobre Novembre 2005