In Afghanistan guerra coloniale e agonia della ragione
di Amir Madani - 30/10/2006
La notizia è breve e segue una lunga serie: si parla di 60 secondo altre fonti 70 e forse anche 90 morti civili (notate l'approssimazione delle cifre) dovuti a un raid aereo della Nato nella zona di Qandahar. I comandi Nato continuano a parlare di raid “mirati” ma visto i “danni collaterali”, ovvero la morte di civili innocenti, si capisce che si tratta di bombardamenti a tappeto. Vale a dire che per trovare un guerriero si annienta un intero villaggio. Mark Laity, rappresentante civile della Nato in Afghanistan si è detto dispiaciuto “sorry”, ma ha però tenuto a precisare che non è colpa della Nato se “i talebani continuano a usare i civili come scudi umani”, nascondendosi nelle aree abitate. | |
Decodificando il linguaggio collaterale si tratta di bombardamenti delle intere zone abitate dove si nascondono i talebani che hanno un forte radicamento sul territorio. Una tattica aerea simile alla guerra terrestre delle forze Usa, dove le forze d'occupazione dopo devastanti raid si ritirano nelle caserme blindate per non essere attaccate. Qualche giorno prima la tedesca “Bild” ha pubblicato alcune foto scrivendo di soldati tedeschi della missione Isaf che giocavano con teschi e resti umani degli afgani . Il giornale, consapevole che certi vizi macabri portano alla dipendenza, ha dato la notizia con preoccupazione. Infatti la domanda è questa: una volta tornati in patria in Europa questi “bravi ragazzi” “in missione di pace” dove troverebbero i teschi per continuare a giocare? Nei cimiteri di Parigi , Londra, Roma o Berlino? E chi ha bisogno di teschi per appagarsi non si interessa di risalire all'origine civile o etnico – culturale dei teschi. Il teschio può essere di un ebreo-cristiano-musulmano o chiunque altro. Mesi prima le agenzie stampa avevano dato notizia di carceri private che in un clima di arbitrio e mancanza di ogni forma di legalità e in assenza di una sicurezza minima, uomini ( Jonathan "Jack" Idema) più o meno vicini alla Cia e al Pentagono - ma secondo Rumsfeld privati senza un mandato- tenevano in carceri privati e torturavano i prigionieri. (vedi Pamela Constable Washington Post Foreign ServiceTuesday, August 17, 2004; Page A10 ) . Quel che sta avvenendo in Afghanistan supera ogni degenerazione immaginabile. Dalla politica post neocoloniale basata sulla promozione della democrazia formale più violenta si è passati alla corruzione esistenziale. I tre universalismi cioè il socialismo reale della era sovietica, l'islamismo di matrice talibano-wahabita e ideologie affini fino alla politica neocon dell'amministrazione Bush basata sulla promozione della democrazia formale e costruzione del consenso con l'uso della forza finalizzato a una capillare penetrazione imperiale hanno massacrato un popolo inerme, dando origine ad uno scontro di civiltà dalle conseguenze inimmaginabili. Su un scenario di interessi economici diversi, di sperimentazioni ideologiche e dalla violenza della guerra e del terrorismo, un intero popolo viene decimato. La ragione umana viene indirizzata verso la non ragione. Ma come sempre è la politica che con le sue insufficienze o errori di valutazione che determina gli assetti e i rapporti di forza, le lacerazioni e gli squilibri. La guerra in corso sta massacrando un imprecisato numero di vite civili afgane e di diverse parti del mondo –dal Marocco fino all'Indonesia. In Afghanistan c'è una situazione molta complessa, ci sono problemi di natura culturale ed irrisolti problemi storici che hanno radici nei millenni. Dietro il fenomeno taliban c'è una lettura ultraconservatrice di stampo deobandi wahabbita che è espressione di certi equilibri e la matrice di un forte desiderio di espansionismo. Saranno le dinamiche endemiche a dare origine ad eventuali cambiamenti e non un intervento armato esterno che annienta la vita dei civili. Di quegli civili afgani, lavoratori pazienti, ospitali, dignitosi e con solida memoria. Bisogna porre fine all'ipocrisia (vedi l'intervista di Salvatore Scaglione con generale Fabio Mini) e ridiscutere il mandato delle forze internazionali in Afghanistan nella sede dell'Onu e preparare un exit strategy prima di arrivare al punto di non ritorno. Va presa sul serio la minaccia di un comandante taliban che, dando voce ai sentimenti dei talebani, ha dichiarato ufficialmente di voler portare la guerra anche nelle città europee e contro i cittadini che hanno la colpa di votare i governi che invadono loro territorio massacrando donne e bambini. Nota: come tutti gli articoli pubblicati da Megachip, il testo è copyleft ma la fonte va citata. |