Zygmunt Bauman e la postmodernità
di Remo Ceserani - 02/11/2006
Se c'e' un dato sorprendente nel percorso intellettuale del sociologo
inglese di origine polacca Zygmunt Bauman questo sta nella sostituzione del
termine di postmodernita', comparso sulla copertina di parecchi suoi libri
precedenti, con quello di modernita' liquida, per distinguere questa fase
dall'epoca "solida" - caratterizzata dalla formazione delle nazioni moderne,
dalla uniformazione sociale, dall'espulsione di tutti gli elementi non
assimilabili, dall'impegno degli intellettuali che si diedero il ruolo dei
"legislatori", dalle guerre, dagli olocausti - cosa che mi ha indotto a
chiedermi se non avesse dunque ragione Romano Luperini quando proclamava
(con un suo libretto uscito da Guida nel 2005) La fine del postmoderno.
Potrebbe Luperini trovare in Bauman un appoggio per riaprire la discussione
su questa questione spinosa, che ha coinvolto tanti intellettuali italiani a
disagio nel definire "postmodernita'" il periodo storico in cui viviamo,
come e' ben documentato nel libro di Monica Jansen Il dibattito sul
postmoderno in Italia (Cesati, 2002)?
*
Tre diverse etichette per un concetto
Bauman ha spiegato molto chiaramente, in varie occasioni, i motivi della sua
insoddisfazione, per esempio lo ha fatto in una intervista a Keith Tester al
quale ha raccontato: "Negli anni Ottanta penso di non essere stato l'unico a
cercare disperatamente una nuova impalcatura cognitiva in cui la mutevole
immagine del mondo umano condiviso si inserisse meglio che in quella offerta
dal 'consenso ortodosso'. La 'postmodernita'' era una possibilita'... A me
sembrava piu' appropriata di altri 'post' disponibili".
Era una posizione in sintonia con quella di tanti altri, fra cui io stesso,
che in quel periodo cercarono di riflettere sulla proposta di definire
"postmoderna" la nostra epoca, sebbene nessuno fosse veramente contento del
termine, che veniva da architetti, scrittori, studiosi americani e da un
filosofo francese come Lyotard, autore nel 1979 del noto libro La condizione
postmoderna. Ci affannammo, allora, a tenere ben distinti i tre diversi
concetti di postmodernita': l'etichetta che cercava di individuare i
caratteri specifici di un'epoca storica, postmodernismo: che si riferiva a
movimento di idee, programmi di poetica e militanza artistica,
postmodernizzazione: il processo che vedevamo in atto nelle nostre societa'
a capitalismo avanzato. Il termine sembrava insoddisfacente perche' si
limitava semplicemente a indicare una successione temporale alla modernita'
senza riuscire pero' a definire i tratti specifici della nuova condizione
sociale. Nel corso dei decenni, peraltro, il sociologo inglese Anthony
Giddens suggeri' il termine di "tarda modernita'", gli antropologi francesi
George Balandier e Marc Auge' proposero "sur-modernita'", l'urbanista e
studioso francese dello spazio Paul Virilio "iper-modernita'", e il
sociologo tedesco Ulrich Beck indico' in "seconda modernita'" o "modernita'
riflessiva" i termini secondo lui piu' adatti. Nel contesto italiano, la
lamentela di Bauman secondo il quale "postmodernita'" e "postmodernismo"
sono stati irreparabilmente confusi, in molti casi venendo usati addirittura
come sinonimi, risultava ancora piu' giustificata.
E forse, in definitiva, le riflessioni di Bauman sono tanto piu' articolate
in quanto la biografia che gli sta alle spalle e' straodinariamente
complessa. Nato nel 1925 in una famiglia ebrea di scarsi mezzi, e' sfuggito
alle persecuzioni naziste e finito in Russia a combattere nella guerra
contro la Germania. La sua formazione si e' consumata inizialmente a
Varsavia, nel primo dopoguerra, in quell'ambiente culturale che e' stato
spesso definito come "marxismo umanistico". Lo stesso Bauman ha indicato a
piu' riprese Gramsci tra le fonti principali del suo pensiero politico, ma
il maestro dal quale gli venne l'impronta sociologica fu Stanislaw Ossowski,
l'autore di Struttura di classe e coscienza sociale (pubblicato da Einaudi
negli anni '60), che portava a nutrimento di quella formazione
metodologicamente molto aperta grandi classici tra cui Georg Simmel,
Castoriadis, Levinas, Jonas. Anche la cultura letteraria di Bauman e' assai
raffinata: richiesto da Tester quali libri egli desidererebbe avere se
relegato su un'isola deserta, a sorpresa ha risposto citando quattro testi
di narrativa: L'uomo senza qualita' di Musil, La vita: istruzioni per l'uso
di Perec, I labirinti dello spirito di Borges e Le citta' invisibili di
Calvino. Nel 1971, quando il regime stalinista intervenne pesantemente sulle
strutture accademiche polacche e comincio' a incoraggiare atteggiamenti
antisemiti, Bauman fu costretto di nuovo a emigrare e trovo' una seconda
patria in Inghilterra, divenendo professore all'universita' di Leeds. Ci
ando' ad abitare con la moglie Janina che, a differenza di lui, aveva
vissuto l'esperienza della persecuzione nazista nel ghetto di Varsavia -
come ha raccontato in alcuni bei libri autobiografici - e la cui storia ha
esercitato un forte influsso sul suo pensiero, ispirandogli le molte pagine
sui temi della dislocazione, dell'identita' e dell'estraneita', e
soprattutto il libro Modernita' e olocausto (Il Mulino, 1992), che contiene
la denuncia di alcuni caratteri fortemente negativi della modernita'.
*
Influssi dal clima anglosassone
Quanto alla collocazione di Bauman nella cultura inglese, pur assicurando
alle sue posizioni caratteri assai peculiari non e' difficile riconoscervi
la crescente presenza di quel tipico clima intellettuale montato attorno
alla rivista "Theory, Cultural and Society" e alle pubblicazioni delle case
editrici Polity Press e Sage. La sua fedelta' alla tradizione marxista ha
sempre piu' privilegiato i problemi della struttura politico-sociale e
culturale rispetto a quelli dell'organizzazione industriale e dei modi della
produzione capitalistica, e la critica piu' decisa mossa alla modernita' ha
investito l'ordine imposto alle compagini sociali, prendendo di mira
l'assimilazione delle minoranze (o l'espulsione di quelle non disposte ad
assimilarsi) nel processo di formazione degli stati nazionali; accanto a
questi problemi, quelli riguardanti il controllo della vita interiore, delle
pulsioni disordinate, della formazione individuale.
Persino l'interpretazione della Shoah risente di questa impostazione: nella
sua orribile disumanita', la persecuzione degli ebrei sotto il nazismo
rientra, per Bauman, nei fenomeni della modernita': e' un'applicazione
estrema del progetto di uniformazione sociale e di espulsione delle
comunita' non assimilabili fatto proprio da un nazionalismo parossistico.
Uno tra gli studiosi che hanno dedicato a Bauman una monografia, Peter
Beilharz, ha indicato in Foucault e nello storico marxista E. P. Thompson
due figure che lo accompagnarono in quegli anni nel passaggio da un marxismo
interessato ai modi della produzione a un marxismo piu' attento ai problemi
della sovrastruttura.
Ragionando con una certa schematicita' si puo' dire che fra i due estremi
toccati dalla interpretazione della postmodernita' - quello catastrofico che
condanna il tradimento dei grandi progetti di trasformazione sociale e
quello entusiastico che esalta le nuove possibilita' epifanizzate - Bauman
rappresenti una specie di "terza via". Viene, tra l'altro, spessimo
ricordato nei saggi raccolti in Reflexive modernization (Polity Press, 1994)
scritti a tre mani: ne sono autori il sociologo tedesco Ulrich Beck -
attento osservatore dei fenomeni della globalizzazione e teorizzatore della
"modernita' riflessiva" -, Anthony Giddens, direttore dal 1997 della London
School of Economics nonche' consigliere di Tony Blair e a suo tempo di
Clinton, e Scott Lash - americano di origine, direttore dal 1998 del "Centro
per gli studi culturali" dell'Universita' di Londra, studioso anche lui
della classe operaia inglese, poi dei problemi della nuova sociologia
post-strutturalista, di recente molto interessato alle nuove tecnologie
della comunicazione.
Pur essendo per molti versi in sintonia con loro, Bauman sembra avere una
visione sociologica e culturale piu' ampia, accentuando il distacco fra
modernita' e postmodernita'; inoltre - e sta qui per me sia l'interesse dei
suoi lavori sia la difficolta' di misurarne l'apporto alla discussione
collettiva - mi pare che dia un'interpretazione piu' ottimistica e
speranzosa della nuova condizione. Della modernita' egli accentua i tratti
di rigidita' e "solidita'", di istituzionalizzazione della morale, di
burocratizzazione e tecnicizzazione della vita sociale, perfino di
razionalizzazione (o ragionierizzazione) del male. "Se Hitler fosse uscito
vittorioso dalla guerra, le universita' avrebbero fatto a gara per avere
Eichmann tra i loro docenti di scienze manageriali" - ha detto a Tester
prendendo le distanze da Hannah Arendt. E ha aggiunto: "La ragione della
modernita' e' strumentale; puo' dire molto su come devono essere fatte le
cose, ma quasi nulla su quali cose devono essere fatte. (...) La modernita'
richiede anche di rendere il mondo 'pulito', 'trasparente', prevedibile e
dunque 'ordinato'".
Si innesta qui, su questa visione abbastanza disincantata dei grandi slanci
utopici della modernita' e sulla nuova condizione della "modernita'
liquida", il progetto forse piu' originale tra quelli rintracciabili nei
libri recenti di Bauman: il tentativo di recuperare la dimensione dell'etica
e della comunita'. Sotto il suo sguardo di sociologo, vede disgregarsi la
societa' rigidamente "individualizzata" costruita dalla modernita', per
essere sostituita da una societa' frammentata, posta sotto assedio,
insicura, incerta tra timori e speranze, liquida nel suo modo di concepire
la socialita', l'amore, la vita. Come conseguenza dello "scioglimento" della
solidita' moderna Bauman vede aprirsi all'uomo contemporaneo la possibilita'
di sostituire alla moralita' irrigidita e irreggimentata consegnata a codici
di comportamento prescrittivi una scelta etica, sia pur vissuta con
angoscia; e gli sembra inoltre possibile il recupero di una dimensione
connotata dalla fratellanza umana, contro le tendenze perniciose a costruire
steccati, cercare purezze e identita' forti, proiettare sugli stranieri e
gli extra-comunitari le proprie insicurezze.
*
Davanti a problemi irrisolti
La soluzione proposta da Bauman ai dilemmi della societa' che chiama liquida
ha un suo fascino, ma lascia irrisolti molti problemi. Uno anzitutto.
Ammettiamo che sia corretta l'ipotesi di una trasformazione, tra l'una e
l'altra fase della modernita', delle strutture sociali e culturali perlomeno
nei paesi a capitalismo avanzato; e che sia corretta l'analisi che ha posto
in rilievo alcune di quelle trasformazioni nei modi della produzione e
dell'organizzazione del lavoro, nei rapporti fra produzione e consumo, nella
rigidita' delle strutture sociali (gli Stati nazionali rispetto alla
glocalizzazione, i partiti politici rispetto ai movimenti, e cosi' via),
nella fissita' delle strutture psicologiche individuali (soggetti forti,
autocostruiti, complessi e stratificati nella propria costituzione come
voleva Freud, rispetto a soggetti deboli, disorientati, semplificati e
abituati a una vita di superficie). Ammettiamo anche che sia condivisibile
la sua analisi della rigidita' che connota le strutture dell'immaginario
tanto da modificare la percezione del tempo e della storia, consegnandoci
una diversa collocazione nei luoghi o nei non-luoghi dove si svolgono le
nostre vite. Poste tutte queste premesse, come possiamo immaginare
l'aprirsi, in una societa' siffatta, di spazi per rilanciare un'idea di
comunita' solidale e partecipata, o di una etica individuale e condivisa
fortemente responsabilizzata? C'e' davvero la speranza di mettere al centro
dei nostri dibattiti una proposta cosi' generosa, ma anche cosi' fragile?
*Remo Ceserani e' un illustre studioso e critico delle letterature, dei
linguaggi, delle ideologie, delle societa'; e' docente universitario ed
autore di rilevanti opere.
Zygmunt Bauman, illustre sociologo, intellettuale democratico, ha insegnato
a Varsavia, a Tel Aviv e Haifa, a Leeds; e' il marito di Janina Bauman.
Opere di Zygmunt Bauman: segnaliamo almeno Cultura come prassi, Il Mulino,
Bologna 1976; Modernita' e olocausto, Il Mulino, Bologna 1992, 1999; La
decadenza degli intellettuali, Bollati Boringhieri, Torino 1992; Il teatro
dell'immortalita', Il Mulino, Bologna 1995; Le sfide dell'etica,
Feltrinelli, Milano 1996; La societa' dell'incertezza, Il Mulino, Bologna;
Dentro la globalizzazione, Laterza, Roma-Bari 1999; Voglia di comunita',
Laterza, Roma-Bari 2001; Modernita' liquida, Laterza, Roma-Bari 2002;
Intervista sull'identita', Laterza, Roma-Bari 2003; La societa' sotto
assedio, Laterza, Roma-Bari 2003; Vite di scarto, Laterza, Roma-Bari 2005;
Vita liquida, Laterza, Roma-Bari 2006; L'Europa e' un'avventura, Laterza,
Roma-Bari 2006]