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La guerra in Iraq: intervista a Mahdy Akef. Un grande Paese è stato distrutto

di rredazionale - 10/11/2006

 

«Quello contro Saddam Hussein è stato un processo politico. Lui è stato un dittatore feroce che ha fatto male al suo popolo e al suo Paese. Ma non c’è paragone tra i suoi crimini e quelli che hanno commesso gli occupanti». Poco prima di mezzogiorno sono tutti a pregare, in ginocchio, con il capo che poggia sul pavimento nella sede al primo piano di un palazzo di Rodha, quartiere della classe media poco distante dal centro. L’attuale murshid, guida suprema dei Fratelli Musulmani, Mahdy Akef, come del resto tutti i membri dell’organizzazione, almeno nell’aspetto ricordano ben poco quei religiosi islamici, così come li vediamo con barbe lunghe e galabeya, le tuniche lunghe. Murshid Akef, barba bianca ben curata, pullover e pantalone blu scuro, cravatta, in questa intervista che ha concesso alla Stampa parla di Saddam ma anche dell’«incidente» di Ratisbona, delle parole del Papa e delle sue scuse, respinte al mittente. Sono le «forze del male» (Bush, Blair e i loro alleati), dice, ad avere scatenato «la guerra contro l’Islam».


Sentenza giusta. quella contro il tiranno Saddam?

«Quello che è avvenuto in Iraq è stata la distruzione di un grande Paese. Paul Bremer (capo dell’Autorità provvisoria della coalizione, ndr) ha smantellato le sue istituzioni, gli americani con i loro alleati hanno distrutto le infrastrutture, hanno ucciso, piegata l’economia a livello locale. Pari responsabilità hanno anche quegli iracheni che hanno reso possibile questa occupazione. Oggi la situazione è drammatica: i curdi nel Nord come gli sciiti al Sud hanno bisogno che la situazione rimanga così com’è e tutti convergono nel voler distruggere i sunniti solo per realizzare gli obiettivi degli occupanti. I conflitti tra sunniti, sciiti e curdi prima non esistevano, sono stati creati ad arte».

Ma Saddam doveva essere condannato?

«E’ stato un dittatore feroce, un despota, un oppressore che ha fatto del male al suo popolo e al suo Paese. Mi domando: quanti Saddam Hussein esistono al mondo? Ma quello che ha fatto lui è ben poca cosa rispetto a ciò che hanno fatto gli occupanti. Come è stato processato Saddam così devono essere processati Bush, Blair e tutti coloro che hanno collaborato con loro».

L’Iraq è condannato alla guerra civile e al caos?

«Se c’è una minima speranza di salvare l’Iraq questa è affidata al ritiro immediato degli occupanti, per consentire agli iracheni di ricostruire la loro nazione con fondamenta giuste, senza interferenze straniere».

Nelle settimane scorse alla Mecca si sono incontrati studiosi religiosi sunniti e sciiti, per tentare di arginare la guerra civile in Iraq. Qual è il suo giudizio?

«Alla Mecca sono stati ribaditi i principi basilari comuni a tutti i musulmani, sciiti o sunniti. E questi principi vietono che si sparga sangue tra musulmani. E’ stato lanciato un appello a tutti i musulmani dell’Iraq perché rimangano uniti per preservare l’indipendenza, l’unità e il benessere dei suoi territori. I Fratelli Musulmani assicurano che appoggeranno senza esitazioni il documento».

Ma in Iraq sciiti e sunniti non vanno mica d’accordo.

«I problemi e gli scontri sono figli di una strumentalizzazione politica che li ha creati artificiosamente, per calcolo. Per centinaia di anni sciiti e sunniti hanno vissuto insieme senza problemi. Lo scontro in atto è stato creato dal nemico per indebolire il popolo islamico. Nel mondo sciita ci sono 36 scuole di pensiero, 4 in quello sunnita. Per tutti è peccato lo scontro tra musulmani. Ecco perché sostengo che quelli in atto sono indotti, creati dal nemico con la complicità di alcuni musulmani».

Nelle settimane scorse, il mondo musulmano ha protestato contro Benedetto XVI, per il suo discorso a Ratisbona. Il Papa si è poi rammaricato per essere stato frainteso. Ha chiesto scusa. Incidente chiuso?

«I musulmani hanno tutto il diritto di indignarsi, protestare, rifiutare il discorso del Papa. Il modo in cui ha chiesto scusa non è accettabile, conferma la sua incapacità a comprendere l’Islam. Siamo rimasti sorpresi che il capo della Chiesa nei fatti sembra schierarsi con le “forze del male”. Comunque, non diamo importanza alle parole del Papa quanta ne diamo alla nostra condotta coerente con i principi dell’Islam».

In Europa vivono milioni di musulmani, ai quali vengono garantiti i diritti di culto...

«Erano garantiti fino all’11 settembre. Ho vissuto in Europa e sono testimone del fatto che esistevano pochi problemi, creati da minoranze estremistiche in Francia e in Germania. Ma quando Bush e la destra americana hanno lanciato l’offensiva contro i musulmani anche in Europa è iniziata la discriminazione contro di noi. Direi che la destra estremista americana guidata da George Bush ha messo casa anche in Europa».

Su quali basi è possibile un dialogo tra Islam e Occidente?

«Il dialogo si può portare avanti sul benessere umano, sulla giustizia tra i popoli, per la pace e la convivenza. Ma se questo dialogo serve per imporre opinioni precostituite allora che dialogo è? Con l’11 settembre si è parlato di guerra di crociati e Bush ha coniato il termine di fascisti islamici. L’Islam, la grande religione, paragonata al fascismo! E’ un atteggiamento criminale, quello di Bush e della destra estremista. Se finora non sono stati in grado di dare una definizione giuridica al termine “terrorismo” è per il semplice fatto che sono loro stessi terroristi».

Bin Laden ha lanciato l’offensiva contro i crociati. L’11 settembre, fino a prova contraria, è stato opera sua.

«Bin Landen è una menzogna creata da Bush. Lui è uno, non rappresenta mezzo miliardo di musulmani. Bin Laden è stato il pretesto per distruggere l’Afghanistan e l’Iraq. Una grande potenza come gli Usa non è stata in grado di scovarlo. Le “forze del male” hanno fallito anche in Afghanistan, che non accetta l’occupazione. Consideriamo quello che succede in Palestina come l’origine degli scontri tra i popoli arabi e islamici e tutte quelle forze, sia occidentali che orientali, che intendono dominare il mondo. La resistenza andrà avanti in Palestina fino a quando non sarà autonoma e indipendente, e costruirà il suo Stato su tutto il suo territorio».