Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Il diavolo brucia (effetti potenzialmente irreversibili che i processi di combustione)

Il diavolo brucia (effetti potenzialmente irreversibili che i processi di combustione)

di redazionale - 10/11/2006

 

inceneritore

Tratto dal n.5 di Ecologist. Ringrazio Roberto Pirani (Rete nazionale Rifiuti Zero) per la segnalazione!

Dovrebbe essere ormai evidente a tutti che l’attuale fase della storia umana, quella coincidente con l’era dello sviluppo industriale e con l’utilizzo sempre più massiccio e irrazionale dei combustibili fossili (prima carbone, poi petrolio e gas), volge rapidamente e inesorabilmente al termine per due ragioni, strettamente interconnesse:
l’imminente/immanente esaurimento delle risorse energetiche fossili, che l’uomo ha letteralmente dilapidato nel corso di questi due secoli;
gli effetti potenzialmente irreversibili che i processi di combustione, sempre più diffusi su tutto il pianeta, rischiano di avere sulla composizione dell’atmosfera, sul clima, sui cicli delle acque e del carbonio e sugli equilibri dei singoli ecosistemi e dell’intera biosfera.

Fra tutti gli impianti e sistemi eco-distruttivi inventati dall’uomo, gli “inceneritori di rifiuti” rappresentano il simbolo forse più perfetto (in senso negativo) di una “civiltà” dominata dalla Pulsione di Morte e di una specie vivente che, pur di estendere il proprio dominio, rischia di trasformare l’intero pianeta in una gigantesca camera a gas, in un immane forno crematorio.
E’ infatti difficile negare che gli inceneritori (il termine “termovalorizzatore” essendo frutto di un escamotage ipocrita e illegittimo, volto a convincere i cittadini circa un’inesistente resa energetica di questi impianti) sono essenzialmente grandi acceleratori entropici, che trasformano ogni giorno in cenere e gas:
milioni di tonnellate di carta, cartone e legname che potrebbero essere utilizzate ancora a lungo e che sono il dono prezioso di boschi e foreste, cioè di quel polmone verde del pianeta, substrato e fucina della vita (biodiversità), che l’uomo sta distruggendo a ritmo frenetico e insostenibile;
milioni di tonnellate di plastica e derivati, cioè di petrolio (si ricordi che un kg di PET equivale a due litri di petrolio): materiale organico che, formatosi attraverso milioni di anni di lento accumulo all’interno della crosta terrestre, siamo riusciti a consumare in pochi decenni;
migliaia di tonnellate di metalli preziosi – alluminio, cromo, ferro, piombo, nichel – che potrebbero servire a costruire biciclette, navi, treni, ponti ed utensili vari.

Ma gli inceneritori non sono soltanto all’origine di un immenso, insensato spreco di materiali preziosi: sono anche tra gli impianti industriali più inutili, nocivi e rapidamente distruttivi nei confronti dei delicati meccanismi che regolano il clima e gli ecosistemi. E l’effetto forse più temibile e meno noto di questi eco-mostri concerne proprio il loro possibile impatto distruttivo sugli organismi e sull’intera biosfera: in quello che potremmo definire un immenso esperimento di bio-trasformazione a cielo aperto.
Perché i milioni di metri cubi di gas e ceneri volanti, che escono da quei camini e contaminano il mondo vegetale e i milioni di tonnellate di ceneri di fondo, che si depositano alla base delle caldaie e devono essere “smaltiti” in immense discariche di rifiuti speciali e che inevitabilmente finiscono con il percolare nelle falde idriche, avvelenando la catena alimentare e l’intera biosfera, sono un vero e proprio concentrato di alcune tra le sostanze più tossiche che l’uomo sia mai riuscito a produrre: diossine, furani, policlorobifenili, idrocarburi policiclici e metalli pesanti, che – trasportati dalle particelle microscopiche prodotte dalla combustione – attraversano gli epiteli di rivestimento dei nostri apparati respiratorio e digerente, passano nel sangue e nella linfa, attraversano le barriere alveolare ed emato-cerebrale e penetrano attraverso le sofisticate membrane che proteggono le nostre cellule…

Ma queste non sono le uniche controindicazioni alla costruzione ed all’uso degli inceneritori che sarebbe importante conoscere e divulgare. Alle motivazioni di ordine ambientale e sanitario, si possono infatti affiancare numerose motivazioni di ordine economico e sociale. A cominciare dal semplice calcolo dei costi di produzione: visto che, cifre ufficiali alla mano, il costo di un MWh di energia in un impianto idroelettrico è valutabile intorno ai 65 euro; in un impianto eolico intorno ai 60; in un impianto a biomasse intorno a 120, mentre produrre un MWh in impianti di incenerimento di rifiuti solidi urbani con “recupero energetico” costa la bella cifra di 228 euro (senza mettere nel conto il costo di smaltimento delle ceneri e i danni incalcolabili alla salute umana)! Questo significa che ben lungi dal consentire un recupero energetico, gli inceneritori sono una fonte di immenso spreco energetico ed economico (concetto che può anche essere sintetizzato dicendo che l’energia necessaria a produrre i materiali che vengono inceneriti è circa 4 volte maggiore di quella che si può ottenere bruciandoli).

D’altro canto dovrebbe essere ormai noto a tutti che esistono strategie semplici e collaudate che permettono di organizzare una corretta filiera di trattamento dei materiali post consumo (in effetti il termine “rifiuti” dovrebbe essere utilizzato solo per gli scarti e via, via abolito), fondata sulla riduzione e razionalizzazione della produzione, sul recupero, riciclaggio e riuso di vetro, carta, legname e metalli; sul corretto trattamento dell’organico; sul processamento a freddo dell’eventuale residuo, e che non mancano le norme comunitarie
e nazionali, che almeno sulla carta, incentivano questo vero e proprio circuito virtuoso.

Dovrebbe insomma essere ormai chiaro a tutti coloro – imprenditori, economisti, politici, chimici, ingegneri, medici – che si interessano a vario titolo al problema del trattamento dei rifiuti, che non ha alcun senso bruciare tonnellate di materiali preziosi e in larga misura riutilizzabili; che una simile prassi ha costi enormi oltre a essere dannosa per l’ambiente in cui viviamo e per la nostra salute…

Eppure non è difficile capire che bruciare i rifiuti significa semplicemente trasformare materiali preziosi in gas e sostanze infinitamente più tossiche e pervasive; che gli inceneritori non risolvono il problema delle discariche, anzi le trasformano in depositi di rifiuti speciali e infinitamente più pericolosi; che gli inceneritori non possono che disincentivare la raccolta differenziata e il recupero della carta, del legname e della plastica, per il semplice fatto che senza queste sostanze, l’inceneritore non potrebbe neppure funzionare; che per ogni tonnellata di “rifiuti” inceneriti (anziché riciclati, compostati o riutilizzati) si emettono in atmosfera 450 chili di gas serra; che una corretta filiera di riciclaggio, recupero, riuso e compostaggio permetterebbe la creazione di decine di cooperative di giovani impegnati in un servizio al tempo stesso utile sul piano ecologico e sanitario, redditizio sul piano economico e persino educativo per se stessi e per l’intera comunità.

Stando così le cose appaiono più chiari i motivi che ci hanno spinto a proporre gli inceneritori a simbolo negativo di una civiltà fondata sulla distruzione sistematica della Natura. Gli inceneritori rappresentano davvero il tetro simbolo di un sistema: perché ciò che accomuna la gran parte delle nostre attuali modalità di sfruttamento delle risorse energetiche è appunto che si tratta di cicli aperti, cioè di non-cicli, che consumano energia e materia relativamente organizzata e liberano – al termine del processo – calore e sostanze tossiche che si disperdono nell’atmosfera, inquinandola in modo potenzialmente irreversibile.

E in questo contesto dovrebbe apparire più comprensibile anche il titolo “teologico” che abbiamo scelto di dare al nostro pezzo e che riecheggia una celebre frase di Paul Connett, un noto professore di biochimica americano, che da anni gira il mondo nelle vesti di profeta di una società zero-waste. Affermare che il diavolo e l’uomo da lui asservito o irretito bruciano, allontanandosi dal modello naturale e/o divino significa infatti asserire in modo semplice e chiaro:
che ogni forma di combustione, attuata su scala planetaria, si rivela rapidamente insostenibile e biocida e che, in particolare, la pratica di trasformare enormi quantità di materiali preziosi (metalli, carta, legname, vetro) in rifiuti, per poi dis-integrarli per combustione è prassi antieconomica e insostenibile sul piano del consumo di risorse; del dissesto climatico; dell’inquinamento e dell’impatto ambientale e sanitario (produzione e inevitabile dispersione nell’ambiente, bioaccumulo e biomagnificazione attraverso la catena alimentare di diossine, furani, policlorobifenili, metalli pesanti);
che diviene di giorno in giorno più urgente e necessaria una ri-conversione del sistema produttivo e commerciale globale, che non può che derivare da una ancora più radicale conversione culturale/spirituale: perché in assenza di una profonda ed autocritica presa di coscienza collettiva, è veramente difficile immaginare che l’umanità decida di tornare nel giro di alcuni anni/decenni ad un modello/sistema fondato su un utilizzo responsabile e parsimonioso (il risparmio energetico rappresenta la vera chiave di volta di questa che potremmo veramente definire Rivoluzione Verde) dell’energia che ricaviamo dalla materia (che deve essere rinnovabile ed a ciclo eminentemente chiuso) e da quella fonte praticamente inesauribile e “pulita” che è il sole.