Leggendaria Atlantide. "Dalla catastrofe al mito"
di Luca Lionello Rimbotti - 15/11/2006
T
ra l’Europa ele Americhe,
un po’ dappertutto
esiste
la tradizione
di uno
spaventoso
diluvio scatenatosi in epoche preistoriche,
con annessa rovina di continenti
e distruzione di moltitudini
umane. Ad esempio, se i Toltechi
dicevano di discendere da un capostipite
di nome Atlan giunto da
Oriente, il codice atzeco chiamato
"Storia dei Soli" descrive una poderosa
catastrofe avvenuta in un remoto
passato, mentre il libro sacro dei
Maya - risalente a 3.400 anni fa e
conservato al British Museum di
Londra - parla di terribili terremoti e
inabissamenti di terre. Allo stesso
modo, nelle Antille e nei Caraibi vi
sono tradizioni legate a vasti territori
sommersi in epoche antiche. Non
basta: il famoso
testo chiamato
"Popol-Vuh" parla
anch’esso di favolose
inondazioni e tra
gli Indiani d’America
esistono racconti
legati a un diluvio, a
una zattera in cui il
padre di una tribù si
rifugiò salvando la
propria famiglia
insieme a tutti gli
animali… Erodoto e
Sallustio narrano
inoltre di tradizioni
berbere e libiche in
cui si parla di gigantesche
eruzioni vulcaniche
e di terre
sommerse a Oriente.
La conosciuta saga
sumera di Gilgamesh,
risalente al
XXVI secolo avanti
Cristo, racconta di
un diluvio, di un’arca
di salvezza per
pochi scampati, di sconvolgimenti
tellurici. È questo
uno dei testi da cui la Bibbia
- molto più tardi - attinse
a piene mani, con le sue
storie sul diluvio universale
e sul paradiso terrestre…
In Egitto, poi, in epoca storica
si ricordavano mitiche
migrazioni di popoli in
fuga dall’Ovest: ed è proprio
questa tradizione,
custodita dai sacerdoti di
Sais, che venne all’orecchio
di Solone, venendo
riportata dai celebri dialoghi
platonici Timeo e Crizia,
in cui si descrivono
minutamente la storia e
l’assetto sociale di Atlantide.
Un continente situato al
di là delle Colonne d’Ercole e sprofondato
in seguito a un immane
cataclisma.
In Grecia tutto questo materiale
ebbe risonanza particolare. Le feste
Panatenee traevano origine da
migrazioni preistoriche dalla zona
dell’Atlantico e stesso soggetto aveva
l’immagine figurata sul peplo di
Atena, in cui si rappresentava la
guerra degli Ateniesi contro gli
Atlantidèi provenienti da una terra
situata al di là dell’Africa occidentale…
E il mito di Deucalione, poi: è
la storia del figlio di Prometeo e
progenitore dell’uomo che scampò a
un diluvio imbarcandosi su un’arca
con la moglie Pirra… E anche da
questa storia ancestrale attinse la
Bibbia. Ma in Atene si celebravano
anche le feste Idroforie, durante le
quali si versavano delle brocche
d’acqua da un precipizio prossimo
al tempio di Giove Olimpico, ripetendo
ritualmente il mitico deflusso
delle acque diluviali che in un’epoca
remota avevano colpito la Grecia.
Forse, come i miti dei Titani e delle
Gigantomachie, era il ricordo dell’esplosione
dell’isola di Santorini e
delle inondazioni seguitene, evento
avvenuto in epoca protostorica
(intorno al 1.700 a. C.) e di cui esistono
prove scientifiche; ma, forse,
come molti pensano, era la traccia
memoriale di convulsioni geologiche
avvenute molto più indietro nel
tempo… Ma non occorre continuare.
Le testimonianze antiche sono innumerevoli
Nei secoli, intorno a questa materia
impressionante sono fiorite centinaia
di speculazioni. Studi seri, cartografie
ragionate, ipotesi scientifiche si
sono mescolati a fantasie, a storie
romanzate, a mirabolanti utopie.
Ciononostante, non solo Platone, ma
anche grandi studiosi vissuti in secoli
a noi più vicini, come il filosofo
Bacone o il naturalista Buffon,
mostrarono di credere all’esistenza
di Atlantide: un’isola intermedia tra
Europa e America, terra di ricchezze
favolose, in cui gli uomini vivevano
felici in un passato incalcolabile. E
dove vigeva un sistema di convivenza
politica perfetto, gerarchicamente
ordinato e di sublime armonia. È
evidente che, se così tante culture
geograficamente distanti tra di loro
riportano racconti così simili su
avvenimenti di un lontanissimo passato,
con dettagli che non di rado
coincidono alla perfezione, probabilmente
si tratta del ricordo di un trauma
collettivo veramente vissuto in
un ciclo storico precedente. E allora,
come sempre accade al mito, si tratta
di risalire agli eventi da cui esso è
scaturito. Poiché sappiamo che il
mito non è mai invenzione, ma rielaborazione
immaginale di avvenimenti
primordiali realmente accaduti,
sprofondati nell’inconscio collettivo
con la forza occulta di un’impronta
indelebile.
Nel mondo moderno, il rilancio del
mito di Atlantide è stato un appannaggio,
non esclusivo, ma speciale,
degli esoteristi. A cominciare da
madame Blavatksy, pioniera di quel
filone di storia parallela in cui mito,
fantasia e reperti oggettivi si sono
accavallati, sfociando infine in un
vero e proprio sistema ideologico. È
stata lei la vera elaboratrice moderna
di Atlantide come mito razziale. L’epos
di una stirpe ancestrale dominatrice,
signora di un regno potente e
avanzato, travolta da sommovimenti
tellurici di portata epocale, che potevano
essere associati soltanto alla
memoria dell’Atlantide perduta. C’è
poi chi, studiando i movimenti preistorici
dei popoli, ha ravvisato sorprendenti
coincidenze. L’improvvisa
comparsa dell’uomo di Cro-
Magnon, ad esempio, avvenuta
intorno a ventimila anni fa e coincisa
con la fine del periodo glaciale, è
stata messa in relazione con i rivolgimenti
legati al grande diluvio.
E singolare è apparso che questo
antropoide superiore - immediato
antecedente del tipo europoide - sia
apparso per lo più lungo la fascia
atlantica dell’Europa e dell’Africa
settentrionale, in quell’era oscura in
cui - come scrisse Demetrio
Merezkovski - «un
nuovo astro sorge improvvisamente
da dietro l’Atlantico,
illuminando coi
suoi raggi la notte glaciale
dell’Europa». È un fatto
provato che ci fu una
migrazione dei Cro-
Magnon da Gibilterra verso
il Mediterraneo orientale:
e poteva essere l’avanguardia
dei "popoli
rossi", come gli Egiziani,
i Libici, gli Iberici. O forse
si trattava dei "popoli
del mare" di cui parlano
le antiche cronache, come
di popoli provenienti dall’estremo
Occidente. O
forse come i Fenici - i
rossi di pelle", come venivano chiamati
dai Greci -, secondo modi che
vediamo rappresentati nelle pitture
murali cretesi o egizie, così simili a
quelle maya e azteche. Ma forse
relitto atlantidèo sono anche i
Baschi, la cui lingua è un reperto
preistorico. E poi, consideriamo l’uso
del culto taurino che accomuna il
bisonte glaciale dei Cro-Magnon al
toro presente nella città maya di
Palenque, i re di Atlantide che,
secondo Platone, bevevano il sangue
toro sacrificale, e il toro che rapisce
Europa, che il mito greco chiama
fenicio", cioè phoinix, che in greco
significa, per l’appunto, "rosso": una
comunanza di razze atlantidèe, in
fuga dalla rovina del loro continente
insediatesi lungo l’area atlantica e
mediterranea, in qualità di fondatrici
delle più arcaiche civiltà?
Ancora un passo, e nel Novecento
tutto questo dramma di popoli e di
terre diventerà il fondamento ideologico
del mito ariano, legato alla comparsa
nella storia di una razza privilegiata,
scampata ai ghiacci preistorici
all’inabissarsi di Atlantide.
(
Continua)