Cina, il gigante malato
di Luca Galassi - 20/11/2006
I medici scalzi. Una volta c'erano quelli che venivano chiamati 'i medici scalzi', orgoglio e vanto di un sistema che forniva un trattamento medico, seppur rudimentale, gratuito e per tutti. Solitamente laureati di fresco, i dottori dell'epoca maoista, specializzati nel primo soccorso, erano destinati alle comuni agricole, specialmente alle risaie, dove dovevano muoversi, appunto, scalzi. Correvano per i piccoli villaggi delle campagne portando assistenza ai malati, eseguendo esami prenatali alle donne incinte, aggiustando fratture o curando raffreddori. Si stimò che arrivarono a raggiungere addirittura il milione. Tale servizio, sostanzialmente gratuito, ha consentito alla Cina di eradicare le malattie trasmesse per via sessuale e raddoppiato l'aspettativa di vita: da 35 a 65 anni, nel periodo che va dal 1949 alla metà degli anni Settanta, secondo quanto riporta uno studio del New England Journal of Medicine. Ma negli anni Ottanta, il Paese cominciò ad abbracciare il regime economico capitalista, e i contadini furono costretti a sborsare dalle loro già lacere tasche il denaro per le spese mediche. Allo stesso tempo, con il trasferimento di medici, professionisti, competenze e finanze nelle città, le casse delle municipalità locali, sempre più deprivate di fondi statali, dovettero tagliare i sussidi agli ospedali di campagna, che divennero di fatto semi-privati. Gli operatori del settore sanitario non si domandavano più quanti bambini avrebbero potuto essere vaccinati contro la tubercolosi (una malattia che in Cina colpisce 1.5 milioni di bambini all'anno, in special modo nelle campagne), ma quanto potevano essere massimizzati i profitti delle strutture ospedaliere.
Viaggio in un sistema sanitario al collasso dopo l'avvento del capitalismo nel Celeste Impero
Progetto-tampone. Per cercare di rendere più accessibili le cure mediche, il governo ha avviato un programma 'cooperativo' per le aree rurali che prevede un contributo individuale di 80 centesimi di euro all'anno, da destinarsi a una cassa comune. Il programma non sarà pienamente operativo prima del 2010, ma molti già dubitano della sua efficacia. Copertura limitata al 30 per cento degli abitanti - dicono i detrattori - e programma a rischio corruzione. Secondo Cai Renhua, dell'Istituto per l'Economia sanitaria cinese, i contadini potrebbero anche contribuire al fondo, ma solo se venissero funzionari da Pechino a raccogliere il denaro, perché la autorità locali sono già abbastanza corrotte, e di loro ormai pochi si fidano ancora. Tuttavia, per due anni gli esperti dell'università di Pechino, dell'Accademia delle Scienze Sociali, del ministero della Salute e dell'Ambiente hanno sottoposto il programma a un campione rappresentativo di 70 mila contadini, la cui spesa sanitaria si è effettivamente ridotta dall'89 per cento del 2003 al 65 per cento del 2004.
Enfasi sul profitto. Il governo di Hu Jintao aveva fatto dell'incremento degli standard di vita nelle campagne una priorità assoluta. L'opinione di chi ha considerato sin dall'inizio le parole del presidente cinese come uno sterile proclama è stata suffragata dai fatti. L'aumento di malattie come epatite e tubercolosi, ma soprattutto la vulnerabilità della popolazione di fronte a epidemie come quella della Sars sono lo specchio di un fallimento che ha prodotto perniciosi effetti non solo nella sanità, ma anche nel welfare: milioni di contadini cinesi sanno che, se costretti a curarsi, dovranno rinunciare a sposarsi, o a istruirsi, o addirittura a mangiare. Da quando la Cina post-comunista ha deciso di porre l'enfasi sul profitto, gli specialisti più esperti e ambiziosi hanno abbandonato le campagne, lasciando i contadini alla mercé di medici improvvisati o di ciarlatani senza alcuna qualifica, venditori ambulanti di medicine contraffatte o prescritte impropriamente. Impossibilitati a ricorrere a cure mediche adeguate, i contadini malati comprano qualsiasi farmaco credano idoneo ad alleviare le loro sofferenze, incorrendo in peggioramenti del loro stato di salute o - se la malattia è trasmissibile - in quello di altri. E una volta che uno degli 800 milioni di residenti nelle campagne si ammala, i suoi cari devono affrontare una duplice sventura: un capofamiglia debilitato e spese mediche abbastanza salate da mandare in rovina l'intera famiglia.
Sperequazione sanitaria. Secondo l'ultima ricerca condotta dal ministero della Salute, nel 2003, per un residente nelle zone rurali del Paese, dei 260 euro di reddito annuale, 218 euro se ne sono andati in spese mediche. Il 73 per cento di coloro che avrebbero dovuto intraprendere una terapia non l'ha fatto a causa dei costi troppo elevati del trattamento. Tale percentuale è il 64 per cento nelle aree urbane. Quasi il 90 percento della popolazione rurale non ha assicurazione sanitaria. Scende al 60 percento nelle città. L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) stima che, dal 1980 al 2004, la quota del governo sul totale della spesa sanitaria è diminuita dal 40 percento al 16 per cento. Negli Usa è il 44 percento, in Thailandia il 56, in Australia il 66 e in Giappone l'85 percento. Due terzi di tale somma vengono investiti in Cina nelle aree urbane, che coprono un terzo della popolazione complessiva. Pur essendo la quarta economia del mondo, la Cina figura al 188 posto, su 191 Paesi membri, nella classifica dell'Oms sull'equa distribuzione delle risorse destinate alla sanità. Quanto costerebbe alla Cina un nuovo sistema sanitario, accessibile a tutti? Dai 15 ai 20 miliardi di euro, pari all'1-1,5 percento del prodotto nazionale lordo, secondo Ge Yanfeng, funzionario del Centro statale per la ricerca e lo sviluppo.