Farmaci: troppi gli studi sui bambini non pubblicati
di Sergio Cima - 22/11/2006
Meno della metà delle ricerche sui farmaci per i piccoli arriva sulle riviste |
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Gli ostacoli. Le ditte farmaceutiche non richiedono la licenza d’uso dei loro prodotti nei bambini per due motivi: organizzare studio clinici sulla popolazione pediatria è oggettivamente difficile e in più non è redditizio. Cosa fare? L’attuale legislazione italiana ed europea consente ai medici di prescrivere farmaci non registrati per l’uso nella popolazione pediatrica, non precludendo al medico la possibilità di avvalersi del miglior trattamento nell’interesse del paziente. Tanto meno lo rendono imputabile di non aver aderito alle restrizioni d’uso riportate nella scheda tecnica e nel foglietto illustrativo. Al contrario, il curante può essere accusato di negligenza se nega al malato un farmaco potenzialmente utile solo in base al fatto che l’indicazione non era inclusa nei termini della licenza. Questo però significa che il medico si trova tra le mani un farmaco potenzialmente efficace, ma non conosce con precisione modalità d’uso, dose e tempi di somministrazione sui pazienti più piccoli. Nuove direttive. Per migliorare questa situazione svantaggiosa per i bambini la Food and Drug Administration (FDA) prima, e la European Medicines Evaluation Agency (EMEA) poi, hanno emanato specifiche direttive per la registrazione dei farmaci di possibile utilizzo nei più piccoli: da almeno 10 anni viene richiesta un’adeguata documentazione di efficacia, la commercializzazione di apposite formulazioni e un accurato dosaggio pediatrico. Queste misure hanno così fatto aumentare il numero delle sperimentazioni anche sui minori, ma i risultati di questi studi troppo spesso non vengono pubblicati. Alla Duke University hanno constatato che su 253 ricerche effettuate tra il 1998 e il 2004 sull’uso nei bimbi di antibiotici, farmaci antidolorifici, antiallergici o immunologici, farmaci di interesse neurologico, cardiovascolare, gastroenterico, endocrino e oncologico, meno della metà è stato pubblicato su riviste scientifiche. Via libera ai dati che allargano il mercato. Eppure si trattava di risultati importanti: nella metà degli studi è stata valutata l’efficacia dei preparati, in un terzo i dosaggi e la farmacocinetica, e nel 17 per cento la sicurezza. Nella metà dei casi (127 studi), i risultati hanno portato a modificazioni delle indicazioni o della posologia dei farmaci. In particolare hanno avuto via libera i dati che avrebbero garantito un allargamento delle indicazioni e quindi del mercato potenziale, mentre sono rimasti nel cassetto gli studi che hanno dimostrato la necessità di limitare i dosaggi o addirittura che sconsigliavano l’uso di una sostanza. Una distorsione destinata a durare almeno finché i produttori di farmaci, che di norma conducono le sperimentazioni, saranno anche gli unici a poter decidere se i dati sono meritevoli di pubblicazione. |