Destra-Sinistra, una dicotomia stanca (intervista)
di Alain de Benoist/Gruppo Opìfice - 25/11/2006
Alain de Benoist. Non ho ben compreso la domanda. La destra non mi è mai sembrata particolarmente portata al « mimetismo ideologico » o all'« infiltrazione ». In compenso si è talvolta sostenuto che la contestazione della dicotomia destra-sinistra sarebbe caratteristica di una mentalità di destra! Tuttavia, ciò non è vero in special modo oggi, dato che tale contestazione è egualmente avanzata da sinistra. Ad ogni modo, bisogna finirla con i processi alle intenzioni. O il dualismo sinistra-destra è pertinente all'analisi delle posizioni presenti nel campo politico, o non lo è. Ora, tutto dimostra che tale distinzione non è oggi più operativa. Tutti i grandi problemi apparsi negli anni recenti, sia che si tratti della costruzione dell'Europa, della guerra in Iraq o in Kosovo, delle relazioni transatlantiche, ecc., hanno concretamente rimodellato divergenze che mal si adattano al modello semplicistico destra-sinistra (vi sono a destra così come a sinistra dei partigiani per la guerra in Iraq, a destra come a sinistra degli avversatori di tale guerra, ecc.). La distinzione sinistra-destra è apparsa con la modernità, e con essa cessa di esistere. Gruppo Opìfice. Uno dei luoghi politici di più incerta identità (ed al contempo di maggior peso nella crisi della dicotomia) è quello conservatore. Secondo la tesi di Antony Giddens, il conservatorismo – se associato alla sua veste classica ed alla sua etichetta destrorsa – al giorno d'oggi si troverebbe in posizione estremamente contradittoria: sposando appieno la logica liberista, la destra classica avrebbe minato le base della conservazione stessa, introducendo l'elemento disgregante dell'economia di mercato e facendone paradigma dominante. Il sistema economico liberista, orientato al verbo di continuo sviluppo e del progresso, è per sua natura la maggiore forza in grado di distruggere le sensibilità tradizionali alle quali la destra si richiamerebbe sul piano morale. L'attacamento ai valori della « famiglia » o della « patria » sarebbe dunque soltanto un retaggio culturale passato, utile soltanto in termini di consenso politico, e difesa secondo una logica «fondamentalista». Di contro, ad assumere i connotati di una conservazione sarebbe ciò che rimane degli scenari socialisti, avvezzi ad una seppur tenue difesa dei baluardi dello stato sociale. Qual'è la Sua opinione in merito? E' inoltre a Suo avviso ancora ed altrettanto efficace il binomio conservazione/progresso per delineare lo scenario politico futuro? Alain de Benoist. Sono dell'avviso di Antony Giddens: aderendo alla logica del mercato, i conservatori hanno messo il dito in un ingranaggio il cui principale risultato è la distruzione di tutto ciò che vorrebbero conservare. Vi è comunque da ricordare che la parola « conservatore » è piuttosto ambigua, in quanto non riveste lo stesso significato in tutte le realtà geografiche/politiche. In Germania e nei paesi anglosassoni, i «conservatori» costituiscono da lungo tempo una famiglia politica che si designa essa stessa con questo termine, attribuendo dunque ad esso un senso positivo. In Francia, viceversa, il termine ha acquisito da tempo una dimensione intrinsecamente negativa, pertanto nessun'uomo politico si qualifica personalmente come «conservatore». Gruppo Opìfice. Da più parti è ormai ritenuta quasi retorica la contrapposizione tra sinistra e destra. Non si riesce tuttavia a superare in « toto » questo falso dualismo per via del fatto che continuano ad esistere movimenti e partiti che a queste categorie fanno riferimento. Esse pertanto, nonostante siano minate tanto dall'esterno quanto ormai anche dall'interno, assumono un ruolo comunque centrale nella dialettica politica e metapolitica. A questo punto, potrebbe essere utile – in chiave metapolitica – appoggiarsi ad essi ed eventualmente ricercare al loro interno personalità da coinvolgere nell'attività metapolitica? Diversamente non si rischierebbe di spingere l'azione metapolitica e/o non conforme, fuori dai canoni del fruire politico, che rimane nonostante tutto il campo principale in cui ci si gioca una forte visibilità? Alain de Benoist. La risposta a tale questione è contenuta nel fatto che un numero sempre maggiore di cittadini prende le distanze dai partiti « di destra » e « di sinistra », poiché essi non riescono più a definire ciò che li distingue o più semplicemente perché essi stessi non vi si riconoscono più. Questa è la principale causa di quella che è chiamata “crisi della rappresentatività”. I grandi partiti rappresentano esclusivamente se stessi, e i cittadini scoprono la vera vita altrove. Nasce dunque una questione riguardo a forme alternative che possono aver luogo nella realtà politica (e non soltanto metapolitica). Riguardo a questo punto, il mio pensiero non è cambiato : le iniziative politiche devono esser prese, simultaneamente, in primo luogo sul piano locale, in modo da rianimare il legame sociale e da creare nuovi spazi pubblici ad un livello più vicino alla gente, in seguito sul piano sovranazionale, il solo in grado di far fronte alle sfide planetarie attuali, con l'obbiettivo di regolare la globalizzazione e lavorare per l'avvento di un mondo decisamente multipolare. |