Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Noi esseri umani, così uguali e così diversi

Noi esseri umani, così uguali e così diversi

di Pietro Greco - 27/11/2006



LA VARIABILITÀ del genoma umano tra individuo e individuo è molto alta, più di quanto si prevedesse. Può infatti interessare il 12% del Dna, secondo un nuovo studio pubblicato da «Nature»

La diversità è il primo motore dell’evoluzione biologica. In ogni specie vivente non esiste un singolo individuo esattamente simile a un altro. Ciò vale anche per l’uomo. Ciascuno di noi è diverso da ogni altro. Persino due gemelli omozigoti non sono del tutto identici tra loro. La diversità tra gli individui dipende dalla storia, unica e irripetibile, che ciascuno di noi vive. Ma è anche strutturale, dipende cioè dal nostro codice genetico. Non c’è infatti un solo filamento di Dna umano uguale a un altro.
Ma quante sono le differenze genetiche tra noi? Non possono essere molte, si pensava. D’altra parte anche gli studi più recenti ci dicono che tra gli uomini le differenze nel Dna riguardano non più di 10 milioni di basi. Tutti, ormai, sappiamo che il nostro Dna è composta da una sequenza di 3 miliardi di quattro diverse unità che i biochimici chiamano basi nucleotidiche. Una differenza di 10 milioni su una sequenza di 3 miliardi di basi significa che la diversità genetica tra gli uomini non supera lo 0,3% del Dna.
In realtà, la fonte genetica della variabilità umana è molto più articolata. E le differenze, anche a livello strutturale, possono essere molto maggiori. Ce ne hanno dato una plastica dimostrazione Richard Redon, del Wellcome Trust Sanger Institute di Cambridge, Gran Bretagna, e un gruppo di suoi collaboratori sparsi per il mondo, quando giovedì scorso sulla rivista Nature hanno pubblicato un articolo sulla «variazione globale del numero di copie del genoma umano» dove è possibile constatare che le parti variabili possono interessare anche il 12% del genoma umano. Nello stesso giorno è stato pubblicato online da Nature Genetics un articolo sullo stesso argomento.
La notizia ha catturato l’attenzione sia dei media che degli specialisti: nessuno si attendeva che la fonte genetica della diversità umana fosse così estesa. Ciò non significa, tuttavia, che il mio genoma differisce per il 12% da quello del lettore di questo articolo. Il genoma di un uomo e il genoma di uno scimpanzé differiscono per meno dell’1%: e ciò è sufficiente a determinare differenze insormontabili tra gli individui dell’una e dell’altra specie.
E, allora, cosa significano queste percentuali? Beh, per rispondere dobbiamo ricordare che esistono vari livelli ove si esplica la diversità genetica o, se volete, il polimorfismo tra gli individui di una specie. C’è il livello dei cromosomi, ovvero del modo in cui il Dna si organizza in una cellula. A livello di cromosomi, per esempio, le differenze tra uomo e scimpanzé sono superiori al 4%: noi infatti abbiamo 23 coppie di cromosomi, lo scimpanzé 24.
C’è poi il polimorfismo a livello di geni. Noi abbiamo oltre 22.000 geni che svolgono attività funzionali diverse. Sappiamo che ci sono geni responsabili della formazione del cervello, collocati nel Dna in un luogo diverso dal gene responsabile del colore degli occhi. Ma sappiamo anche che ci sono geni diversi responsabili del colore degli occhi situati nel medesimo locus. Questi geni diversi che esplicano una medesima funzione sono detti alleli. Gli alleli costituiscono una grande fonte di diversità tra gli individui.
C’è infine il polimorfismo a livello del singolo nucleotide, ovvero della singola base di Dna. A causa di mutazioni, le singole unità nel Dna di individui diversi possono variare. La gran parte di queste mutazioni non producono effetti. Altre singole mutazioni possono avere effetti rovinosi e provocare gravi malattie. È nel polimorfismo del singolo nucleotide che il Dna di due membri della specie umana non differisce per più dello 0,3%.
Tuttavia è possibile individuare nel Dna anche lunghe sequenze, composta da decine o centinaia di migliaia di unità nucleotidiche, che possono o meno includere dei geni. È di queste sequenze, chiamate varianti nel numero di copie (CNV) che si sono interessati i ricercatori, studiando il Dna di 270 persone europee, asiatiche e africane nell’ambito dell’International HapMap Project. I CNV possono presentarsi in maniera diversa nel Dna di individui diversi. Talvolta le copie di CNV sono ridondanti, qualche altra mancano del tutto. Qualche volta queste differenze non provocano effetti sull’organismo, talaltra generano malattie. Il gruppo ha verificato che su circa 26.000 CNV diversi, le variazioni sono state 1.447. Ciò significa che i luoghi potenziali in cui si può manifestare diversità a livello di CNV è pari al 12% del Dna. Naturalmente, le differenze in CNV tra due specifici individui sono inferiori al 12%. La percentuale è solo un indicatore dei siti di potenziale diversità. Ed è una percentuale alta. A riprova che la diversità individuale è un bene accuratamente tutelato nel mondo biologico e nella specie umana in particolare.