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Guerra al cancro? Ecco le balle dell’oncologia!

di Marcello Pamio - 01/12/2006

 
Sempre più spesso, nei salottini-bene della tivù di regime - quei teatrini e trasmissioni create ad hoc per ingannare e illudere “il gregge disorientato” (definizione di Noam Chomsky) – sentiamo e/o vediamo i grandi luminari sottolineare pomposamente i grandissimi risultati ottenuti dalla scienza nella cura del cancro o nella prevenzione dello stesso.
Senza alcun contraddittorio - d’altronde non è logico aspettarselo se lo scopo è, come è, la mera propaganda – questi grandi ricercatori affermano che per esempio “il cancro è ormai quasi sconfitto”, e che “le prospettive di vita si sono allungate grazie alle scoperte e agli screening preventivi”, che “il 50% dei malati sopravvive”, ecc.

Nessuno parla mai di “qualità” della vita, ma solo di prospettive di sopravvivenza!
Tutti sorridenti e incravattati si alternano nel tubo catodico rassicurando il mondo intero.
Se effettivamente dessimo ascolto a questi signori, non dovremo preoccuparci di nulla.

Uno screening, per esempio, evidenzia un tumore che non sapevamo neppure di avere, ma qual è il problema? Gli esperti dicono, innanzitutto che abbiamo fatto bene a fare l’esame preventivo (affermando che è meglio scoprire prima possibile. Ma poi, una volta scoperto per tempo, ci sono gli strumenti adeguati?), e poi che le probabilità di farcela se seguo la prassi ortodossa (chirurgia, chemioterapia e radioterapia) sono altissime: a parlare sono le statistiche: il 50 per cento dei malati di cancro guariscono!

Ebbene sì: il 50% dei malati di cancro guarisce! Questa è la bandiera sventolata ai quattro venti dalla medicina oncologica.
Di primo acchito questi dati sembrano dar ragione ai luminari, ma se usiamo un attimo il cervello, con l’ausilio dello strumento fornito dalla logica, troveremo delle cose molto interessanti.
Affermare che il 50% dei malati guarisce, è come dire che il 50% dei malati muore.
In pratica una persona su due affetta da tumore non ce la fa!
Quindi la probabilità statistica di morire e/o vivere per tumore è la stessa di lanciare in aria una moneta scommettendo su una faccia oppure sull’altra! Sembra un po’ triste, o no?

Detto in questi termini i dati trionfalistici snocciolati dalla medicina, perdono decisamente di efficacia.
Ma sapete qual è il vero problema? Questi dati sono gonfiati, e adesso ve lo dimostro.
A questo punto apro una parentesi obbligatoria, perché quanto sto per dire, non ha lo scopo e la volontà di demoralizzare ulteriormente le persone già di per sé debilitate fisicamente e psichicamente, ma viene fatto solo per onore del vero e della verità! E comunque le statistiche qui fornite riguardano i pazienti che seguono i trattamenti ortodossi e che per questo rientrano nelle indagini epidemiologiche ufficiali. Sarebbe molto interessante, a scopi statistici, avere i dati delle persone che NON seguono l’iter classico. Ma forse tali dati, per qualcuno come le case farmaceutiche, potrebbero essere controproducenti…

Torniamo al discorso di prima, e cioè alle statistiche oncologiche del 50%.
Innanzitutto non sono 50% le guarigioni, perché usando i dati ufficiali Istat della mortalità per tumori in Italia nell’anno 2002, risulta che i decessi sono stati:

- 162.201 persone, così suddivise: uomini: 92.906 e donne: 69.295;

Mentre l’incidenza di nuovi casi di tumori, sempre in Italia e sempre dati ufficiali, sono stati:

- 250.000 persone, così suddivise: uomini: 135.000 e donne 117.000.

Quindi a fronte di 250.000 nuovi malati di cancro, ne muoiono ogni anno oltre 162.000.
Per cui se la matematica non è un’opinione, la percentuale di morte è del 64,8%, e di conseguenza, la percentuale di sopravvivenza è del 35,2%, ben lontana da quel 50% propagandato!!!
Purtroppo non finisce qua: la percentuale appena estrapolata è ancora più bassa nella realtà, perché gli oncologi, nelle loro elucubrazioni matematiche commettono errori grossolani di distrazione (diciamo così dando il beneficio del dubbio….).

Il famoso 50%, che abbiamo visto essere intorno al 35%, si riferisce alla media aritmetica di diversi tipi di tumore, che possono avere guarigioni che vanno dal 97% ad un 3%.
Mi spiego meglio.
Vengono sommate le percentuali di guarigione di tumori diversi con percentuali ovviamente diverse la cui media risulta – sempre casualmente - più alta.
Iniziate a capire il triste giochetto?

Se non credete alle mie parole, sentite cos’ha dichiarato Francesco Bottaccioli (membro dell’Accademia delle Scienze di New York, docente di Psico-oncologia alla facoltà “ La Sapienza ” di Roma): “Il 50% di cui parlano gli oncologi non è effettivamente la metà del numeri di malati di tumore, come si è indotti a credere, ma la media delle varie percentuali di guarigione dei diversi tipi di cancro. Per capirci, si somma, per esempio, l’87% di guarigione del cancro al testicolo con il 10-12% di quella del polmone e si fa la media delle percentuali di guarigione, non calcolando che i malati di carcinoma al testicolo sono solo 2000 l’anno, mentre le persone che si ammalano di tumore al polmone sono attorno alle 40.000” [1]

Effettivamente se vengono conteggiate le guarigioni di 100 persone, di cui l’87% di loro hanno avuto il cancro al testicolo e 12% al polmone, il totale della media aritmetica delle guarigioni fa saltare fuori magicamente il 50% (87+12=99, diviso 2 si ottiene circa 50, in percentuale assoluta).
Ma non è assolutamente così perché il tumore al polmone NON ha una guarigione del 50% ma bensì del 10-12% e colpisce venti volte di più rispetto a quello al testicolo!
Se al posto del tumore al testicolo si mette, e viene messo, il carcinoma capsulato della tiroide che ha una sopravvivenza del 90% il risultato non cambia: sempre 50% di sopravvivenza!
Ma non è tutto.

Spesso, sempre per errore di superficialità (?), gli oncologi includono nelle statistiche (già di per sé erronee, come è stato dimostrato) anche “neoformazioni che non sono affatto tumori, inquinandone ulteriormente l’affidabilità. Come per esempio accade per i polipi del colon-retto o per le formazioni displastiche del seno” [2]
Quindi per gonfiare a proprio tornaconto i numeri, vengono da una parte inserire patologie che non c’entrano poco o nulla con il cancro, e dall’altra esclusi i malati che dopo il trattamento ufficiale muoiono per esempio entro i primi giorni di cura: “questi vengono etichettati come decessi prematuri”[3] e non conteggiati come elementi a sfavore.
E’ bene sapere anche che le terapie oncologiche usate nelle statistiche hanno una durata di 5 anni, quindi se una persona muore entro il 5° anno è un caso negativo, ma se il decesso avviene il 5° anno più un giorno, non viene conteggiato come caso negativo ma rientra come guarigione!

Inganno nell’inganno.
Avrete capito che si tratta di statistiche illusorie, per cui anche la percentuale di sopravvivenza, quel 35,2% saltato fuori prima, è ancora più basso nella realtà. Purtroppo.
Ma perché veicolano questi dati, e soprattutto perché lo fanno? Ignoranza, malafede, interessi economici, baronie e cattedre da conservare?
Ognuno tragga le proprie personali conclusioni, la cosa importante è comprendere che oggi come oggi il cancro è una malattia non curata con le metodologie della scienza ufficiale.

Sentite le parole di Paolo Vineis, esperto del Servizio di epidemiologia dei tumori presso l’Ospedale Maggiore e l’Università di Torino, “circa due terzi delle persone affette da tumore vanno incontro a un esito letale”[4]
Due persone su tre, che seguono la prassi medica ortodossa, ha un esito letale!
E allora cosa fare? Nessuno ha la ricetta magica, tanto meno il sottoscritto, ma se questi sono i dati della medicina ufficiale – quelli veri - non è forse ora di cambiare strada?

La “guerra al cancro”, dichiarata al mondo intero da Richard Nixon lo stesso anno (siamo nel 1971) che vennero aboliti i trattati di Bretton Woods (affermando pubblicamente la bancarotta dell’impero statunitense) è stata un fallimento totale.
Il Prof. John Christian Bailar III, insigne professore di Epidemiologia e Biostatistica alla McGill University ha dimostrato con dati del National Cancer Institute (l’Istituto Nazionale del Cancro) che “nel 1962 negli USA morivano 277.000 persone, nel 1982 ne morivano 434.000” [5].

In pratica gli ultimi trent’anni di guerra al cancro sono stati un fallimento, e non ci vuole tanto per capirlo: basta osservare le persone attorno a noi.
Quindi è arrivato il momento - eccome se è arrivato - di cambiare direzione.
Un cambio che necessita di una presa di coscienza enorme da parte di tutti noi, di una presa di coscienza che l’essere umano NON è composto solo da cellule e organi, che ad un certo punto impazziscono per qualche motivo ignoto, iniziando a moltiplicarsi in maniera caotica e casuale.
La scienza vorrebbe farci credere questo, ma non è assolutamente così.

L’uomo è composto anche da parti molto più sottili (ma altrettanto influenti e importanti nella globalità dell’Essere). Quelle parti che gli stessi medici - esperti matematici come abbiamo visto - non possono e non vogliono accettare per ovvi motivi e/o interessi.
Questo cambio culturale, necessità anche di un’altra presa di coscienza: la responsabilità individuale! Tutti noi dobbiamo diventare molto più responsabili della nostra salute e malattia, prendendo in mano la vita in tutto e per tutto, anche e soprattutto nelle cose che non ci piacciono o che danno sofferenza.
Basta dare la colpa a questo o a quell’agente esterno: al batterio, al virus o al gene impazzito.

Decenni di indottrinamento hanno portato la società moderna ad usare pillole per ogni evenienza, senza porsi alcuna domanda, senza chiedere spiegazioni, ma fidandosi totalmente degli esperti in camice bianco. Hai mal di testa? pillola; dolore? pillola; tumore? chemio, ecc.
In questo modo abbiamo perduto la conoscenza (che se trasformato diventa coscienza) del nostro corpo e dei segnali che esso ci invia. Tornando ad ascoltare di più la nostra parte fisica, con la consapevolezza olistica anche delle parti più sottili (mente, anima e spirito) e della loro influenza; prendendo in mano la nostra vita con responsabilità, vedrete che anche malattie come il tumore assumeranno un aspetto diverso da come oggi vengono viste e combattute.

In fin dei conti se la malattia, anche la più terribile, insegna qualcosa, come affermano le grandi culture millenarie del passato, come facciamo ad apprendere se distruggiamo tutto (comprese le cellule sane) con bombe chimiche o radiazioni?
Per ultimo, ma non per importanza, siccome la strada portata avanti da oltre trent’anni dalla medicina ufficiale ha visto crescere costantemente ma inesorabilmente i tumori (nel 1990 in Italia i morti totali per tumore sono stati 147.869 - 86.805 uomini e 61.064 donne nel 2002 ben 162.201, dati Istat), chi mi dice che cambiando indirizzo e soprattutto cambiando approccio le cose non miglioreranno? Nessuno, ma almeno proviamo per credere.
E poi, scusate: abbiamo qualcosa da perdere? Semmai quelli che ci perdono veramente, in termini economici e di prestigio, non siamo certo noi… 


Note:

[1] “Inchiesta sul cancro”, pubblicata da Il Giornale nel 1998.
[2] “Il cancro è un fungo”, Tullio Simoncini, ed. Lampis
[3] Idem
[4] “Aggiornamento sulla terapia dei tumori” Rocca di Bentivoglio, Bazzano (Bo), XI° fiera della salute, 21-29 giugno 1997
[5] “Un po’ di verità sulla Terapia Di Bella”, Vincenzo Bracatisano, ed. Travel Factory