Sono circa 40 milioni (39,5) le persone colpite dal virus Hiv nel mondo. Di queste, buona parte vive nellAfrica sub-sahariana: ben 24,7 milioni (pari al 63%). Non solo. Negli ultimi 12 mesi sono state registrate 4,3 milioni di nuove infezioni, e 2,9 milioni di decessi. Segno che l'epidemia di Aids continua a crescere, e che in alcuni Paesi dove si era arrestata si assiste oggi a una recrudescenza delle infezioni.
Il grido di allarme viene da Unaids, il programma dellOrganizzazione Mondiale della Sanità pensato proprio per combattere la malattia. Dei 40 milioni di malati - riferisce il documento Unaids “Who 2006 Aids Epidemic Update” - 37,2 sono adulti, di cui 17,7 donne, e il resto (2,3 milioni) bambini e adolescenti sotto i 15 anni. A preoccupare Unaids è soprattuto la crescita di nuovi casi nell'Europa dell'Est e nell'Asia centrale, dove si concentrano 1,7 milioni di malati. E dove, in alcune aree, l'aumento delle infezioni supera il 50% rispetto al 2004 (in Europa centrale e occidentale, i casi di Aids sono 740 mila, cioè 40 mila più che nel 2004). La seconda emergenza sanitaria, guardando ai numeri, resta quella del Sud e del Sudest asiatico, con 7,8 milioni di sieropositivi o pazienti con Aids.
Questi numeri - ha commentato l'Agenzia delle Nazioni Unite - fanno pensare che laddove i programmi di prevenzione dallHiv non sono stati adeguatamente sostenuti e adattati alle nuove realtà delal malattia, le percentuali di nuovi casi hanno fatto registrare un aumento o, al massimo, come in Nord America o in Europa, una stabilizzazione. Molto pochi invece sono gli esempi di nazioni che sono riuscite a porre un freno all'avanzare della malattia, soprattutto tra i Paesi a medio e basso reddito. E anche alcuni esempi virtuosi del passato, come l'Uganda - ha aggiunto Unaids - sono tornati a veder crescere i casi di nuove infezioni.
Sono segnali molto preoccupanti - ha commentato il direttore del programma dellOnu Peter Piot - “perché ciò significa che le singole nazioni non si muovono alla stessa velocità dell'epidemia”.
Altro dato preoccupante è rappresentato dal crescente numero di donne che si ammalano di Aids. In Africa la situazione è al limite: per ogni 10 uomini sieropositivi ci sono 14 donne che vengono infettate. Tanto che in tutte le fasce d'età nellAfrica sub-sahariana, il 59% dei malati è di sesso femminile. La percentuale scende al 50% nei Caraibi, Medio Oriente, Oceania e Nord Africa. Mentre in tutte le altre aree, le donne infettate sono percentualmente inferiori ma in costante crescita.
Gli unici dati positivi si registrano laddove sono state messe in campo apposite campagne e politiche indirizzate alla popolazione giovanile per modificare i comportamenti sessuali: l'uso più diffuso dei profilattici, una dilazione del primo rapporto sessuale, l'invito a ridurre il numero di partner, hanno prodotto alcuni risultati nei Paesi in cui l'epidemia di Aids è più generalizzata. Per esempio, la prevalenza del virus Hiv è diminuita in misura evidente tra il 2000 e il 2005 in Botswana, Burundi, Costa davorio, Kenya, Malawi, Rwanda, Tanzania e Zimbabwe. In altri Paesi, invece, hanno mostrato risultati positivi le azioni specifiche indirizzate verso una o più categorie a rischio. E il caso della Cina. Nel Paese asiatico campagne rivolte all'industria del sesso hanno fatto scendere le percentuali di malattie sessualmente trasmesse. Come pure azioni per sensibilizzare i tossicodipendenti a non scambiarsi le siringhe hanno fatto ridurre drasticamente la trasmissione della malattia in altre aree. Un esempio europeo è quello del Portogallo, dove questa modalità di infezione è diminuita del 31% dal 2001 al 2005. Un analogo sforzo, invece - denuncia Unaids - è mancato in America latina, Est europeo e Asia. Quanto invece alla trasmissione tra omosessuali, mancano del tutto, o sono insufficienti, le campagne rivolte ai gay in Cambogia, Cina, India, Nepal, Pakistan, Tailandia, Vietnam e America latina.
A proposito dell'America Latina. In Brasile, si è registrato un insolito aumento dei casi di Aids tra gli over 50, fenomeno assolutamente nuovo. La causa? L'uso del viagra e l'allergia al preservativo. “Questi risultati catastrofici devono obbligarci”, ha detto Anders Nordstrom, dell'OMS, “a moltiplicare gli investimenti, sia in tema di prevenzione che di cure. NellAfrica sub-sahariana, cioè nella regione più colpita al mondo, anche per colpa dell'Aids, l'aspettativa di vita alla nascita è di 47 anni. Cioè 30 in meno che nei Paesi più ricchi del pianeta”.
Questa catastrofe umanitaria ha commosso persino Papap Ratzinger, che ha subito convocato un Gran Consiglio in Vaticano per decidere nuove indicazioni, meno restrittive, riguardo l'uso del preservativo (anche perché, con tutti i preti pedofili che si aggirano per il mondo, che almeno si mettano il preservativo, ndr). La lotta all'Aids e alle altre malattie infettive, secondo il Pontefice, chiama in causa la Chiesa soprattutto per il suo dovere di additare le ingiustizie sociali che sono all'origine di molte epidemie, ponendosi accanto a chi soffre come fece Francesco baciando il lebbroso (e non come fece la Chiesa scomunicando Francesco, ndr).
“Bisogna sottrarre la ricerca alle leggi del mercato”, ha detto il card. Javier Lozano Barragan, intervenendo in Vaticano proprio in occasione della XXI conferenza internazionale del Pontificio Consiglio per la pastorale della salute. La logica del mercato, ha denunciato il cardinale, “mossa dal profitto”, motiva per esempio i medicinali “orfani”, cioè quelli che non si producono più per combattere queste malattie.
Nel 2000, una società farmaceutica americana, la “Cel-Sci Corporation” di Vienna, in Virginia (USA), si era offerta di fornire gratuitamente al Sudafrica la possibilità di utilizzare un vaccino sperimentale per l'Aids (un vaccino sulla cui comprovata efficacia si nutrono molti dubbi). “Con 1500 nuovi casi al giorno, il costo della terapia antivirale su larga scala è enorme: la cura annuale per ogni paziente è di circa 10rnila dollari”, faceva notare Zackie Achmat, capo degli attivisti sudafricani per la lotta all'Aids. Su un terreno così “fertile”, Geert Kersten, dirigente esecutivo della Cel-Sci, propose la sua campagna di vaccinazioni sottolineando come il vaccino da loro studiato fosse specifico per il sierotipo C dell'Hiv, ceppo predominante in Sudafrica, India e Cina. “Le maggiori industrie biotecnologiche indirizzano le loro ricerche sul ceppo B dell'Hiv, quello maggiormente diffuso in Europa e negli Stati Uniti. La ragione è evidente: è economicamente più vantaggioso. II problema è che più del 50 per cento della popolazione mondiale affetta da Hiv ha contratto il sottotipo C”, sottolineava Achmat.
La messa a punto di un vaccino efficace contro l'HIV/AIDS ha unito in un unico consorzio, denominato AVIP (AIDS Vaccine Integrated Project), sotto la guida italiana dell'Istituto Superiore di Sanità, 15 gruppi di ricerca europei e africani, accomunati da una lunga esperienza nel campo. L'iniziativa, lanciata nel febbraio scorso dalla Commissione Europea e coordinata da Barbara Ensoli dell'ISS, coinvolge, in un prezioso network, le università, gli istituti di ricerca e le industrie di sette Paesi (Italia, Svezia, Francia, Germania, Finlandia, Gran Bretagna, Sud Africa) che devono sperimentare quattro nuovi vaccini, preventivi e terapeutici, in cinque centri clinici (in Italia, Svezia, Finlandia, Germania e Regno Unito), mentre la sperimentazione di fase II e III sarà condotta nei Paesi del Sud Africa. “Si tratta di un progetto importante e dotato di enormi potenzialità” - ha dichiarato Barbara Ensoli, direttore del Reparto AIDS dell'ISS - “in cui, per la prima volta, l'Italia è leader della ricerca”. L'aspetto innovativo dei vaccini che verranno sviluppati nell’ambito dell'AVIP, secondo la Ensoli, “è rappresentato dalla combinazione di geni/proteine strutturali e regolatorie dell'HIV, proteine cioè che costituiscono l'involucro esterno del virus, e proteine che ne formano il nucleo e che sono, quindi, fondamentali per la sua replicazione e maturazione”.
La ricerca ha fruttato finora un nuovo vaccino, destinato ad un utilizzo sia preventivo che terapeutico, basato sulla proteina Tat, che ha già dato risultati promettenti in modelli animali e che è passato poi, nel 2003, alla sperimentazione clinica (in quattro centri: il Policlinico Umberto I, l'Ospedale Spallanzani, l'Ospedale San Gallicano di Roma e il San Raffaele di Milano) su “cavie” umane volontarie... Fondamentale, per la riuscita del progetto AVIP, è il coinvolgimento delle comunità e delle associazioni nei Paesi in via di sviluppo dove poter realizzare studi di fattibilità. È qui, infatti, nei Paesi più poveri del mondo, che l'Aids ha assunto le dimensioni di una vera e propria epidemia. Se in tutto il mondo, l'Aids rappresenta la quarta causa di morte, in Africa, e soprattutto nella fascia sub-sahariana, la malattia costituisce la prima causa di morte tra gli individui tra i 15 e i 40 anni, con gravissime conseguenze di ordine demografico, sociale ed economico. Inoltre, nonostante l'efficacia dei trattamenti antiretrovirali e delle campagne di informazione, l'epidemia continua a diffondersi, e sta raggiungendo dimensioni devastanti.
L'addestramento necessario alla conduzione di trial vaccinali e il trasferimento di tecnologie, specialmente ai Paesi in via di sviluppo, rappresentano i punti chiave del progetto. Per questo, i partners di AVIP hanno creato la “AVIP International School”, con centri in tutti i Paesi partecipanti al programma. È previsto, infine, un contributo di 10 milioni di Euro da parte della Commissione Europea, nell'ambito del VI Programma Quadro per la Ricerca, con un investimento totale superiore ai 20 milioni di Euro.
Dopo la sperimentazione clinica del vaccino Tat, che pare abbia dato risultati confortanti, si è passati alla fase II, con l'obiettivo di vaccinare un numero molto più ampio di volontari, in Italia ma soprattutto in Africa, dove il virus è molto diffuso. La fase III consisterà nel valutare l'efficacia del vaccino. Per la fase II, da realizzare in 2-3 anni su un campione di su un campionamento di 500-2000 cavie, il budget è di circa 50 milioni di euro. Dato l'ingente numero di brevetti dell'ISS derivati da questa ricerca, iniziative sia private che pubbliche sono in via di definizione affinché il gruppo dell'ISS sia in grado di procedere.
E si sà, quando la salute pubblica finisce nelle grinfie di Big Pharma, non c'è mai da aspettarsi niente di buono.
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