Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La guerra del Vietnam che continua

La guerra del Vietnam che continua

di Piergiorgio Pescali - 05/12/2006

 
Gli effetti a distanza della guerra chimica americana
L'«Agente Arancio» non smette di fare vittime innocenti. Viaggio tra i bambini vietnamiti la cui vita è distrutta dalla diossina che colpì i loro nonni


Nguyen Thi Thanh Van ha 35 anni, anche se ne dimostra dieci di meno; ci accoglie nella sua casa al centro di Hanoi, una stanza disadorna di pochi metri quadri, offrendoci una tazza tè. Sguardo sereno, voce pacata, racconta senza drammatizzare la sua dolorosa situazione di madre di Pham Duc Duy, il figlio di 10 anni gravemente menomato. Duy è lì, sdraiato su una stuoia che guarda nel vuoto con gli occhi troppo simili a quelli della mamma. Accenna a un sorriso, o almeno questo è quello che istintivamente pretendiamo di capire, quando Thanh Van gli si avvicina e lo coccola sussurrandogli qualche frase. Sorseggia un po' di tè, ma con la testa che scatta improvvisamente a destra e sinistra, il liquido gli cola lungo il mento e le guance. Con i tendini delle mani rattrappiti e le gambe ridotte a due stecchini, Pham Duc Duy è uno delle centinaia di migliaia di bambini (ottocentomila, due milioni, chi lo sa?) che hanno ereditato le terribili conseguenze dei Dna resi pazzi dal «2,3,7,8 tetraclorodibenzoparadiossina», comunemente definito come Tcdd, o diossina.

Un retaggio di guerra, se lo vogliamo vedere in termini «legali» e cronologici, visto che Duy è discendente di terza generazione di chi ha direttamente assorbito la molecola nel proprio corpo, suo nonno. Il Tcdd era una delle sostanze contenute nell'Agente Arancio, l'erbicida irrorato dagli Stati uniti tra il 1961 e il 1971 sulle foreste del Vietnam del Sud e del Nord per snidare i vietcong. La tattica escogitata dai generali del Pentagono era semplice: il nemico si nasconde sfruttando l'elemento naturale mimetizzandosi tra la vegetazione della rigogliosa giungla vietnamita. Ergo, se non riusciamo a portare il nemico allo scoperto, priviamolo della sua copertura. Una strategia ineccepibile se fosse rimasta materia d'esame confinata nelle aule di West Point; ma, una volta applicata sul campo, si rivelò fallimentare.

In dieci anni centinaia di aerei C-130 passarono a setaccio sei milioni di acri di foreste, di cui 3,5 nel Vietnam del Sud, (l'8,5% della superficie nazionale) spargendo tra i 77 e i 100 milioni di litri di erbicidi: l'Agente Bianco, Blu, Viola e, per la maggior parte, Arancio, ognuno identificato secondo il colore della striscia che distingueva i bidoni da 55 galloni in cui erano contenute le sostanze. Ventimila villaggi e tra i 2 e i 5 milioni di persone vennero contaminati causando danni non solo economici e fisici, ma anche culturali: «A volte le vittime e le loro famiglie vengono emarginate perché si pensa che siano state colpite da maledizioni da parte di spiriti», racconta l'antropologa Le Thi Nham Tuyet.

A distanza di quarant'anni, nella provincia di Quang Tri, a ridosso della vecchia Zona Demilitarizzata lungo il 18° parallelo, sono visibili ancora oggi gli effetti della guerra chimica. L'«erba americana», uno strato vegetativo povero, contaminato e poco fertile cresciuto stentatamente nel corso dei decenni, ricopre l'intera area. Qui, al confine tra i due Vietnam, la guerra ha conosciuto i suoi aspetti peggiori: per evitare il passaggio delle truppe nordvietnamite e dei rifornimenti ai guerriglieri del sud, gli aerei dell'Us Air Force hanno spruzzato l'Agente Arancio anche per dieci volte sulla stessa area.

«Solo nella provincia di Quang Tri abbiamo registrato circa 600.000 persone colpite dai sintomi riferibili alla diossina», ci spiega Le Xuang Tanh, presidente della Croce rossa di Dong Ha, con cui visitiamo il villaggio di Cam Ngia. Le vittime sono per lo più bambini tra i pochi mesi e i 20 anni, per i quali la Guerra del Vietnam non è ancora terminata, pur non avendola mai vista. Bambini, ragazzi, anziani abbandonati dal mondo, che ha chiuso le porte della propria coscienza alle 10.45 del 30 aprile 1975, quando il carro armato numero 843 dell'Esercito popolare di liberazione della Repubblica democratica del Vietnam abbattè il cancello del Palazzo presidenziale di Saigon dichiarando conclusa la seconda guerra d'Indocina.
Ma la guerra non si è conclusa per Nguyen Van Lanh, che girovaga nudo a quattro zampe in una misera capanna di legno, e neppure per Le Thi Dat, una ragazza ventenne sulla carrozzina che stringe a sè una bambolina. La guerra continua per Triang Thi Kien, tredici anni di cecità e immobilità; e per Nguyen Dae Vinh, sedici anni racchiusi in 30 chili di ossa e un volto incredibilmente vecchio ricoperto da una pelle incartapecorita. Le loro famiglie ricevono l'equivalente di 2, massimoi 5 dollari al mese come compenso per il loro dolore, mentre alcune organizzazioni internazionali come l'Associazione dei veterani americani, l'Association d'amitié franco-vietnamienne di Montreuil e l'Associazione Italia-Vietnam di Torino, da tempo collaborano con la Croce rossa vietnamita per finanziare progetti e sensibilizzare l'opinione pubblica occidentale. Ospedali, centri di riabilitazione fisioterapica e mentale accolgono a turno i pazienti. «Stando assieme e interagendo, i ragazzi imparano a convivere tra loro e quando tornano nei villaggi le stesse famiglie si sorprendono dei miglioramenti ottenuti», dice The Thanh Xuan, direttrice del Peace Village di Hanoi, un centro modello che racchiude scuola, palestra di fisioterapia e studi medici.

A nulla, invece, fino ad ora sono valsi i ripetuti tentativi di ottenere da parte del governo statunitense un risarcimento delle vittime vietnamite dell'Agente Arancio. Questo nonostante nel 1984 sette società chimiche statunitensi che hanno fabbricato l'Agente Arancio per l'esercito Usa abbiano accettato di pagare indennizzi per 180 milioni di dollari a veterani di guerra americani; nonostante il 27 gennaio 2006 la Monsanto e la Dow Chemical, due tra le maggiori produttrici dell'erbicida, siano state condannate a pagare ad ognuno dei 6.795 veterani di guerra sudcoreani colpiti dal Tcdd tra i 6.800 e i 47.500 dollari di risarcimento. Già, perché il Tcdd, che avrebbe dovuto agire per combattere il «pericolo rosso», non ha saputo distinguere i «buoni» dai «cattivi», contaminando così anche 375.000 soldati americani. Danni collaterali.