Ma in Iraq il terrorismo è americano
di Massimo Fini - 05/12/2006
L
’altro ieri a Baghdadci sono stati,
in tre distinti
attentati col solito sistema
delle autobombe, 202 morti,
ieri una trentina, che vanno
ad aggiungersi ai 654mila
conteggiati, finora, da
quando gli americani e i loro
alleati hanno “liberato” l’Iraq.
Qualcuno pagherà per
questo scempio compiuto
sulla popolazione irachena?
L’Iraq fu aggredito, invaso e
occupato sul presupposto,
rivelatosi falso, che possedesse
“armi di distruzione di
massa”. In ogni caso, se
bastasse il possesso di armi
del genere per giustificare
una guerra, i primi a dover
essere aggrediti, invasi e
occupati, per innocuizzarli,
sarebbero gli Stati Uniti che
hanno il più gigantesco
arsenale atomico del mondo
e altre “armi di distruzione
di massa”, chimiche e batteriologiche,
e poi, a seguire,
Russia, Cina, India, Pakistan,
Sud Africa, Israele,
Corea del Nord.
L’invasione dell’Iraq ha provocato
almeno tre guerre
interne: quella degli insorti
contro gli occupanti, quella
civile tra sunniti e sciiti,
quella contro tutti dei terroristi
internazionali, per i
quali l’Iraq è diventato una
sorta di “Paese di Bengodi”
dove trovano complicità,
armi, quattrini
e bersagli facili e comodi.
Un Paese è stato completamente
disintegrato e
distrutto. Dice: «Ma è stato
abbattuto un dittatore». E
con ciò? La liquidazione di
un dittatore vale 654mila
morti in cinque anni, cinquanta
o sessanta volte di
più di quanti ne avesse fatti
Saddam in trenta? E, a parte
questo, chi dà il diritto
alle democrazie di abbattere
le dittature? Se questo diritto
esistesse, ne esisterebbe
anche uno altrettale: quello
delle dittature di abbattere
le democrazie. Se valesse il
principio che ogni Stato ha
diritto di far guerra a un
altro solo perché organizzato,
dal punto di vista istituzionale,
in modo diverso, il
pianeta si incendierebbe.
Che è quello che mi pare
voglia fare George W. Bush,
uno dei più grandi criminali
di tutti i tempi. Un dittatore
internazionale invece che
nazionale.
Saddam Hussein era l’equilibrio,
sia pure sanguinario,
che l’Iraq aveva trovato.
Del resto, è quasi ovvio che
un Paese inventato cervelloticamente
dagli inglesi
(ancora loro) negli anni
Trenta e composto da gruppi
etnici diversissimi e che si
odiano, come gli sciiti, i sunniti
e i curdi, non può essere
tenuto insieme che con la
violenza.
Se Saddam era un dittatore
troppo pesante per gli iracheni,
costoro, prima o poi,
se ne sarebbero liberati.
Peraltro sarebbe bastato
lasciar fare ai curdi nei primi
anni Ottanta o agli iraniani
nel 1985. Ma in
entrambi i casi gli americani
intervennero in suo soccorso:
nel primo via Turchia,
nel secondo fornendogli
armi sofisticate tra cui quelle
chimiche “di distruzione
di massa”.
Ora gli americani devono
andarsene al più presto,
lasciando che siano gli sciiti,
i sunniti e i curdi a decidere
del proprio destino e a creare
un nuovo equilibrio. Lo
faranno con le armi, certo.
Ma niente può essere peggio,
e più sterile, di ciò che
c’era.
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