Via le truppe da Iraq e Afghanistan
di Massimo Fini - 07/12/2006
M
i piacerebbe saperedi che natura sono
le missioni occidentali
attualmente all’opera in
Iraq e in Afghanistan. Certamente
è difficile gabellarle per
operazioni di “peace keeping”
o come “lotta al terrorismo
internazionale”.
L’Iraq è stato attaccato perché
si riteneva possedesse “armi di
distruzione di massa”. Una
volta accertato che non le aveva,
gli occupanti avrebbero
dovuto andarsene, con tante
scuse. Invece sono rimasti. Ciò
ha provocato la reazione di
una parte consistente della
popolazione irachena che è
insorta contro gli occupanti.
Questi insorti sono dei “terroristi
internazionali”, cioè della
gente che potrebbe venire a
mettere delle bombe a casa
nostra? Evidentemente, è gente
che combatte un’occupazione
che considera illegittima, con
le armi della guerriglia e
anche del terrorismo che
diventa pressoché inevitabile
quando c’è un’enorme sproporzione
fra gli armamenti delle
forze in campo (l’altro giorno,
a Ramadi, gli americani,
per snidare quattro cecchini
appostati sul tetto di una casa,
hanno fatto intervenire i carri
armati, uccidendo cinque bambine
e un guerrigliero), ma col
“terrorismo internazionale”
non c’entra nulla. Nel frattempo
in Iraq è in corso una terribile
guerra civile
fra sunniti e sciiti. Le truppe
anglo-americane si interpongono
fra costoro per metter
pace? Nient’affatto. Anzi, è
stata proprio la loro presenza
a innescare questa lotta fratricida.
E Michael Walzer, uno
dei massimi filosofi politici
degli Stati Uniti, afferma che
«solo il ritiro americano può
portare alla pacificazione». Mi
fa piacere, perché è quanto
vado sostenendo da tempo su
questo giornale e altrove. Per
la verità, ciò che io penso è
che, senza gli americani, la
guerra civile continuerà finché
sciiti, sunniti e curdi non
avranno trovato un nuovo
equilibrio che sostituisca quello,
feroce, garantito da Saddam.
Scorrerà ancora del sangue,
ma servirà almeno a qualcosa,
mentre la presenza americana,
che ha provocato, in
modo diretto e indiretto, quasi
700mila morti, impedisce qualsiasi
sbocco. Quella mattanza
è sterile.
Ancora più chiara è la situazione
in Afghanistan. Qui le
forze NATO non stanno pacificando
niente: stanno semplicemente
combattendo i Talebani,
cioè guerriglieri afghani che
rappresentano, per ammissione
dello stesso comandante
delle truppe occidentali, James
Jones, i quattro quinti della
popolazione. I Talebani, a
prezzo di perdite spaventose,
si battono a viso aperto, facendo
uso molto sporadico di
autobombe kamikaze di tipo
iracheno, perché questo è fuori
dalla cultura afghana. Non
sono, quindi, terroristi né, tantomeno,
“terroristi internazionali”:
è solo gente che si batte
contro l’occupazione straniera
del proprio Paese.
In Afghanistan, quindi, è in
atto una guerra in senso proprio
(sia pur, da parte afghana,
nelle forme della guerriglia,
come fecero contro i sovietici)
fra occidentali e afghani. Tanto
è vero che il segretario della
NATO, Jaap de Hoop Scheffer,
e lo stesso Jones non fanno che
chiedere ai Paesi europei
(Germania, Francia, Italia) di
liberare i propri soldati da
regole di ingaggio troppo rigide
che erano state immaginate
per un’operazione di pace
(Isaf, “International security
and assistance force”) che non
è più tale.
Per che cosa combattono le
truppe NATO? Per mantenere
in piedi un governo, quello di
Karzai, che, senza la loro presenza,
cadrebbe, a detta unanime,
nel giro di 24 ore. Nella
sostanza combattono, quindi,
per mantenere la loro occupazione.
Ciò ha dei riflessi sulla presenza
in Afghanistan delle
truppe italiane che, finora,
sono state risparmiate perché
schierate ad Herat, una zona
relativamente tranquilla dove,
peraltro, non controllano nulla
perché a comandare sono,
come sempre, i capi tribali.
Quella presenza, sia pur passiva,
in appoggio a una guerra
di occupazione, è inammissibile
perché contraria all’articolo
II della Costituzione che recita:
«L’Italia ripudia la guerra
cone strumento di offesa alla
libertà degli altri popoli». Ed è
per questo, e non per il pacifismo
astratto della sinistra
radicale, che i nostri soldati
vanno ritirati dall’Afghanistan.
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