Una scienza per la vita: appunti per l’apocalisse come “rivelazione”
di Aldo Sacchetti - 12/12/2006
A quattro secoli dalla concezione baconiana del progresso e dall’idealizzazione galileiana di una natura sottomessa al gioco cieco di forze matematizzabili, senza finalità e senza intenzioni (una natura mutilata, da cui vita e creatività rimanevano di fatto escluse) è la vita stessa a denunciare, attraverso le crisi che drammaticamente la investono da un capo all’altro del globo, l’abisso scavato allora tra fisica e metafisica.
Se la degradazione in atto dalla fascia stratosferica di ozono allo strato superficiale del pianeta colpisce il consorzio umano in tutti i suoi aspetti, nelle istituzioni, nei valori, è proprio perché quella frattura originaria tra il mondo oggettivo della scienza e quello soggettivo dello spirito si è andata amplificando, con progressione geometrica, in una frantumazione generale.
Il principio analitico disgiuntivo, esaltato dalla scienza sperimentale, ha determinato un’atomizzazione generalizzata, una dissoluzione di quanto la vita è andata legando, dalla notte dei tempi, nella sua palpitante evoluzione creativa e cooperativa. Oggi la scienza sa come disintegrare l’atomo, facendo gravare sull’umanità una minaccia damoclea, ma non potrà mai capire come centomila miliardi di cellule del corpo umano – e miliardi di molecole interagenti in singole cellule – vengano coordinate all’istante, con la velocità della luce, in un contesto olistico cooperativo armonicamente raccordato (ossia “coerente”) nello spazio/tempo.
Il “coordinamento” non è un dato materiale e, come la ragione e la coscienza, non è risolvibile in termini di interazioni chimiche, fisiche o nervose. Ma è il fondamento di tutte le forme di vita. La proprietà rigenerativa morfostatica/morfodinamica è così sviluppata nelle planarie, vermi platelminti, che – se tagliate a pezzi – sono capaci di rigenerare da un segmento tutte le parti mancanti, testa compresa.
E’ chiaro che fisica, chimica, biologia non potranno mai spiegare come avvenga nel vivente la sintesi triadica immediata tra energia, materia e forma. Né che cosa sia la memoria intrinseca nell’autoriproduzione e nell’evoluzione di ogni forma. Il mistero non si attenua ma si dilata quando, nel secolo scorso, la scienza spinge la sua indagine nel campo dell’elettrodinamica quantistica come composizione teorica di luce e materia, con il contributo del più brillante dei premi Nobel, Richard Feynman.
In una relazione presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, l’11 novembre 2003, osservai che, se per l’elettrodinamica quantistica in natura tutto è vibrazione, anche i legami idrogeno da cui sono uniti i due filamenti del DNA – e i filamenti stessi, in continuo divenire – debbono essere intesi come vibranti espressioni di quella integrazione globale, finalizzata e coerente, da cui emerge la vita. “Il DNA è come lo strumento a corde di un sistema interamente sincronico e sinfonico che modula nello spazio/tempo il cantico delle creature”. E il progetto stesso che traspare da questa modulazione irriducibile, mediata da fotoni coerenti, dovrebbe oggi essere definito come “mistero di luce”.
La recente campagna referendaria ha rivelato opinioni diverse sul manifestarsi dell’uomo nel grembo materno. Ma nell’istante stesso in cui il primo spermatozoo penetra nella cellula uovo si modifica in essa la polarizzazione elettrica della membrana, che diviene impermeabile agli altri. Da quel momento si avvia uno scambio ininterrotto di messaggi che inducono le risposte fisiologiche intese ad agevolare nella salpinge il cammino dell’uovo fecondato e a preparare la mucosa uterina ad accoglierlo. La gravidanza è un processo gestito unitariamente da madre e figlio: per tutta la durata dell’incarnazione del figlio un dialogo vegetativo ininterrotto plasmerà, giorno per giorno, l’unità fisica ed emozionale di entrambi, illuminando la sublime bellezza della maternità oggi degradata dall’autonoma evoluzione della tecnoscienza.
Non solo nell’embriogenesi, durante tutta la vita le consonanze spazio temporali sottese in ogni istante alla morfogenesi, all’omeostasi e a tutte le funzioni fisiologiche sono inscindibili dall’assoluta irripetibilità della persona umana.
Dopo l’ubriacatura deterministica seguita all’illusoria decifrazione del DNA, oggi ci si accorge che di questa catena molecolare della vita riusciamo a capire ben poco (quella di vegetali come il pisello, per esempio, è molto più lunga dell’umana). Una parte minima del DNA codifica la formazione di proteine e poiché spetta a queste, nella chimica cellulare, svolgere essenziali funzioni catalitiche e regolatrici, l’industria farmaceutica – visti i limiti della genomica – punta adesso somme colossali sulla decifrazione del proteoma umano.
La bioinformatica affida a potenti supercalcolatori, uniti in serie, la definizione della complessa struttura tridimensionale di singole proteine da brevettare. Ma anche la forma di una proteina, che è generalmente di estrema complessità, nell’organismo dipende in ogni istante dal contesto cellulare in cui è inserita. Ogni atomo alla superficie della singola struttura viva considerata interagisce con quelli adiacenti in una vibrazione continua che può solo essere più o meno armonica, più o meno fisiologica. L’isolamento di singole relazioni dallo sconfinato intreccio del mondo vivente è sempre un’astrazione, nel senso etimologico di “abstrahere” dal totale concreto. Anche la documentata mancanza di una risposta a dosi infime di agenti chimici, fisici, biologici non significa assenza di interazioni a livello quantistico, dove la realtà è sempre alterata dalla procedura stessa della misurazione. Procedura da cui viene a priori eliminato ciò che non è quantificabile.
La nostra vita dipende dalla fotosintesi, unico processo che può garantire respirazione e nutrizione non alterate. Ma lo sviluppo economico industriale restringe ogni giorno le superfici fotosintetiche mentre amplifica la diffusione di radiazioni e legami chimici ostili alla vita, ormai ubiquitari dai poli all’equatore. Nell’ultimo mezzo secolo l’innovazione ha fatto registrare milioni di sostanze di sintesi, non esistenti in natura, pericolose come tali e, spesso, per i loro prodotti di trasformazione. Legami chimici xenobiotici, come quelli carbonio-fluoro e quelli multipli carbonio-cloro o carbonio-bromo, non possono essere scissi dall’organismo ma ogni giorno vengono assunti ovunque con l’aria, l’acqua, gli alimenti, talora perfino con i farmaci (composti organoalogenati per uso neurologico, antibiotici per le vie urinarie, antimalarici, cortisonici, antineoplastici, ecc.).
Nella convenzione internazionale firmata a Vienna il 22 marzo 1985 si indicavano come massimi responsabili dei danni all’ozonosfera i clorofluorocarburi e i bromofluorocarburi. Ma si nasconde tuttora che legami forti come quelli carbonio-fluoro possono dare origine nell’organismo a nuclei locali di degenerazione espansiva irreversibile: nuclei di sostanze proteinacee che si espandono e moltiplicano senza dipendere dal DNA (in palese contrasto con il dogma centrale della biologia) e producono malattie fenomenicamente diverse, come il morbo di Alzheimer e quello della cosiddetta mucca pazza.
L’irreversibilità di queste strutture deriva dalla indegradabilità dei loro legami interni, l’espansione progressiva dall’intensità crescente delle vibrazioni conformative che agiscono sulla dinamica atomica e subatomica di altre strutture, secondo la costante corrispondenza, in biologia quantistica, tra conformazione fisico-chimica e vibrazione elettromagnetica.
Non meno astratta della scienza riduzionista l’economia considera i prodotti solo nell’arco della loro presenza sul mercato. Nessun valore viene accordato alla dispersione di materia nel movimento di ogni macchina, nel consumo di ogni cosa; nessun valore all’impoverimento delle risorse vive del pianeta e all’accumulo planetario di rifiuti, anche tossici e nocivi, all’esterno e all’interno dei viventi. In un contesto così assurdo anche il principio etico di responsabilità non può aiutarci a evitare insidie impercettibili di cui neppure sospettiamo la presenza.
Da anni si diffondono disturbi organici e comportamentali della sessualità di cui rimangono inesplorati i complessi intrecci causali. Sono stati scoperti orsi bianchi ermafroditi e casi di femminilizzazione dei maschi tra le pantere degli Stati Uniti, in luoghi contaminati da composti organici persistenti come DDT o policlorobifenili (PCB). E’ frequente una diminuita fertilità umana ma non si ricercano gli inquinanti nel liquido seminale né le esposizioni della coppia, professionali o no, a radiazioni elettromagnetiche. Contemporaneamente si moltiplicano i tumori prostatici e mammari, nel quadro di un generale aumento della patologia degenerativa riscontabile anche negli animali domestici.
Proprio qui a Firenze, il 19 aprile 1997, resi evidente l’urgenza di una nuova epistemologia per salvare la vita dalle aggressioni di una scienza costituzionalmente incapace di comprenderla. Ma l’esposizione a radiazioni tecnogeniche da fonti sempre più diffuse in tutto il pianeta cresce ogni giorno con progressione geometrica. Si concedono anche ai fanciulli i telefoni cellulari, ignorando che le microonde da cui questi sono collegati attraversano anche i muri e disturbano – a livello quantistico – la naturale armonia di vibrazioni coerenti, base fisica della vita.
Il solido fondamento teorico dell’omeopatia sta nell’accertata natura vibratoria del medicamento, ottenuta fissando in un solvente acquoso la vibrazione della sostanza di base. Le molecole d’acqua possono essere, per la loro piccolissima dimensione, il 99% di tutte quelle dell’organismo: l’angolo di 104,5 gradi formato dai legami covalenti tra l’atomo di ossigeno e i due atomi di idrogeno rende ognuna di queste molecole un dipolo elettrico permanente, negativo dalla parte dell’ossigeno, positivo da quella opposta. L’acqua è perciò fondamentale elemento di consonanza per la vita, massimo strumento della sinfonia luminosa sottesa alla nostra esistenza fisica.
La poetica francescana della fratellanza col sole e con l’acqua trova decisiva conferma da una scienza vera, che rovescia anche la formulazione cartesiana del cogito. “Sum, ergo cogito” è la verità dell’uomo che alla luce fisica della vita unisce quella del suo pensiero, non coercibile entro il finito ma consapevole dei limiti invalicabili del sapere. Una scienza che demolisce le erronee credenze in un’evoluzione cieca – frutto di processi selettivi a posteriori – capace solo di determinare la sopravvivenza della creatura più adatta tra quelle originate dal caso. La selezione a posteriori non crea l’organizzazione coerente ma la presume. E lo stesso Darwin confessò, scrivendo all’amico geologo Charles Lyell : «se potessi ricominciare daccapo la chiamerei piuttosto conservazione naturale».
La vera scienza deve oggi liberarci da quel delirio di onnipotenza suicida che induce a manipolare l’origine stessa della vita. Già da un secolo la fisica quantistica ha rivelato la non separabilità di ciò che possiamo chiamare realtà esterna a noi. La biologia che descrivo restituisce a questa totalità una dimensione metafisica: ridona all’esistenza quel senso di cui la modernità l’aveva privata fino ad approdare alla cultura della morte.
Mi rincresce di aver dovuto prospettare, insieme all’affascinante visione della vita come mistero di luce, i funesti orizzonti dischiusi dall’economia e dalla tecnologia industriale. Ma Benedetto XVI ha recentemente ammonito che la fede implica coerenza e testimonianza, anche pubblica, a favore dell’uomo, della giustizia, della verità.
Mentre la Verità religiosa sempre più convince e commuove, abbiamo il dovere morale di proteggere la vita dalla sua planetaria manipolazione e falsificazione tecnica. Il destino terreno dell’uomo è indissociabile da quello della creazione e impone di riscoprire l’essenza placentare di “sora nostra madre terra”, cui siamo con i fratelli indissolubilmente legati. La tragica incompatibilità tra l’inviluppo tecno – industriale e i processi finalistici della vita può essere composta solo da una nuova cultura illuminata dalla fulgente stella di Assisi, unico orientamento concreto per un cammino di speranza.