Consumare per produrre
di Giuliano Castellino - 09/11/2005
Fonte: rinascita.info
Ieri sono usciti i nuovi dati dell’Istat e come sempre i risultati della ricerca hanno fotografato una nazione strana, ma in perfetta linea con il sistema liberal-capitalista: gli italiani sono sempre più poveri, ma anche sempre più spendaccioni.
Quindi l’Italia risulta ancora una nazione contraddittoria.
Secondo l’Istituto di ricerca gli italiani si sentono sempre più poveri, ma allo stesso tempo non riescono a rinunciare alle comodità e ai vizi della tecnologia, come il telefonino super accessoriato.
Nell’ultimo rapporto Istat uno su due dichiara di non essere per nulla o poco soddisfatto dalla propria situazione finanziaria, e si lamenta perché non riesce a “tirare” fino alla fine mese.
Ma poi si coccola con una casa più hi-tech, dotata di condizionatore e lavastoviglie.
Il vero amore si conferma il cellulare: la passione per la chiacchierata in famiglia o tra amici ha spinto, nel 2004, il 72,9% delle famiglie a possederne uno, in aumento rispetto al 71,7% del 2003.
La voglia di comunicare batte dunque ogni altro oggetto tecnologico, anche il computer, la cui diffusione risulta in aumento, ma ancora lontana dai livelli del telefonino.
Il Pc si trovava infatti lo scorso anno nel 40,2% delle case italiane, contro il 37,4% del 2003.
Un vero boom è stato inoltre quello dei condizionatori.
Complice l’afa delle ultime estati, la percentuale delle famiglie che ne possiede uno è salita dal 16,5% del 2003, al 20,9% dello scorso anno.
Alla ricerca di un po’ di refrigerio la percentuale è salita al 22,9% nel Nord, al 21,3% nel Mezzogiorno e al 15,2 nel Centro.
Sempre più diffusa è infine anche la lavastoviglie, che al Centro e al Nord si trova in quasi la metà delle case.
In media, in Italia ce n’è più di una ogni tre famiglie (37,3% nel 2004 contro il 34,9% del 2003), ma la percentuale sale nelle regioni settentrionali (43,8%) e in quelle centrali (44,6%). L’abitudine di lavare i piatti a mano predomina ancora invece al Sud: la lavastoviglie è infatti utilizzata dal 23,2% delle famiglie, la metà rispetto al Centro-Nord.
Eppure, nonostante questi “lussi”, gli italiani si sentono sempre più poveri.
Il 47,8% si dichiara per niente o poco soddisfatto della propria situazione finanziaria.
Un dato in caduta libera rispetto al 44,2% del 2003 e al 40,4% del 2002.
In pratica, nel giro di tre anni, la fetta di chi giudica deludente la propria situazione è cresciuta di 7 punti percentuali.
Il giudizio è peggiorato soprattutto al Centro e al Sud.
Nel confronto con il 2003, proposto nell’annuario 2005 dell’Istituto di statistica, gli italiani insoddisfatti, che abitano nelle regioni del Centro, sono passati dal 41,3% al 45,1%.
Ma è in particolare nel Mezzogiorno che la percentuale sale, ben oltre la metà della popolazione: dal 52,3% del 2003 al 57,9% di quest’anno.
La crescita è invece più contenuta al Nord, dove, nonostante l’aumento degli insoddisfatti, prevale ancora tra la maggioranza degli abitanti una percezione sostanzialmente ottimistica della propria situazione economica: dal 39,4% del 2003 si è infatti saliti al 41,3% di insdoddisfatti, 15 punti in meno rispetto al Sud.
Il quadro non cambia se dalla percezione dei singoli si passa a quella famigliare: tra il 2003 e il 2005, ha sottolineato l’Istat, è infatti peggiorato il giudizio espresso dalle famiglie sulla disponibilità di risorse economiche.
Rispetto al 2003, la quota di famiglie che le considerano scarse o insufficienti è passata dal 39,9% al 41,6%, mentre è diminuita dal 58,8% al 56,4% la percentuale di quelle che le giudicano ottime o adeguate.
La punta negativa si registra anche in questo caso nel Mezzogiorno, dove le famiglie soddisfatte delle risorse a loro disposizione sono quasi il 10% in meno rispetto alla media nazionale, cioè il 48,6% del totale.
Oltre alle disponibilità economiche, a scontentare una consistente fetta degli italiani è anche l’occupazione svolta.
In base ai dati di quest’anno, un lavoratore su 5 si ritiene infatti insoddisfatto del lavoro svolto.
Ad essere gratificato è invece il 76,3%, in calo rispetto al 77,5% del 2003.
A livello territoriale è evidente il differenziale Nord-Sud: gli occupati soddisfatti sono infatti il 79% nel Nord e il 72,6% nel Mezzogiorno.
Questi dati non ci lasciano affatto stupidi.
Tutto rientra, come detto sopra, in questo sistema turbo liberista e consumista: in poche parole, l’obiettivo delle oligarchie, che controllano produzioni, usi e costumi, è quello di riempire i cittadini di prodotti non necessari, privandoli poi di quelli di prima necessita, come un lavoro stabile e nel tempo, una casa, l’assistenza sanitaria, la scuola pubblica e la pensione. (Modello Usa).
Tutto con l’aiuto della Tv e della pubblicità che ci spingono a consumare e a rientrare in determinati canoni di modus vivendi.
Basti vedere l’uso del telefono.
Quando la vecchia Sip era statale non esisteva la moda delle telefonate; in seguito quando venne privatizzata (per diventare Telecom e Tim) si partì con spot e pubblicità, si arrivò persino a dire che una telefonata allungava la vita e bellissime donne hanno iniziato a pubblicizzare telefoni cellulari.
Oppure basti pensare alla cosiddetta pubblicità dell’invecchiamento: cosa vuol dire? Farci vedere un nostro oggetto, nonostante ancora efficiente e funzionale, vecchio, fuori moda, da cambiare.
Una volta criticavamo questa società dicendo che producevamo per consumare.
Oggi la dittatura consumista si è rafforzata e ha fatto dei passi avanti: oggi consumiamo per produrre.
Siamo diventati il water dell’ingranaggio di produzione, il tubo di scarico, dobbiamo consumare il più velocemente possibile per poter dare alle multinazionali la possibilità di riprodurre.
E in tutto questo non possiamo che evidenziare l’uso ormai esteso a tutti e per tutti dei “prestito” e della carta di credito.
Tempo fa il prestito veniva chiesto solamente per acquistare una casa (mutuo), oggi è possibile richiedere un prestito per ogni tipo di consumo, dalla spesa al cellulare, dalla vacanza al computer e via dicendo.
E i cittadini continuano a indebitarsi, pagando interessi ed ingrassando il potere dell’usura internazionale.
Un cittadino arriva a fine mese e praticamente consegna la sua busta paga alla banca, dove gli vengono scalate tutte le rate degli acquisti fatti, rimanendo senza un euro e ricominciando il mese utilizzando la carta di credito, oppure richiedendo nuovi prestiti.
Tutto questo non è simbolo di lusso e benessere, anzi.
E’ simbolo di schiavitù e sudditanza a questa dittatura economica, che non solo ci condiziona economicamente, ma ci impone anche un determinato stile di vita.
Per concludere facciamo un esempio banale, ma che fotografa la realtà di oggi: un ragazzo di 19 anni, senza automobile alla moda, videotelefonino e abiti firmati, potrebbe mai uscire con una bella ragazza?
Anche i sentimenti hanno oggi un valore economico ed estetico, intanto il lavoro continua ad essere a tempo determinato, la casa un sogno e la pensione un miraggio.