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Transnistria: la rielezione di Igor Smirnoff

di Stefano Vernole* - 16/12/2006

                

 

Domenica 10 dicembre 2006 è stato rieletto alla presidenza della Transnistria con l’ 82,4% dei voti l’uomo forte di questa repubblica, Igor Smirnoff.

Ai rimanenti candidati sono rimaste solo le briciole, un dignitoso 8,1% è andato alla rappresentante del Partito comunista Nadezhda Bondarenko, il 3,9% al principale oppositore Andrei Safonov e il 2,1% al membro del parlamento Peter Tomaily.

Come in occasione del referendum di settembre, anche stavolta il voto si è svolto in un clima di assoluta tranquillità e correttezza, come confermato anche dagli altri 140 osservatori internazionali presenti (e dai 157 osservatori locali).

Tra di essi, abbiamo incontrato al ritorno quelli del British Helsinki Human Rights Group, che hanno controllato le procedure elettorali nel centro-nord del paese, riportando le nostre medesime  impressioni.

L’unica differenza rispetto al referendum di qualche mese fa è il calo dell’affluenza alle urne, segno anche della minore passione per un test fondamentalmente “nazionale”,  che segue i sette risultati referendari favorevoli al diritto della Transnistria all’indipendenza.

La stessa Russia, fortemente interessata ai destini di questa nazione a causa della sua posizione strategica tra Ucraina e Moldavia (soggette entrambe alle pressioni statunitensi per una loro futura entrata nella NATO), non si è mobilitata più di tanto per quella che ha considerato una consultazione di carattere interno, alla quale ha comunque dato (come sempre sola, visto che OCSE, UE e USA se ne guardano bene …) pieno riconoscimento.

In ogni caso, anche se il processo d’integrazione appare molto lento, rimane il legame privilegiato tra Tiraspol e Mosca; quest’ultima spera, grazie alla sovranità della Transnistria, di creare una zona demilitarizzata, che impedisca all’Alleanza Atlantica di puntarle i suoi missili troppo da vicino.

I 20 rappresentanti moldavi, invitati dal governo locale, non si sono infatti presentati per non garantire legittimità alle elezioni, confermando indirettamente l’importanza di una regione strategica non solo per gli obiettivi nazionali russi e romeni ma per quelli dell’intera Eurasia.

Il nostro monitoraggio ha riguardato 7 seggi, ubicati tra le cittadine di Kamenka e Rybnitsa, nel nord di questa piccola repubblica, in un’atmosfera ancora una volta colorata dai palloncini e dalla musica che accoglie coloro che si recano alle urne.

Nonostante questi distretti nelle precedenti elezioni fossero stati esclusi dai controlli e avessimo perciò fatto apposita richiesta di visitarli, le procedure alle quali abbiamo assistito non differiscono granchè da quelle in uso in Italia e dimostrano una crescente organizzazione sia da parte della macchina governativa che della stessa popolazione.

Abbiamo registrato un solo momento di tensione durante il rientro a Tiraspol, quando le forze di sicurezza hanno notato due pullman con targa moldava diretti verso il centro della capitale, ma il dubbio che si trattasse di una provocazione da parte del governo di Chisinau è stato fortunatamente subito dissipato.

Aldilà della volontà di rispettare gli standard internazionali, permane nelle dichiarazioni dei dirigenti transnistriani dopo i risultati elettorali la consapevolezza di giocare un ruolo decisivo in quello che è il nuovo progetto imperiale messo in campo dal Cremlino, cioè la ricostituzione di uno spazio geopolitico pari a quello dell’ex Unione Sovietica  prima della caduta del Muro di Berlino.

Con la sua straordinaria composizione multietnica, che nonostante le provocazioni esterne continua a reggere bene grazie a un’equa ripartizione delle cariche, la Transnistria rimane un interessante laboratorio politico per un’ Europa il cui progetto futuro non potrà basarsi né sui nazionalismi sciovinisti forieri di scontri religiosi né sulla sudditanza alle direttive atlantiste patrocinate da Washington.

 

 

 *Osservatore internazionale alle elezioni presidenziali per conto dell’ONG Cis-Emo