Ecologia e fisica
di Guido Dalla Casa - 21/12/2006
Agli inizi della scienza moderna, circa tre secoli fa, la fisica nacque sostanzialmente come meccanica, soprattutto per opera di Newton. Il pensiero corrente della cultura occidentale è ancora oggi in gran parte ancorato alla visione del mondo che consegue dall’opera di Newton, sia per quanto riguarda i concetti di spazio e di tempo, sia perchè viene attribuita a gran parte dei fenomeni una natura essenzialmente meccanica. Inoltre, alla base della scienza “ufficiale” sta il dogma che il mondo materiale è effettivamente ed oggettivamente esistente, in modo del tutto indipendente dal mondo mentale-spirituale: la scienza di Newton ha cioè come premessa scontata l’accettazione acritica del dualismo cartesiano.
In altre parole, la scienza è nata assumendo come premessa ovvia - quindi senza alcuna garanzia dal punto di vista del metodo scientifico - una particolare visione filosofica, che avrebbe dovuto essere considerata al massimo come un’ipotesi di lavoro: invece è stata forzatamente mantenuta fino ai giorni nostri.
Infatti la scienza - nella sua versione ufficiale – resta legata ancora oggi alla visione cartesiana-newtoniana da cui è nata. Tutto l’universo, compresa la natura vivente sulla Terra, è assimilabile a una gigantesca macchina smontabile e ricomponibile: come conseguenza, la natura è priva di ogni rilevanza morale. L’uomo non ne fa parte, ma è qualcosa di superiore. Così è nata l’aggressione alla Natura, e quindi il problema ecologico.
E’ stato detto che la metafisica di un’epoca deriva dalla fisica dell’epoca precedente: in effetti oggi è vigente una visione del mondo meccanicista e materialista, che consegue dalla fisica dell’Ottocento e non dalle idee d’avanguardia nate nel secolo Ventesimo. La scienza stessa oppone fortissime resistenze ad ogni modifica di paradigma, cioè del quadro generale in cui vengono interpretati tutti i fenomeni.
Faremo un rapido excursus di alcune evoluzioni avvenute nell’ultimo secolo: relatività, fisica quantistica, studio dei sistemi, fenomeni mentali. Cercheremo poi di accennare ad alcune conseguenze che potrebbero sorgere nell’atteggiamento della nostra cultura verso il mondo naturale se il pensiero corrente accogliesse qualche idea già oggi presente in queste nuove tendenze della scienza, per ora minoritarie. Ad esempio, potrebbe nascere un’etica che comprende tutto il mondo naturale; questo avrebbe una grande influenza sul problema ecologico.
Riporto dal libro di Fritjof Capra Il punto di svolta (Ed. Feltrinelli, 1984):
In contrasto con la concezione meccanicistica cartesiana del mondo, la visione del mondo che emerge dalla fisica moderna può essere caratterizzata con parole come organica, olistica ed ecologica. Essa potrebbe essere designata anche come una visione sistemica, nel senso della teoria generale dei sistemi. L’universo non è visto più come una macchina composta da una moltitudine di oggetti, ma deve essere raffigurato come un tutto indivisibile, dinamico, le cui parti sono essenzialmente interconnesse e possono essere intese solo come strutture di un processo cosmico.
La fisica classica
Come accennato, la premessa essenziale della fisica classica che ha resistito come un dogma fino quasi alla metà del Ventesimo secolo è che esista un mondo reale e oggettivo di natura materiale dotato di proprie leggi di funzionamento. Compito dell’osservatore è scoprire queste leggi oggettivamente esistenti. I fenomeni avvengono nello spazio e nel tempo, entità assolute, indipendenti ed esistenti in sé.
Qualche primo cedimento della visione puramente meccanica sembrò nascere già nell’Ottocento con la termodinamica e l’introduzione del concetto di campo. Ma la termodinamica venne poi spiegata come azione meccanica statistica-probabilistica e il campo si può interpretare come un artifizio matematico, nato solo per consentire una semplificazione del calcolo. La concezione meccanicista imperante ne uscì praticamente rafforzata.
L’unica novità che costituì nell’Ottocento un primo modesto indebolimento della concezione meccanicista è stata la teoria della propagazione delle onde elettromagnetiche (equazioni di Maxwell).
Per quanto riguarda la costituzione della materia, la formulazione della teoria atomica non fece che rafforzare la visione meccanistica del mondo: c’erano 92 “palline” e con quelle era costituita tutta la realtà.
A cavallo dei due secoli salta fuori la radioattività: gli atomi non sono indivisibili, sono fatti a loro volta di protoni ed elettroni (in seguito, anche neutroni). Le “palline” sono più piccole, ma non è cambiato niente: si tratta sempre di particelle “elementari”, che costituiscono tutto l’universale. Anzi, sono soltanto di tre tipi.
La relatività
Con la relatività speciale (1905), spazio e tempo perdono la loro esistenza indipendente ed assoluta, materia ed energia diventano intercambiabili. Con la relatività generale (1916) anche la gravitazione entra nel gioco e viene sostituita con la “geometria dello spaziotempo”. Si è ora in grado di formulare leggi fisiche valide in qualsiasi sistema di riferimento, anche in moto accelerato, che viene assimilato a un campo gravitazionale. La rivoluzione sembra notevole, ma siamo ancora ben legati alla visione cartesiana. Materia ed energia sono state unificate, ma il dualismo principale resta netto: c’è un mondo energetico-materiale oggettivo, che viene esplorato da una mente umana separata.
Inoltre si continua a considerare ovvia l’impenetrabilità dei corpi (cioè il dualismo vuoto-pieno) e la logica “A non è non-A”. Si continua a dividere ogni problema, ogni cosa, ogni processo in parti, senza tener conto che qualunque suddivisione risente di qualche “pregiudizio” e non può essere neutrale e valida universalmente. Le entità non-quantificabili e non-misurabili sono ancora sostanzialmente negate.
Forse il pensiero corrente ha accettato l’unificazione energia-materia, ma non è andato oltre. Sempre di entità fisiche si tratta. La mente è un’altra cosa: essa indaga dall’esterno il mondo fisico oggettivo. La mente è sempre soltanto umana: solo qualche “coraggioso” osa attribuirla anche ad esseri individuali dotati di sistema nervoso centrale, come gli altri mammiferi superiori.
L’etica riguarda sempre soltanto chi è “dotato di mente”, cioè gli umani.
Siamo arrivati così ai primi decenni del ventesimo secolo.
La fisica quantistica
Come noto, nel 1927 Werner Heisenberg formulò il suo famoso “principio di indeterminazione”, che inizialmente riguardava la posizione e la quantità di moto di una particella. Le due grandezze non sono determinabili esattamente entrambe: in altre parole se vogliamo definirne una, l’altra è completamente indeterminata. Solo l’osservazione “sceglie” la grandezza da conoscere. Il principio si applica anche ad altre coppie di grandezze, fra cui la coppia energia-tempo: se fissiamo un istante esatto, cioè vogliamo che sia nulla l’indeterminazione del tempo, la “particella” presenta una massa-energia totalmente indeterminata, il che significa che non è niente di definibile in alcun modo. Siamo di fronte ad entità il cui contenuto mentale è a malapena celato dal linguaggio matematico.
Attorno agli anni Trenta ci furono diversi dibattiti fra i fisici, che culminarono in quella che venne poi chiamata “l’interpretazione di Copenhagen”, in base alla quale l’indeterminazione non deriva da una limitazione dei nostri strumenti o dei nostri sensi, ma è una caratteristica del mondo, è nella natura delle cose. Non si può separare il fenomeno dall’osservazione, non esiste alcuna realtà oggettiva. Il dualismo mente-materia è scomparso: non si possono separare.
Come noto, Erwin Schroedinger arrivò agli stessi risultati di Heisenberg e riuscì a formulare l’equazione che porta il suo nome: si tratta di un’equazione differenziale che descrive l’andamento nel tempo della probabilità di trovare una “particella” in una determinata posizione. E’ qualcosa di piuttosto evanescente e sfumato, ma comunque siamo ancora in grado di descrivere un andamento nel tempo. E’ l’osservazione che fa “collassare” la probabilità in “certezza”: in un certo senso siamo di fronte al tentativo di ridare importanza all’uomo, dopo tre o quattro secoli dalla rivoluzione copernicana. Per qualcuno si è tornati all’antropocentrismo, con una sorta di megalomania dell’osservatore. In questa direzione sorgerà più tardi anche il principio antropico, in base al quale sembra che l’universo sia fatto per l’uomo: tuttavia il ragionamento si può ripetere anche per la marmotta, una montagna o un torrente. Ciascuna entità può vedere l’Universo come “fatto per sé”.
Inoltre, l’indeterminazione applicata al binomio massa-tempo (o energia-tempo) portò a formulare il concetto di vuoto quantistico: non esiste alcuna particella né entità stabile, c’è solo una specie di vacuità creativa, una danza di energie che continuamente nascono nell’essere e svaniscono nel nulla. Il dualismo vuoto-pieno è scomparso. “A” e ”non-A” possono coesistere. Non esiste alcun “mattone fondamentale” della materia.
La sistemica e gli esseri collettivi
Nella seconda metà del Novecento lo studio dei sistemi portò a formulare le idee di sistema complesso e di essere collettivo. In particolare, un sistema che abbia un certo grado di complessità si evolve in modo da divenire completamente imprevedibile, anche in linea di principio: infatti si trova ben presto in qualche biforcazione-instabilità, dopo la quale prenderà vie completamente diverse anche per variazioni infinitamente piccole nella storia precedente. La sua evoluzione non è prevedibile neanche in termini probabilistici.
Si usa dire che il sistema prende a caso una via o l’altra, ma possiamo ugualmente dire che il sistema sceglie la via da prendere. Nei sistemi complessi si ha l’emergenza di fenomeni mentali. (G. Minati, Esseri collettivi, Ed. Apogeo, 2001). Anche secondo lo scienziato-filosofo inglese Gregory Bateson (autore, tra l’altro, di Verso un’ecologia della mente e Mente e Natura), la mente sorge come conseguenza di un certo livello di complessità del sistema.
Dal libro di Fritjof Capra Verso una nuova saggezza (Ed. Feltrinelli, 1988):
Secondo Bateson la mente è una conseguenza necessaria e inevitabile di una certa complessità, la quale ha inizio molto tempo prima che degli organismi viventi sviluppino un cervello e un sistema nervoso superiore. Egli sottolineò anche che caratteristiche mentali sono manifeste non solo in singoli organismi, ma anche in sistemi sociali e in ecosistemi, che la mente è immanente non solo nel corpo ma anche nelle vie e nei messaggi fuori dal corpo.
E’ chiaro che dobbiamo abituarci all’idea di processi, che qualche volta vanno in un modo, qualche volta in modo molto diverso, anche con le stesse identiche premesse e predisposizioni.
Un esempio tipico di sistema complesso è l’atmosfera terrestre: infatti i fenomeni atmosferici sono completamente imprevedibili, anche solo in linea di principio, dopo tempi molto limitati, a causa del cosiddetto effetto-farfalla, che corrisponde alla “scelta” del sistema in una biforcazione-instabilità.
L’emergenza del fenomeno mentale nell’evoluzione di un sistema fa cadere il feticcio della riproducibilità: il sistema complesso, anche con tutte le premesse e le predisposizioni fisiche energetiche-materiali identiche, ha in generale andamenti diversi caso per caso. Il concetto di “condizioni rigidamente controllate” perde ogni significato.
Tornando alla fisica quantistica, l’osservazione fa parte del sistema: è una biforcazione-instabilità nel sistema stesso. La megalomania dell’osservatore è scomparsa (Prigogine). Ne consegue una considerazione interessante: la mente è pressochè onnipresente nei fenomeni naturali. E’ forse superfluo ricordare che la mente non comporta necessariamente la coscienza, ma questo non ci turba per niente dopo un secolo di psicoanalisi.
Seguendo questa scuola di pensiero, ci ritroviamo in un mondo naturale costituito da entità mentali, senza confini precisi, di cui le entità umane sono soltanto una parte: è evidente che in tal modo l’etica deve comprendere tutta la natura.
Abbiamo ritrovato l’idea di essere senziente che proviene anche da filosofie di origine indiana (Buddhismo e Jainismo), dove infatti l’etica non riguarda solo gli esseri umani, ma anche altri esseri o entità naturali.
Un’entità con emergenza di mente diventa degna di considerazione morale. L’emergenza del fenomeno mentale rende il sistema complesso un soggetto-oggetto di considerazione etica. Le entità naturali sono soggetti morali.
Qualche esempio
Esistono numerosi esperimenti rigorosi da cui risulta che, anche isolando e schermando al loro interno gruppi di termiti di un termitaio da tutti i campi conosciuti possibili, quegli insetti sono in grado di realizzare la struttura del termitaio con precisione ultramillimetrica, da ogni parte degli schermi. E’ come se esistesse un unico piano ben preciso, non supportato da nessun campo energetico di alcuna natura. Inoltre ogni termite percepisce istantaneamente qualsiasi turbativa venga data al termitaio a qualunque distanza si trovi e al di là di qualsiasi tipo di schermatura. E ciò accade anche se le singole termiti provengono in origine da termitai diversi, purchè, al momento dell’esperimento, il nuovo termitaio - come entità - sia già stato costituito. L’ipotesi più logica è semplice: il termitaio ha (o è) una mente. In altri termini: le termiti di un termitaio sono emotivamente collegate da continui scambi telepatici istantanei. La scienza ufficiale cartesiana se la cava dando l’etichetta di misticismo a ciò che contraddice le sue premesse dogmatiche.
Il termitaio è solo un esempio che si può applicare a tante altre entità, come una specie, una cultura, un ecosistema, una società, una cellula, un albero, la Biosfera.
Un ecosistema è un sistema complesso dotato di mente. Solo come esempio, è per questo che essere immersi in una foresta naturale ci dà una notevole emozione: c’è uno scambio mentale-emotivo. Forse va interpretato in questo senso anche il tentativo di molte culture native del continente americano di immettersi nel sistema atmosferico, complesso e quindi mentale, per ottenere precipitazioni attraverso la danza della pioggia, che naturalmente qualche volta riusciva e qualche volta no.
Conclusioni
Abbiamo visto che gli altri viventi, una foresta, una palude, un termitaio, una specie sono entità dotate di mente: partendo da un altro approccio, già lo psichiatra junghiano James Hillmann (Autore, fra molti altri libri, di Politica della bellezza e Il piacere di pensare) parlava della nostra immersione nell’Anima del mondo.
L’etica richiede una sorta di empatia verso tutte le entità naturali.
E’ evidente che si può parlare di mente associata al sistema totale, ovvero a tutta la Biosfera: abbiamo così ritrovato l’idea di Gaia già teorizzata da altri scienziati (Lovelock, Margulis, Sheldrake). E’ chiaro che ci siamo portati su posizioni ben lontane dall’idea tradizionale dell’uomo che studia dall’esterno e manipola a suo piacimento un mondo fatto di materia-energia. La distinzione fra mondo energetico-materiale, al servizio della nostra specie, e mondo mentale-psichico-spirituale, che un tempo era considerato - nella cultura occidentale - come esclusiva umana, si è dissolta. Qui siamo molto lontani anche dall’idea che la mente sia soltanto “il prodotto” di un sistema nervoso centrale.
Ma la mentalità corrente e il mondo ufficiale restano su una posizione “ottocentesca”, quella di un universo meccanico in cui solo l’essere umano, dotato di mente-anima, ha diritto a considerazione morale!
Invece il filone di pensiero che abbiamo seguìto ci dà la speranza di ritrovarci in un mondo che riscopre lo spirito dell’albero, della palude, del torrente.