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Asini con il fucile

di Alessandro Ursic - 11/11/2005

Fonte: peacereporter.net

Con sempre meno reclute, l'esercito Usa abbassa gli standard nei test d'ingresso 
 
  
E’ più di un anno ormai che le forze armate americane hanno difficoltà nel reclutare il numero di nuovi soldati prefissato: la possibilità di essere mandati in Iraq si è rivelata un potente deterrente alla carriera militare. Ma il bisogno di ricambi non cala, anzi: l’esercito ha intenzione di rinforzarsi nei prossimi anni, aggiungendo 30mila effettivi ai quasi 500mila di cui dispone finora. E per lo scorso meso di ottobre, intanto, ha cominciato reclutando ragazzi che in precedenza sarebbero stati respinti per aver raggiunto un punteggio troppo basso ai test attitudinali.
 
Dentro gli ultimi. Gli esami di ammissione all’esercito consistono in domande di cultura generale, scienza, matematica, con risultati che possono andare da 0 a 99 punti. Finora, nelle regole fissate dal Pentagono, la categoria da 16 a 30 punti era quella appena sufficiente per essere promossi, con la clausola però che solo il 4 per cento delle reclute poteva rientrare in questa forbice. A ottobre, la forbice è stata improvvisamente allargata: il 12 per cento degli aspiranti soldati accettati dall’esercito ha fatto segnare il punteggio minimo. Così l’obiettivo mensile di reclutamento è stato raggiunto, ma al prezzo di una minore qualità dei soldati. E, come hanno dimostrato gli eventi in Iraq, non si parla solo di sparare bene o meno: il soldato scarso è anche quello che spara quando non dovrebbe, perde la testa più facilmente sotto stress, manca di rispetto verso gli altri.
 
Le reazioni. La pensa così Thomas White, un ex responsabile dell’esercito statunitense licenziato due anni fa dal ministro della Difesa Donald Rumsfeld, che considera l’abbassamento degli standard un errore. “E’ un disastro. Significa gettare la spugna nel reclutare uomini di qualità”, dice: “Gli anni Settanta ci hanno chiaramente insegnato cosa significa reclutare un cospicuo numero di persone che rientrano nelle più basse categorie mentali”. Lo stesso problema si ebbe infatti nella fase finale della guerra del Vietnam: si abbassarono le barriere d’entrata nei test, e aumentarono i problemi disciplinari tra i ranghi. I vertici dell’esercito minimizzano, e ribattono sostenendo che la soglia del 4 per cento sarà rispettata: in effetti, essendo ottobre il primo mese dell’anno fiscale, i conti finali andranno comunque fatti dopo il 30 settembre 2006. “Siamo perfettamente in linea con i nostri obiettivi”, ha spiegato il colonnello Brian Hilferty, un portavoce dell’esercito, “ha poco senso commentare dati che giungono così presto”.
 
I numeri. In passato, nella transizione tra la leva obbligatoria e un esercito di volontari, i limiti di qualità praticamente non esistevano: in alcuni anni il 50 per cento delle reclute aveva conseguito il punteggio minimo al test d’ingresso. Successivamente, il Congresso ha imposto regole sempre più restrittive. L’abbassamento della soglia d’entrata, pur senza sforare i limiti previsti, è comunque già stato applicato nel 2005: l’esercito ha reclutato 2.900 uomini su 73mila della categoria più bassa, contro i soli 440 dell’anno precedente. Ma nonostante questo, sia l’esercito sia la Guardia Nazionale non sono riusciti a raggiungere i loro obiettivi di reclutamento per l’anno fiscale 2005: l’Army si è fermato a 7mila uomini in meno, la Guardia ha mancato il numero prefissato per 13mila unità.