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I brogli 'democratici' di Kabul

di Federica Ramacci - 11/11/2005

Fonte: rinascita.info

A quasi due mesi di distanza dalle elezioni parlamentari dello scorso 18 settembre in Afghanistan, le autorità di Kabul non hanno ancora diffuso i risultati definitivi del voto.
Troppi sono stati i casi di brogli, le irregolarità e le frodi nel procedimento di voto che la comunità internazionale aveva accolto come un passo decisivo verso “la democrazia in Afghanistan”.
Invece è stato un totale fallimento, al quale gli organizzatori delle elezioni non riescono a porre rimedio se non continuando a rimandare la divulgazione dei dati ufficiali, slittata già due volte.
Una delle province a creare i maggiori problemi è quella di Kandahar, dove è ancora in corso il riconteggio dei voti. La maggior parte delle schede nelle altre province interessate dalle consultazioni, sono state già “verificate” e “accertate”, con molte forzature, per evitare agli Stati Uniti l’ennesima brutta figura dopo le accuse di brogli e irregolarità nel referendum sulla costituzione irachena del 25 ottobre.
Il presidente afghano Hamid Karzai che da queste elezioni si aspetta un rafforzamento del suo esecutivo, si sta opponendo alla nomina di alcuni candidati considerati “legati a gruppi terroristici” ma che nelle elezioni di settembre avrebbero ricevuto valanghe di schede, anche grazie a minacce e intimidazioni su una popolazione largamente analfabeta e affatto informata sulle migliaia di candidati che si sono presentati alle consultazioni di settembre.
Nei sei mesi che hanno preceduto il voto più di mille persone, inclusi molti candidati, sono stati uccisi in agguati. Un bagno di sangue. Il peggiore da quando gli Stati Uniti hanno bombardamento il Paese nel 2001.
Oggi il popolo afghano, attende i risultati del voto con poca speranza per il futuro. La composizione del Wolesi Jirga (la Camera bassa del Parlamento afghano) interessato dal voto di settembre insieme ad alcuni consigli comunali, sarà comunque divisa tra numerosi candidati di diversa provenienza e senza un progetto politico comune. Un parlamento incapace di gestire un Paese che per primo ha subito l’attacco “preventivo” a stelle a strisce. Secondo le prime stime almeno il 45 per cento del parlamento sarà in mano a mujahidin e almeno il 20 per cento a candidati indipendenti di varia provenienza tra i quali forse anche alcune donne. Ma il resto andrà in mano a candidati sconosciuti, magari legati al vecchio regime talibano.
Un voto inutile alle necessità dello stremato popolo afghano, ma utilissimo alle strategie imperialiste statunitensi.