Vittime del petrolio: cosa sta succedendo in Nigeria?
di Giovanni Pancani - 07/01/2007
Chi impedisce un cambiamento pacifico rende possibile un cambiamento violento. J.F.Kennedy Recentemente, a causa di un rapimento di tecnici dell’Eni in Nigeria, è tornata alla ribalta di giornali e telegiornali la vicenda del Delta del Niger. Il caso che coinvolge i tre tecnici dell’Eni è soltanto l’ultimo di una lunghissima serie di atti – tredici rapimenti negli ultimi sei mesi del 2006 – che, negli ultimi anni hanno compreso sabotaggi agli impianti ed alle tubazioni, rapimenti di tecnici ed azioni di vario tipo, rivendicate da un gruppo armato, il Mend (Movement for Emancipation of Niger Delta). Questo movimento si è sviluppato principalmente fra gli appartenenti al popolo Ogoni, una minoranza – 500.000 persone in uno stato di oltre 110.000.000 di abitanti – che negli anni della decolonizzazione ha visto nella propria terra un continuo aumento della devastazione ambientale e della dipendenza economica del proprio paese dal petrolio, estratto dalla Shell in compartecipazione alla Nnoc (National Nigerian Oil Company), dalla Elf e dall’Agip. La Nigeria oltre ad essere il più importante produttore petrolifero africano e membro dell’Opec, è stata per 30 dei suoi 46 anni di indipendenza governata da militari di etnia Hausa/Fulani, in maggioranza nella popolazione: in tutti questi anni lo sfruttamento sempre più massiccio delle risorse del paese, che attualmente produce 2,3 milioni di barili di petrolio al giorno, ha causato lo sradicamento più o meno violento di molte delle etnie che vivevano in quella che è la regione che ospita i campi petroliferi più ricchi d’Africa: il Delta del fiume Niger. Le estrazioni cominciarono nel marzo del 1956 nello stato di Bayelsa nei campi della Shell, mentre l’Eni arrivò più tardi, nel 1962. Nel 1958 fu trovato petrolio nello stato di Rivers, dove vivevano gli Ogoni. Gli oleodotti, costruiti in superficie, passano su terreni un tempo coltivati e successivamente espropriati, mentre parte della popolazione ha dovuto lasciare i propri villaggi. Chi è rimasto lavora spesso per le compagnie petrolifere, percependo stipendi bassissimi. Alla devastazione ambientale si è poi aggiunto il costo sociale che gli Ogoni hanno dovuto sopportare: la zona da loro abitata ha poche scuole, non ha ospedali né acquedotti, e nemmeno l’elettricità. La disoccupazione è altissima, attorno al 70%. Le proteste dei gruppi etnici minoritari sono state ignorate dal governo nigeriano per decenni finchè, dato che le proteste e le rivendicazioni non avevano prodotto nessun effetto, alcune popolazioni formarono autonomamente una lotta di resistenza, arrecando danni agli impianti, promuovendo la chiusura degli impianti ed arrivando in alcuni casi al rapimento dei lavoratori impiegati dalle compagnie. Queste ultime reagirono duramente, con la richiesta di un intervento da parte del governo nigeriano che represse le mobilitazioni popolari con l’esercito. Alcuni manifestanti furono uccisi, i villaggi bruciati, e le popolazioni deportate nella foresta. Per rispondere a tutto questo emerse nel 1990 la figura di Ken Saro-Wiwa, drammaturgo, poeta e letterato Ogoni, candidato al premio Nobel per la Pace. > Presidente di un’organizzazione per i diritti delle minoranze africane e fondatore del Mosop (Movement for Surviving of Ogoni People), difensore della nonviolenza attiva, Saro-Wiwa era convinto che esistessero forme positive e costruttive di dissenso per opporsi al governo militare allora al potere ed alla Shell. Uno dei pochi documenti rintracciabili in italiano (su internet lo si trova in molti siti), scritto da Judith Atiri descrive la situazione così: Con il sostegno di pochi altri membri della comunità Ogoni, [Ken Saro-Wiwa] fu così capace di organizzare il suo popolo. Andò da una comunità all'altra rivolgendosi alle persone, ascoltando i loro bisogni e chiedendo che cosa avrebbero voluto fare. Così, sotto la leadership del Mosop, gli Ogoni cominciarono una campagna di resistenza. Prepararono una carta dei diritti, formulando poche ma chiare rivendicazioni: il riconoscimento della loro autonomia politica all'interno della federazione nigeriana; la fine di ogni tipo di emarginazione dal potere politico; le forme di riparazione da parte della Shell e dello stesso governo federale in ragione del degrado ambientale subito e della drastica distruzione delle loro principali fonti di vita; un sistema di ridistribuzione più equa delle entrate derivanti dall'estrazione e vendita del petrolio.Con l’impiccagione di Saro-Wiwa il filo della possibile evoluzione democratica della Nigeria fu spezzato: da allora, a fasi alterne, sono seguiti periodi di tensioni e violenze, tregue, attacchi alle strutture delle compagnie petrolifere e, più recentemente, scontri armati con le milizie private delle stesse compagnie petrolifere, rapimenti di personale ed esplosione di autobombe. Negli ultimi dieci anni la Nigeria è passata ad un governo civile retto da Olusegun Obasanjo (la cui possibile rielezione nelle votazioni che si terranno ad aprile è stata da molti correlata con l’incremento di attività contro le compagnie petrolifere); si è sviluppata una più forte società civile locale e si sono insediate molte Ong. Nonostante ciò la situazione nigeriana resta grave. Lo sviluppo della Nigeria deve essere insieme politico ed economico: una maggiore indipendenza dalle istituzioni finanziarie, un recupero della sovranità nazionale ed uno sfruttamento razionale delle risorse naturali che finalmente vada a vantaggio della popolazione sono, oltre ad un maggior rispetto dei diritti civili, le condizioni essenziali per uscire dalla povertà e per non rendere più possibile un altro caso come quello di Ken Saro-Wiwa. Giovanni Pancani Fonte: http://www.aspoitalia.net Link: http://www.aspoitalia.net/index.php?option=com_content&task=view&id=138&Itemid=38 25.12.2006 NIGERIA, RAPITORI DICONO DI AVER RESPINTO OFFERTA RISCATTO ENI DI TOM ASHBY Reuters LAGOS (Reuters) - I militanti nigeriani che tengono sotto sequestro tre italiani e un libanese da quasi due settimane hanno detto che Eni ha offerto loro somme di denaro in cambio del rilascio degli ostaggi e hanno detto che preferirebbero ucciderli piuttosto che liberarli per denaro. Il Movimento per l'Emancipazione del Delta del Niger (Mend) ha catturato i quattro lavoratori del settore petrolifero il 7 dicembre scorso al terminale per l'esportazione di petrolio Brass, gestito da Agip, del gruppo Eni. "Agip negli ultimi giorni ha offerto a diversi criminali nella regione del Delta ingenti somme di denaro come pagamento di un riscatto, perfino chiedendoci di indicare il nostro prezzo per la liberazione di questi ostaggi", ha dichiarato il Mend in una e-mail ai media, aggiungendo che questa pratica è illegale in Italia come in Nigeria. "Piuttosto che liberarli (per denaro), gli ostaggi saranno tutti fucilati.. . Il rilascio di questi quattro individui è legato al rilascio di quattro ostaggi del Delta del Niger nelle mani del governo nigeriano", ha affermato il movimento militante. Un portavoce di Agip in Nigeria non è stato raggiungibile per un commento. Il Mend ha chiesto in cambio della liberazione degli ostaggi la scarcerazione di due leader della regione, un risarcimento agli abitanti della zona per l'inquinamento da petrolio, il trasferimento del controllo delle risorse petrolifere dal governo alle comunità locali e risarcimenti per 50 anni di sfruttamento da parte dell'industria petrolifera. Il Nigeria è l'ottavo esportatore di petrolio del mondo, anche se le tensioni locali hanno di recente allontanato gli investitori e fatto calare la produzione. Il Mend ha fatto esplodere due autobombe nei complessi di società petrolifere nella città di Port Harcourt, che hanno causato danni ad auto ed edifici ma non feriti. I militanti hanno anche diffuso le foto dei quattro ostaggi. Il Mend ha dichiarato che Agip aveva definito il gruppo come una banda di criminali senza far riferimento alla rivolta armata che dura da un anno contro il governo nigeriano. Il governo nigeriano rifiuta di definire i militanti del Mend come criminali a caccia di riscatti e ha cercato di avviare trattative e promesso lavoro e investimenti nella regione, che ospita tutte le risorse petrolifere e di gas della nazione membro dell'Opec. Tom Ashby Fonte: http://today.reuters.it/ Link 20.12.2006 |