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An Inconvenient Truth. Il film che racconta la «fine del mondo»

di Giulia D'Agnolo Vallan - 13/01/2007

 

La terribile «verità scomoda» di Ozone Man


Tutto è iniziato con uno show di diapositive sulle conseguenze dell'effetto serra, una sorta di conferenza itinerante, che Al Gore faceva da anni e che aveva ripreso a fare poco dopo la debacle elettorale del 2000. «Sono l'ex futuro presidente degli Stati Uniti», soleva esordire Gore di fronte alle platee di verdi che lo accoglievano adoranti. Il clan du Bush, invece, lo aveva soprannominato con scherno Ozone Man, l'uomo d'ozono.
Ma ci è voluta l'inziativa dell'attivista ambientale Laurie David (è la moglie del comico Larry David, e l'ideatrice della campagna promozional/attivista di The Day After Tomorrow), di Lawrence Bender (produttore di Tarantino) e del regista Davis Guggenheim perché la lecture di Gore diventasse un film, capace non solo di allargare a macchia d'olio il dibattito sul global warming (definito fino all'anno scorso dall'ex presidente della commisione per l'ambiente del senato, James Inhofe, «la più grande frode mai perpetrate ai danni del popolo americano») ma anche - almeno per un attimo- di fare riparlare di Gore come di un plausibile candidato presidenziale, una voce «autentica», in un'America sempre più insofferente nei confronti dell'establishment washingtoniano di cui Hillary Clinton è immancabilmente identificata come un esponente. Non a caso, la copertina di un numero estivo del settimanale New York, lo definiva The Comeback Kid. Che il makeover hollywodiano avesse dissipate per sempre la legnosità, la supponenza, persino l'indecisione che piagavano l'immagine del candidato alla presidenza Al Gore?

Veniva immediatamente da chiedersi cosa sarebbe cambiato nella storia se Clinton (e il suo vice) avessero accettato l'offerta di Mike Ovitz (allora potentissimo capo della Creative Artists Agency) di ideare una campagna pormozionale per la riforma sanitaria che sarebbe poi così clamorosamente naufragata agli albori del loro mandato. Prima di usofruire delle potentissime arti promozionali della Paramount che lo distribuisce (e che a Cannes si era presentata come «sponsor verde»), An Inconvenient Truth, era stato finanziato dalle casse di Jeff Skoll e della sua progressista Participant Productions, già dietro a Good Night and Good Luck, Syriana e Fast Food Nation.

Costruito intrecciando la struttura della conferenza con diapositive a riflessioni autobiografiche di Al Gore (la morte della sorella per cancro ai polmoni, l'infanzia in una famiglia di coltivatori di tobacco, digressioni che gli si erano ritorte contro durante la campagana elettorale perché giudicare poco sincere), il film funziona come un gesto di passione, l'esposizione di una sorta di crociata personale comprovata da fatti incontrovertibili (è al 100% l'accordo della comunità scientifica sul tema), immagini bellissime, a intermittenza astratte, e da un chiaro senso di apocalisse. Bastano la foto «prima e dopo» dei ghiacciai per innescarlo, subito all'inizio del documentario.

Alcuni dei fatti esposti nel film: abbiamo quadruplicato la popolazione mondiale in meno di 100 anni ed espanso il potere delle nostre tecnologie migliaia di volte. I 10 anni più caldi della storia si trovano tutti negli ultimi 14 anni. Il 2004 è stato il primo anno in cui il Sudamerica ha sperimentato un urgano, mentre in Giappone e nel Pacifico si sono registrati tifoni record. La forza dirompente di Katrina era dovuta anche all'aumento della temperatura dell'acqua nel Golfo del Messico. Analisi della calotte polari provano che i livelli di ossido di carbonio sono i maggiori mai raggiunti in un quarto di milione di anni... Se gli scienziati sono d'accordo all'unanimità, però, una ricerca su database di giornali e riviste trova che il 57% di tali pubblicazioni mette in dubbio la realtà dell' effetto serra, mentre il 43% la riconosce.

Questi dati sono, secondo Gore, il risultato di una campagna di disinformaizone iniziata negli anni '90 dall'industria energetica per riposizionare l'effetto serra come se si trattasse di un dibattito. Non è diverso, dice ancora, dalla strategia usata dai fabbricanti di sigarette. 10 anni a partire da oggi è la deadline che Al Gore dà per arrivare al «punto di non ritorno». «Il mondo non finirà dal giorno alla notte ma sarà praticamente impossibile fare marcia indietro».