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Ustica, l'Italia merita una risposta

di Tatiana Genovese - 13/01/2007

 


Resta così, come 27 anni fa, senza colpevoli individuati e puniti e apparentemente senza una spiegazione, la strage di Ustica. L’ha decretato, due giorni fa, la prima sezione penale della Cassazione, presieduta da Torquato Gemelli, assolvendo con formula piena e definitiva i generali Lamberto Bartolucci e Franco Ferri, processati per alto tradimento nell’ambito ‘dell’incidente’ avvenuto il 27 giugno 1980 che provocò 81 morti.
È stata quindi confermata la sentenza della Corte d’Appello di Roma del 15 dicembre 2005 che aveva assolto con la formula “in quanto il fatto non sussiste” i due alti ufficiali dell’Aeronautica dall’accusa di alto tradimento in relazione a presunti depistaggi delle indagini relative alla tragedia di Ustica.
Ad una modifica della formula puntava invece la Procura generale e anche il governo, difeso dall’Avvocatura dello Stato, che chiedevano di sostituire la formula precedente con un “in quanto il fatto non è più previsto dalla legge come reato”. Con questa decisione che ha tanto il sapore di ‘politically correct’, sono stati privati anche i familiari della vittime della possibilità di ottenere, almeno in sede civile, il risarcimento dei danni morali. Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione dei familiari della vittime, ha comunque affermato che “non ci importa del risarcimento. Oggi il problema torna alla politica che deve difendere la dignità nazionale. Il governo chieda conto ai Paesi coinvolti di quel che è successo. Paesi che sino ad ora sono stati reticenti”.
Amarezza e rabbia, almeno di facciata, nella dichiarazione del segretario dei Ds PieroFassino, che, si è detto indignato “per una sentenza che non ci dà né giustizia né verità”, e promette di impegnarsi “perché responsabilità, verità e giustizia, in questo Paese, non siano parole vuote e inutili”. Dello stesso parere anche Pino Sgobio, capogruppo del Pdci alla Camera dei deputati, che, pur sottolineando il suo rispetto per l’autonomia della magistratura, ha precisato che “la notizia su quanto deciso dalla Cassazione provoca profonda tristezza e aggiunge altro dolore. A distanza di 27 anni, sia i vivi che i morti di quella terribile notte attendono ancora giustizia. Rimaniamo in attesa di conoscere tutte le motivazioni”.
Non potevano mancare le dichiarazioni di assoluto consenso alla decisione della Cassazione, come quella del vice-coordinatore di Forza Italia, Fabrizio Cicchitto, che, soddisfatto per l’assoluzione dei generali dell’aeronautica, ha voluto ribadire di non aver mai creduto “all’ipotesi costruita nel corso di questi anni con un chiaro schematismo politico”; secondo l’esponente azzurro, è stato proprio a causa di questo schematismo, “come per almeno uno degli attentati ai treni e per la strage della stazione di Bologna” che “non è mai stata investigata a fondo l’ipotesi di centrali terroristiche attivate da gruppi politici e di governo che si muovevano nella logica degli scontri allora in atto nel Vicino Oriente”.
Ancor più appagato dalla sentenza è apparso, il più volte ministro dell’Interno, Francesco Cossiga, all’epoca presidente del Consiglio, che ha definito una “pessima figura anche nei confronti dell’Aeronautica militare italiana” la decisione della presidenza del Consiglio dei ministri “certo malconsigliata dall’Avvocatura dello Stato”, di “interporre un ricorso che è stato addirittura dichiarato inammissibile”. Il presidente emerito della Repubblica ha giudicato inammissibile la condanna dei due generali per alto tradimento a causa di un supposto inganno alle autorità politiche “su una verità che neanche i giudici hanno accertato. Quello che dovrebbe fare il governo - ha continuato Cossiga - è presentare nella sua discrezionalità al parlamento un ddl che preveda comunque un risarcimento per le famiglie delle povere vittime, che altrimenti potrebbero essere danneggiate da questo giudizio della Corte di Cassazione”.
Al di là di qualsivoglia commento su questa decisione, l’unica certezza che resta è rappresentata da un mistero. Un mistero che, dopo decenni di indagini e battaglie, ma anche e soprattutto di errori, depistaggi e occultazioni, resta insoluto. Sembra che quella verità che vede l’Italia stretta in un gioco politico tra mondo arabo e ‘alleati’ americani e che ha fatto del Mediterraneo luogo di incontro e scontro di strategie militari, quella verità che ha causato la morte di 81 persone, sia più facile celarla che indagarla.
Evidentemente però nell’Italia dei segreti di Stato e delle stragi impunite la verità appare destinata a rimanere beneficio di pochi, anche se ciò comporta la negazione dell’evidenza, ovvero che almeno un colpevole deve esserci.