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Sulla riforma della giustizia

di Massimo Fini - 14/01/2007

 
Nel gran conclave dell'Unione che inizia oggi a Caserta il ministro Guardasigilli Clemente Mastella esporrà le linee guida di un 'grande progetto di riforma' che dovrebbe accorciare i tempi del processo penale e civile. E' un 'iniziativa lodevole, almeno nelle intenzioni, perchè è la prima volta che un governo si occupa di quello che è il problema dei problemi della giustizia italiana, l'abnorme durata dei processi, tema sul quale battiamo, purtroppo a vuoto, da almeno trent'anni. Mastella almeno dà l'impressione di provarci, laddove i precedenti governi, infarcendo soprattutto il Codice di Procedura Penale di norme cosiddette 'garantiste', avevano ottenuto il formidabile risultato di dilatare ulteriormente la durata biblica dei processi. Temo però che la montagna partorirà il classico topolino. Il progetto di riforma si propone di "stabilire per legge i limiti massimi di tempo in cui si deve definire un processo".

Ma questo è il calmiere di manzoniana memoria, come nessuna legge può abbassare il prezzo del pane se il pane scarseggia così nessuna legge può contenere per diktat la durata dei processi se questi non vengono prima snelliti e smagriti. E su questo piano sostanziale la 'grande riforma' di Mastella è ampiamente deludente. Due sono le proposte che hanno un qualche significato. La prima è di "sospendere i tempi della prescrizione dal momento della condanna in primo grado". Provvedimento giusto che consentirà di arrivare a qualche condanna definitiva - mentre attualmente centinaia di migliaia di processi sono falcidiati dalla prescrizione - ma che non accorcia di una virgola le procedure. Più significativa è una seconda proposta che prevede di stabilire una volta per tutte la competenza (per territorio, materia o funzione) del Tribunale all'inizio del processo di primo grado in modo che la questione non possa essere riproposta, magari all'ultimo momento, in Appello o addirittura in Cassazione costringendo quindi il processo a ripartire da zero come abbiamo visto accadere tante volte in questi anni soprattutto per imputati eccellenti ed eccellentissimi. Provvedimento sacrosanto ma che da solo ha l'effetto di svuotare il mare se non viene esteso alle altre infinite nullità, invalidità, eccezioni, ricorsi, controricorsi, ricusazioni di cui è costellato il nostro codice. Anzi molte di queste nullità, invalidità, eccezioni - quelle che hanno una valenza solo formale - dovrebbero essere tolte del tutto dalla circolazione.
Ma c'è dell'altro. Noi siamo l'unico Paese al mondo ad avere non solo tre gradi di giudizio ma tutti e tre di merito. La Cassazione, nel nostro ordinamento, dovrebbe avere solo il controllo della pura regolarità formale delle procedure seguite nei due giudizi precedenti, invece attraverso il grimaldello della 'congruità delle motivazioni rispetto al dispositivo' si è trasformata in un terzo giudice di merito perchè va a sindacare i fatti su cui si sono basate le motivazioni delle sentenze di primo e secondo grado. Come minimo la Cassazione dovrebbe essere riportata alla sua funzione originaria di controllo di pura legittimità senza andare a mettere il naso sulle motivazioni dei giudici di primo e secondo grado che, giuste o sbagliate che siano nel concreto, dovrebbero far parte del 'giudicato', cioè di ciò che non è più possibile rivedere. Ma la soluzione ideale sarebbe avere, come in tutti gli altri Paesi, due soli gradi di giudizio: uno di merito, l'altro di legittimità (Cassazione).

Inoltre la 'presunzione di innocenza' prevista dalla nostra Costituzione fino alla 'condanna definitiva', cioè in Cassazione, quindi dopo anni se non decenni, dovrebbe essere trasformata in una più ragionevole 'presunzione di colpevolezza' dopo una condanna di primo grado. Ciò non avrebbe effetto sulla durata dei processi, ma ne avrebbe molto sulla loro efficacia e sulla certezza della pena perchè consentirebbe di tenere in carcere soggetti quasi sicuramente colpevoli ma che oggi ne escono nel periodo che intercorre fra il giudizio di primo grado e quello 'definitivo' della Cassazione in base al principio della presunzione di innocenza fino alla condanna 'definitiva' combinata con i limiti massimi di custodia cautelare (in tal modo in questi anni, soprattutto nei processi per mafia, abbiamo visto uscir di galera assassini notori). Ma per fermare la 'presunzione di innocenza' alla condanna di primo grado ci vorrebbe una revisione costituzionale e dubito molto che un Parlamento che ha trovato corsie preferenziali rapidissime e i numeri per varare un indulto disastroso metterebbe lo stesso impegno e la stessa volontà per un'iniziativa che, una volta tanto, andrebbe a favore di Abele e non di Caino.

Massimo Fini
Fonte: http://www.massimofini.it/