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Dossier su Rifiuti

di fare verde - 14/01/2007

 

 


LA GESTIONE DEI RIFIUTI
 
 
LA GESTIONE DEI RIFIUTI IN EUROPA
 
 
LA NORMATIVA AMBIENTALE
 
Per proteggere l’ambiente l’Unione Europea aveva compreso già dagli anni 90 che era fondamentale diminuire la produzione dei rifiuti, dando vita ad una nuova strategia di gestione dei rifiuti, non più considerati come scarti da smaltire, ma da recuperare, riciclare e riutilizzare, ponendo l’accento sulla prevenzione e la riduzione per superare la logica dello smaltimento in discarica.
La politica ambientale europea ha intrapreso molteplici azioni per facilitare l’attuazione della legislazione sui rifiuti, redigendo direttive sulla politica dei rifiuti, l’ambiente, statistiche e la classificazioni dei rifiuti, le direttive per le discariche, per gli inceneritori dei rifiuti pericolosi, direttive per i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, per gli imballaggi, per gli olii  usati, le pile e gli accumulatori, i fanghi di depurazione, limiti delle emissioni di diossine e metalli pesanti, i veicoli, i trasporti transfrontalieri,ecc.
Molte di queste strategie sono considerate superate e per questo motivo si  trovano in fase di revisione per poterle aggiornare alle nuove esigenze venutesi a creare in materia di rifiuti.
 
 
LA  SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE
 
Il processo di aggiornamento della normativa ambientale ha visto la nascita di nuove strategie basate sul concetto di sviluppo sostenibile. Si fa strada l’esigenza di un approccio integrato degli ambiti economici, sociali ed ambientali, di una crescita economica sostenibile con la protezione dell’ambiente e nello specifico dei rifiuti; questa scelta comporta il potenziamento della raccolta differenziata, del riciclaggio dei rifiuti, ma anche lo sviluppo del concetto di ciclo di vita ambientale di un prodotto. Per minimizzare gli impatti negativi sull’ambiente si vuole  coinvolgere tutti gli “stakeholders”: industria, autorità pubbliche, consumatori nel processo di revisione dei circuiti produttivi del rifiuto.
Si è proceduti di conseguenza a riformare la normativa delle sostanze chimiche, a definire l’uso sostenibile delle risorse naturali, ad incentivare tecnologie che proteggono l’ambiente come ad esempio le biotecnologie industriali (o bianche) nei processi industriali, specialmente quelli chimici e tessili della concia, della carta e dell’industria  farmaceutica.
Si è intrapreso infine anche il percorso di individuazione dei rifiuti riciclabili e biodegradabili ovvero i prodotti più ecologici destinati al “Green Public Procurement” (GPP, gli acquisti pubblici “verdi”) per promuovere un nuovo mercato, costituito da prodotti ritenuti ambientalmente preferibili.
 
 
LA GESTIONE DEI RIFIUTI
 
Per quanto riguarda il vecchio sistema di smaltimento dei rifiuti, la direttiva 1999/31/Ce sulle discariche proponeva di diminuire, prevenire, ridurre il conferimento e le conseguenze ambientali durante l’attività di una discarica per tutti gli stati membri. Gli Stati membri erano chiamati ad elaborare entro il 2003 una strategia nazionale per la riduzione dei rifiuti urbani biodegradabili altrimenti destinati alla discarica. Essendo stata stimata la frazione organica di circa il 30% della quantità dei rifiuti da smaltire, la direttiva si era posta degli obiettivi di riduzione dei rifiuti biodegradabili: del 75% entro luglio 2006, del 50% entro luglio 2009, del 35% entro luglio 2016.  Ma a gennaio del 2004 solo 12 paesi Stati membri avevano presentato le strategie nazionali, che comprendono anche il compostaggio, il riciclo della carta e il recupero di energia e sottolineano l’importanza di separare alla fonte i rifiuti organici per la produzione di compost di qualità.
Per ora soltanto l’Austria, la Danimarca, la Germania, i Paesi Bassi e la regione fiamminga hanno raggiunto o preso le misure necessarie per gli obiettivi della direttiva.  
Nonostante questi provvedimenti, la produzione dei rifiuti urbani è costantemente aumentata e  l’Europa produce ogni anno 1,3 miliardi di tonnellate di rifiuti, di cui 40 milioni di tonnellate sono rifiuti pericolosi. La media europea nel 1995 era di 482kg/abitante, mentre nel 2003 era 577kg/abitante. Questi dati dimostrano che non è sufficiente ricorrere alle operazioni di recupero, riciclaggio e riutilizzo, ma che diviene sempre più importante dare spazio alle azioni di riduzione e prevenzione del rifiuto.
Queste considerazioni hanno dato avvio allo studio di nuove forme di comportamento eco-compatibile in ambito industriale commerciale politico e sociale, che possano favorire la riconversione del sistema economico e produttivo europeo. Si può constatare infatti che, anche se il sistema di smaltimento in discarica va scomparendo, è pur sempre ancora il metodo più utilizzato per rispondere alle esigenze di smaltimento finale dei rifiuti.
Un’altra forma di smaltimento dei rifiuti è l’incenerimento, che viene praticato con o senza recupero di energia in 10 Stati membri, mentre alcuni, come ad es. la Grecia, l’Estonia, l’Irlanda non lo usano affatto. Nei paesi in cui si usa l’incenerimento, diminuisce il ricorso alla discarica.
Per quanto concerne la produzione e la gestione dei rifiuti pericolosi e non pericolosi non si riesce ad avere un quadro complessivo per la scarsità di dati, cosa che denota un campo di azione non ben delineato e controllato, anche se i paesi che hanno istituito sistemi di raccolta differenziata dei rifiuti pericolosi stanno aumentando.
Si registra un progressivo aumento anche nella produzione degli imballaggi, nonostante l’aumento delle frazioni merceologiche dei rifiuti recuperati e la media europea del sistema di raccolta differenziata e di riciclaggio oscilla tra il 2% e il 32%. Ciò dimostra che molti paesi debbono ancora allinearsi alle direttive europee, evidenziando una notevole disparità e disomogeneità di gestione nei sistemi previsti per il recupero, la raccolta e il riciclaggio dei rifiuti.
 
 
 
LA GESTIONE DEI RIFIUTI IN ITALIA
 
 
LA NORMATIVA AMBIENTALE
 
Il recepimento delle direttive europee ha dato luogo al Decreto Legislativo n. 22 del 5 febbraio 1997 che, tramite l’allora Ministro all’Ambiente Edo Ronchi, ha avviato un’operazione di sistematizzazione della normativa nazionale italiana in materia di rifiuti. Tale decreto si proponeva di allineare la gestione dei rifiuti secondo le principali linee guida della Comunità Europea, che si basano sulla riduzione, il recupero, il riciclaggio, il riutilizzo e sulla prevenzione.
Il rifiuto non viene più considerato uno scarto di cui disfarsi attraverso lo smaltimento in discarica, ma una materia prima seconda che viene re-inserita nel ciclo produttivo ed industriale del mondo economico. Bisogna dunque dare la precedenza a tutte le iniziative indicate dal decreto e promuovere il mercato dei materiali recuperati e il loro reimpiego anche nella Pubblica Amministrazione (vedi GPP). Lo Stato ha il compito di individuare le strategie per raggiungere gli obiettivi previsti per tutte le tipologie di rifiuto.
 
 
LA PRODUZIONE DEI RIFIUTI
 
Nonostante le operazioni di raccolta delle informazioni da parte delle Agenzie per la Protezione dell’Ambiente Regionali (ARPA) e Nazionale (APAT), da parte delle Regioni, delle Province, degli Osservatori Nazionali, Regionali e Provinciali e del CONAI, dei Commissari per l’Emergenza e da parte delle aziende municipalizzate di gestione per i servizi di igiene urbana, si è potuta constatare l’incompletezza, la carenza e l’incongruenza dei dati provenienti dalle diverse fonti. Questo fatto non permette di avere un quadro complessivo della situazione reale dei rifiuti e dove i dati non sono stati registrati, si è proceduto con le metodologie di stima.
Secondo il “Rapporto Rifiuti 2005” dell’APAT, la produzione dei rifiuti urbani nel 2004 si attesta a circa 31,1 milioni di tonnellate, facendo rilevare un incremento rispetto al 2003 superiore al 3,7%. Dopo una fase di sostanziale stabilità tra il 2002 e il 2003 si rileva un aumento dei rifiuti. La media nazionale di produzione dei rifiuti pro capite nel 2000 era di 501 kg, mentre nel 2004 di 533 kg. A livello regionale si assiste ai maggiori incrementi di produzione tra il 2003 e il 2004:  al Nord: media tra 514 e 530 kg/abitante/anno; al Centro: media tra 557 e 617 kg/abitante/anno;  al Sud:media tra 454 e 491 kg/abitante/anno. A livello provinciale si assiste ad un aumento generale oltre la soglia del 550 kg pro capite (650 kg nel 2004), mentre le città aumentano la produzione dei rifiuti con un incremento del 25,5% tra 2000 e 2001.
Al Nord si registra una produzione di rifiuti pari a 14 milioni di tonnellate; al Centro di 6,9 tonnellate; al Sud di 10,2 tonnellate di rifiuti urbani.
 
 
LA GESTIONE DEI RIFIUTI
 
Nonostante le difficoltà di recepimento dei dati da parte degli organismi di controllo preposti, è dimostrato che gli obiettivi della raccolta differenziata fissati dalla normativa vengono agevolmente superati dove si è realizzato un sistema integrato di gestione dei rifiuti. Tale sistema non esclude la discarica e l’incenerimento, ma ne riduce l’utilizzo in base alle finalità di una corretta gestione dei rifiuti, prevista dalla normativa europea e italiana.
 
 
LO SMALTIMENTO IN DISCARICA
 
Si assiste alla chiusura di numerosi impianti di discarica per rifiuti urbani soprattutto al Sud: in Campania (-9), Calabria (-9), in Sicilia (-16), in Basilicata (-15). Al Centro il numero delle discariche si riduce sensibilmente in Toscana (-5) e al Nord con 5 impianti in meno. Tra il 2003 e il 2004 il numero delle discariche sul territorio nazionale scende da  474 a 401, di cui 117 al Nord, 52 al Centro, 232 al Sud.
Il recepimento della direttiva 99/31/CE avrebbe dovuto favorire un utilizzo più sostenibile della discarica, intesa come smaltimento finale dei rifiuti, ma purtroppo la scarsità della raccolta differenziata e la chiusura degli impianti non ha ancora portato ad una reale alternativa al vecchio sistema di smaltimento. Tale situazione ha portato soltanto a delle soluzioni provvisorie come in Sicilia e in Campania, dove sono stati creati dei depositi di stoccaggio di rifiuti in attesa di incenerimento all’estero.
La pratica diffusa delle ordinanze urgenti e contingibili nelle aree di emergenza rifiuti ha dato luogo all’attività non continuativa di numerosi impianti, non attivi per parte dell’anno e poi riautorizzati.
Il recepimento della direttiva europea con oltre due anni di ritardo ha dimostrato che gli impianti di discarica italiani non si erano preparati alle modifiche tecnologiche richieste.
Infine, anche a causa della scarsa applicazione della raccolta differenziata, si è potuto rilevare che nel 2004 i rifiuti urbani smaltiti in discarica ammontano a 17,7 milioni di tonnellate rispetto ai 17,9 milioni di tonnellate del 2003.
Tra le regioni d’Italia, il Lazio rimane anche nel 2004 la regione che smaltisce in discarica la maggior quantità di rifiuti urbani ( 2,8 milioni di tonnellate = 89% del totale dei rifiuti prodotti nella stessa regione). Seguono la Sicilia con 2,5 tonnellate, la Puglia con 1,8 milioni di tonnellate.
 
 
L’INCENERIMENTO
 
Si è passati dai 43 impianti di incenerimento nel 2000 alle 48 unità del 2004. Dei 48 impianti di incenerimento operativi, 29 sono ubicati al Nord (13 in Lombardia), 13 al Centro (8 in Toscana, 3 nel Lazio) e 6 al Sud. Le potenzialità di trattamento sono aumentate in base all’aumento degli impianti di incenerimento e passano dalle 10.600 tonnellate al giorno del 2000 alle 14.000 tonnellate giornaliere nel 2004. La disparità di impianti tra le varie regioni italiane è dovuta al ritardo generale dello sviluppo integrato di gestione dei rifiuti in Italia, che prevede anche l’incenerimento e le tecnologie di pretrattamento del rifiuto da raccolta differenziata.
Tutto dipende dalle differenti politiche di gestione dei rifiuti e la loro conseguente riduzione in discarica. Non è detto però che il diminuito conferimento dei rifiuti in discarica sia necessariamente derivato da accorte strategie di raccolta differenziata e di compostaggio. In Veneto per esempio tale risultato si è ottenuto, sviluppando soprattutto il recupero della frazione organica, mentre in Lombardia si è preferito scegliere l’incenerimento con recupero energetico di CdR (Combustibile derivato da Rifiuti), frazione secca da TMB (Trattamento Meccanico-Biologico) o rifiuto indifferenziato.
I rifiuti avviati agli impianti di incenerimento sono aumentati dell’11,4 % nel 2004 rispetto al 6,1% del 1996. Si è passati da 1,6 milioni di tonnellate a 3,5 milioni di tonnellate all’anno a cui si aggiungono 473 tonnellate di CdR, 43 tonnellate di rifiuti sanitari e 485.000 tonnellate di altri rifiuti speciali per un totale di 4,1 milioni di tonnellate.
Le regioni del Nord, con la Lombardia (45,7%), l’Emilia Romagna (17,7%) e il Veneto (5,3%) conferiscono i maggiori quantitativi di rifiuti all’incenerimento; nel Centro la Toscana (7,2%) ed il Lazio (6,2%); al Sud la Sardegna (4,7%) e la Puglia (2,6%).
 
 
LA RACCOLTA DIFFERENZIATA
 
Il sistema di gestione integrata dei rifiuti garantisce la valorizzazione delle componenti merceologiche, il recupero dei materiali, la promozione di comportamenti più corretti da parte dei cittadini. E per uscire dalle logiche di gestione dell’emergenza, che caratterizzano alcune regioni d’Italia, bisogna affrontare in modo sistematico il cosiddetto ciclo integrato dei rifiuti, in tutte le sue fasi con una visione olistica del problema: la raccolta differenziata, il riciclaggio, il  compostaggio, il recupero di materia, l’incenerimento e lo smaltimento in discarica.
 
Attraverso l’applicazione delle più varie metodologie di raccolta differenziata si è giunti a comprendere che il sistema di raccolta più efficace ed efficiente risulta essere la raccolta domiciliare dei rifiuti. A differenza del sistema a cassonetti stradali, essa permette la raccolta capillare dei rifiuti favorendo il recupero di materiali puliti, cioè non contaminati da altri rifiuti. Più si riduce la presenza di materiali contaminanti nella parte recuperata e più si rende possibile il suo re-inserimento nel circuito industriale e commerciale. Sia le utenze domestiche che quelle non domestiche (esercizi commerciali, scuole, fabbriche, ecc) vengono dotate di appositi contenitori che separano i materiali da recuperare alla fonte, evitando così la produzione del cosiddetto rifiuto indifferenziato o rifiuto tal quale, destinato alla discarica. Soltanto il rifiuto non riciclabile, il residuo della raccolta differenziata, viene definitivamente smaltito in discarica.
A sostegno della raccolta domiciliare (detta anche raccolta Porta a Porta) è importante dare seguito alla realizzazione di isole ecologiche, ecocentri, di impianti di recupero, alla diffusione dell’utilizzo dei materiali recuperati, all’attivazione e all’ampliamento della raccolta della frazione organica putrescibile secondo logiche di integrazione rispetto all’intero ciclo dei rifiuti.
 
A livello nazionale nel 2004 la raccolta differenziata si attesta a circa 7,1 tonnellate, pari al 22,7% della produzione totale dei rifiuti urbani. Si registrano elevati livelli di r.d. nel 2004 in Lombardia (41%), in Veneto (43%) e in Trentino Alto Adige (37,8%); superiori al 25% il Friuli, la Valle d’Aosta, l’Emilia Romagna. La Toscana recupera il 30,9% mentre il Piemonte 32,8%; l’Umbria il 20,2%, la Liguria il 16,6%, le Marche il 16,2%; l’Abruzzo il 14,1%, la Campania il 10,6%. Tra il 7 e il 9% ci sono la Calabria, il Lazio e la Puglia. Tra 5 e 6 % la Basilicata, la Sicilia e la Sardegna. Il Molise 3,6%.
La distribuzione della raccolta differenziata pro capite (2004) vede i valori più alti in Toscana con 214 kg pro capite, in Lombardia con 209 kg, in Veneto con 204 kg, mentre la media nazionale si attesta a 120,9 kg pro capite.
A livello provinciale si assiste ad un aumento della raccolta differenziata superiore al 35%, tra cui  spicca Treviso nel 2004 con il 65%. Tassi superiori al 50% sono riscontrabili a Lecco, Vicenza, Como, Cremona, Padova, ecc.; intorno al 45% Verbano, Reggio Emilia e sopra il 40% Milano e Bolzano. Al Centro si evidenziano le Province toscane con percentuali tra il 25-35%. Al Sud Teramo (20,9%), Salerno (19%), Chieti (15,2%)
Nelle città metropolitane si assiste ad una forte crescita della raccolta differenziata per Torino (dal 26,7 al 31,9%) e Bologna (dal 9,3 al 25,7%), mentre nelle altre città si hanno solamente delle crescite lievi.
 
 
LA RACCOLTA DEGLI IMBALLAGGI
 
Il Consorzio Nazionale degli Imballaggi (Conai) è l’organismo delegato a garantire il raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio dei rifiuti di imballaggio. Tramite il contributo ambientale, il Conai ha anche la funzione di addebitare a produttori e utilizzatori gli oneri di raccolta differenziata, recupero, riciclaggio dei rifiuti da imballaggio.
Per garantire le corresponsabilità gestionali tra produttori, utilizzatori e pubblica amministrazione ed incentivare la raccolta differenziata dei rifiuti da imballaggio, il decreto Ronchi prevede che il Conai stipuli un accordo di programma con l’Anci, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, che ha visto la sua prima edizione nel 1999.
Il sistema Conai si avvale di una rete di piattaforme per il recupero degli imballaggi, che gradualmente si dovrà estendere in modo omogeneo su tutto il territorio italiano. Il 60% delle piattaforme degli imballaggi è al Nord, specie in Lombardia (65), Emilia Romagna (50), Piemonte (42), seguite dal Sud (24%), Campania (32), Sicilia (20), Puglia (15), e dal Centro (16%), Lazio (23), Toscana (18), Marche (16). Le piattaforme sono in tutto 379, di cui il 20% con la raccolta di più tipologie di rifiuti.
La difficoltà di reperire i dati dei quantitativi raccolti hanno dato luogo ad un calcolo approssimativo, stimando la produzione degli imballaggi nel 2002 di poco superiore ai 15 milioni di tonnellate, mentre rimane costante nel 2003 e nel 2004.
Le Direttive 94/62/CE e 2004/12/Ce fissano, la prima, gli obiettivi minimi (50%) e la soglia massima (65%) per il recupero ed il riciclaggio dei rifiuti da imballaggio da raggiungere entro giugno del  2001, la seconda stabilisce l’innalzamento della soglia minima del 50 al 60% in peso, eliminando la soglia massima, poiché considerata non più necessaria al funzionamento del mercato interno. Per quanto riguarda i materiali di imballaggio si è proceduto all’innalzamento del minimo del 25% a quello del 55%, introducendo obiettivi minimi per ogni tipologia di rifiuto (vetro, carta e cartone, metalli, plastica,legno).
 
 
LA RACCOLTA DEI RIFIUTI BIODEGRADABILI
 
Secondo la Direttiva 99/31/CE sono stati dichiarati biodegradabili tutti quei rifiuti soggetti a decomposizione aerobica ed anaerobica. Alimenti, scarti di potature, scarti verdi di giardini, carta e cartone, legno e fibre tessili naturali sono quei rifiuti biodegradabili, che, se non recuperati attraverso una raccolta differenziata, vengono conferiti in discarica, contribuendo alla formazione di percolato e di biogas, oltre a riempire grandi quantitativi di volumetrie dell’impianto di smaltimento.
Nel 2004, attraverso la raccolta differenziata, il trattamento meccanico-biologico e l’incenerimento sono stati recuperati 10,4 tonnellate di rifiuti biodegradabili. 6 Regioni (Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Trentino, Alto Adige, Emilia Romagna e Campania) hanno raggiunto l’obiettivo di riduzione dello smaltimento della frazione biodegradabile in discarica fissato per il 2008 anche se tale obiettivo è il risultato di scelte gestionali più o meno condivisibili.
La pratica del compostaggio delle matrici selezionate del rifiuto organico o umido è aumentata in relazione alla crescita della raccolta differenziata e la quantità dei rifiuti biodegradabili  compostati nel 2004 è pari a 2,67 milioni di tonnellate con un incremento del 40,5% rispetto al 2000.
Si assiste inoltre ad un divario delle quantità trattate tra il Nord e il Sud: il Veneto, la Lombardia, il Piemonte e l’Emilia-Romagna recuperano circa il 73% dei rifiuti biodegradabili trattati negli impianti di compostaggio a livello nazionale. Gli impianti di compostaggio presenti in Italia nel 2004 sono 251 (254 nel 2003) di cui 205 attivi. Al Nord è dislocato il 69,3 % degli impianti; al Centro il 17,5%; al Sud il 13,1%.  
 
 
IL TRATTAMENTO MECCANICO-BIOLOGICO E LA PRODUZIONE DI FOS  E CDR
 
Anche se il trattamento meccanico-biologico (TMB) assume un ruolo di rilievo nella gestione dei rifiuti indifferenziati a valle della raccolta differenziata, esso viene per lo più utilizzato per la produzione di Fos (Frazione Organica Stabilizzata) e CdR (Combustibile derivato da Rifiuti). Attraverso questa tecnologia i rifiuti indifferenziati subiscono un primo trattamento che li separa rispettivamente nella frazione umida e in quella secca.
Una volta attuata questa suddivisione del rifiuto, si procede alla trasformazione della frazione umida in Fos e della frazione secca in CdR. La produzione della Fos contribuisce all’utilizzo del rifiuto umido stabilizzato nel ripristino ambientale di cave, giardini, discariche, parchi, scarpate e non viene impiegata per usi agricoli.
La frazione secca segue il percorso della produzione di CdR, che viene inviato agli impianti di incenerimento.
I quantitativi dei rifiuti trattati negli impianti di selezione e di biostabilizzazione sono pari a 7,4 milioni di tonnellate, confermando quelli del 2003.
Gli impianti di Cdr in Italia sono 55, di cui 31 operativi e la loro potenzialità complessiva di trattamento dei rifiuti è pari a 8 milioni di tonnellate l’anno.
In Campania, i rifiuti indifferenziati derivanti dagli impianti di trattamento meccanico biologico continuano ad essere stoccati in attesa di venir trasportati in impianti di recupero energetico all’estero. Le quantità di rifiuti stoccate sono in costante aumento: 500.000 tonnellate nel 2002, 800.000 tonnellate nel 2003 e circa 900.000 tonnellate nel 2004. Alla fine del 2004 i rifiuti trattati in questa Regione hanno superato i 2,2 milioni di tonnellate, ai quali vanno aggiunti i quantitativi stoccati nel 2004 presso i singoli Comuni attraverso il sistema delle ordinanze urgenti e contigibili.
 
 
LA TARIFFA
 
Il sistema tariffario avviato in via sperimentale nel 1999 ai sensi dell’art. 49 del D.Lgs. 22/1997 ha evidenziato notevoli difficoltà di recepimento da parte dei Comuni nel passaggio dalla tassa alla tariffa sui rifiuti ed ha subito una nuova proroga rispetto alla sua applicazione. Le cause sono da ricercare nelle incertezze del quadro normativo non del tutto consolidato e nelle procedure necessarie per l’applicazione della tariffa. I Comuni devono determinare gli atti amministrativi necessari, senza i quali non è possibile applicare la tariffa.
Il Regolamento tariffario costituisce lo strumento normativo fondamentale per l’applicazione della tariffa e prevede tra l’altro un sistema sanzionatorio, il catasto delle unità immobiliari, l’anagrafe dei residenti, un piano finanziario, il programma degli interventi, il piano degli investimenti, gli obiettivi di gestione, le agevolazioni e le riduzioni,
Molti comuni hanno delegato la gestione ad un consorzio, che gestisce i comuni come se fossero un’unica realtà, ma la maggior parte continua a basarsi su di un sistema fiscale presuntivo.
 
 
ESEMPI DI RACCOLTA DIFFERENZIATA
 
Al Convegno intitolato “Gestione dei rifiuti e raccolta differenziata a confronto”, organizzato a Luglio 2006 in Emilia Romagna dall’ATO 5 Bologna e dalla Provincia di Bologna, sono state illustrate alcune esperienze di gestione dei rifiuti e di raccolta differenziata. L’intento era di analizzare le diverse modalità di gestione dei rifiuti urbani secondo la visione dell’ambito territoriale ottimale (ATO) e con una particolare attenzione alla raccolta differenziata.
La comparazione tra le metodologie, le realtà territoriali, i costi di gestione è stata un utile strumento di informazione sia per gli amministratori che per i tecnici, a cui era dedicato il convegno.
Dalle relazioni esposte è emerso che il sistema a contenitori stradali produce più rifiuti l’anno rispetto al porta a porta (600-700kg/abitante/anno contro 400-500kg /abitante/anno), mentre con il sistema porta a porta le frazioni recuperabili risultano più elevate e con minore presenza di materiali indesiderati o inquinanti. 
I costi di gestione della raccolta risultano maggiori con il sistema domiciliare, ma vengono contenuti attraverso la riduzione dei costi di smaltimento finale del rifiuto indifferenziato per la minore quantità di tale rifiuto dovuta alla maggiore resa della raccolta differenziata.
Molte realtà italiane hanno scelto di passare al sistema domiciliare a causa della criticità della situazione impiantistica di smaltimento come ad esempio l’”AMIAT” di Torino, che dalle 102.878 tonnellate del 2001 è passata alle 192.969 tonnellate nel 2005 con una percentuale del 35% circa.
L’esperienza del “Consorzio Bacino Padova Uno” si basa su di un sistema di raccolta differenziata porta a porta spinta, da circa dieci anni e comprende 25 comuni con una popolazione complessiva di circa 220.000 abitanti. Nel 1995 le percentuali di raccolta erano del 6% ed oggi hanno raggiunto addirittura il 65%. La purezza degli scarti organici è molto elevata e il materiale compostabile risulta superiore al 98%
L’ “ASM” di Brescia effettua un sistema di raccolta differenziata dei rifiuti finalizzata alla termovalorizzazione con recupero di energia, mentre l’”Hera” dell’Emilia Romagna si avvale di raccolte stradali incentivando in un prossimo futuro le raccolte differenziate.
Il “Consorzio Intercomunale Priula”, di cui è stato scritto in un numero precedente (Il consorzio intercomunale Priula: un efficace modello di gestione integrata dei rifiuti urbani esportabile in altre realtà, di Marina Mele, in xfare+verde, n. 50, nov-dic 2005), opera nel Veneto in Provincia di Treviso e serve una popolazione di 219.233 abitanti. E’ l’unico soggetto gestore del servizio, avendo i comuni trasferito le competenze sui rifiuti per evitare la frammentazione della gestione dei rifiuti. Il metodo di raccolta è quello del porta a porta con tariffazione puntuale, basata sulla reale produzione dei rifiuti con ulteriori riduzioni fiscali per chi pratica il compostaggio domestico.
La raccolta viene effettuata con piccoli contenitori di diverse capacità e sui contenitori del secco sono installati dei trasponder per la registrazione del peso utile per la determinazione della tariffa puntuale.
Dal 2000 al 2005 si è passati da una raccolta differenziata pari al 27,18% ad una pari al 75,63%
Dai 441 kg/abitante/anno del 2000 si è passati a 336 kg/abitante/anno nel 2005.
 
 
CONSIDERAZIONI
 
Da quanto descritto sinora, si evince che la trasformazione della gestione dei rifiuti in un sistema integrato sta lentamente muovendo i suoi primi passi. Vige un notevole divario nella realizzazione dei sistemi di raccolta e degli impianti previsti tra le regioni d’Italia, che vede primeggiare quelle del Nord. Ciononostante alcune aree al Centro-Sud hanno sperimentato delle interessanti innovazioni nel settore, raggiungendo percentuali di raccolta differenziata del 50-60% come i Comuni della Provincia di Salerno.
Gli elementi di successo della raccolta differenziata del Porta a Porta sono riconducibili ad una efficace campagna di comunicazione, una adeguata pianificazione e progettazione del servizio, alla formazione degli operatori a contatto con il pubblico, alla creazione di sportelli informativi , di punti informativi, del coinvolgimento e della responsabilizzazione dei comitati e associazioni, dei cittadini e degli amministratori.
Un altro elemento determinante per la scelta della tecnica di raccolta è il costo di smaltimento del rifiuto residuo in discarica: tanto più è alto e tanto più stimola ad adottare sistemi di raccolta che separino materia riutilizzabile
Dal sistema di raccolta deriva la qualità del rifiuto recuperato, che vede nella raccolta differenziata domiciliare la resa più alta. Questo vale soprattutto per le matrici organiche del rifiuto, che recuperate in tal modo divengono materia prima per la produzione di compost di qualità.
L’incremento e il miglioramento della raccolta differenziata introduce necessariamente la realizzazione di ulteriori impianti dedicati, per sostenere la richiesta di trattamento dei rifiuti recuperati in un sistema di gestione attualmente già a rischio di saturazione.
Una ancora insufficiente diffusione della raccolta differenziata e la penuria di impianti di trattamento potrebbero indurre a scelte politiche e tecnologiche non condivisibili da una concezione basata sulla sostenibilità e la salvaguardia ambientale. La propensione per la soluzione dello smaltimento dei rifiuti attraverso la scelta esclusiva degli impianti di TMB, di produzione di Fos e di CdR non elimina il problema della produzione dei rifiuti e del loro smaltimento.
La Fos non è un compost di qualità, poiché costituita da notevoli quantità di impurità, derivanti dalle altre tipologie di rifiuto. Anche se definito materiale da utilizzare per il ripristino ambientale, la Fos non ha certamente le caratteristiche di un ammendante. Possiamo solo continuare a ribadire l’importanza di un’ulteriore rafforzamento della raccolta differenziata della frazione organica per poter sottrarre al conferimento in discarica e agli impianti di produzione di Fos ulteriori quantitativi di rifiuti recuperabili.
Il CdR costituisce la materia prima per le attività di incenerimento dei cosiddetti termovalorizzatori, i cui forni vanno necessariamente alimentati una volta attivati. Anche la frazione secca, di cui è composto il CdR, è passibile di ulteriori selezioni finalizzate al recupero ed è motivo di riflessione cercare di comprendere i motivi di un tale sperpero di materia ed energia.
Tutto dipende dalla scelta metodologica della raccolta dei rifiuti, che introduce inevitabilmente quella degli impianti da realizzare. 
La raccolta differenziata necessita dei suoi impianti dedicati e va fortemente sostenuta, poiché è la sola a rispettare veramente il principio della sostenibilità ambientale, previsto dal Decreto Ronchi e dalle direttive europee.
 
Per ulteriori approfondimenti:
 
www.provincia.bologna.it/ambiente/rifiuti
www.consorziopriula.it
www.padova.net.it
www.comune.bellizzi.sa.it
www.compost.it
www.apat.it