Collasso. Sopravvivere alle attuali catastrofi in attesa di un inevitabile ritorno al passato
di James Howard Kunstler - 13/11/2005
Fonte: Nuovi Mondi Media
Il nuovo libro di Nuovi Mondi Media, "Collasso - Sopravvivere alle attuali guerre e catastrofi in attesa di un inevitabile ritorno al passato". L'autore è James Howard Kunstler.
Al di là del titolo un po' catastrofico il libro è un racconto straordinario.
Kunstler analizza con una scrittura molto efficace e coinvolgente cosa succederà quando finirà il petrolio e ci dice che il tempo in cui questo accadrà non è poi così lontano. Entro pochi anni arriveremo al picco di produzione petrolifera e da lì in poi la questione energetica diventerà oltre che urgente, quello lo è già, ma anche sotto gli occhi di tutti.
Cosa accadrà a un Occidente che da cinquant'anni basa tutta la sua vita sul gas e sul petrolio? Troveremo, come dicono gli ottimisti, un'idea geniale che l'uomo farà uscire dal cappello all'ultimo minuto, come nella migliore filmografia hollywoodiana, che ci risolverà il problema senza il minimo disagio? Avremo una fonte di energia rinnovabile che garantirà acqua calda, luce e riscaldamento a disposizione tutto il giorno come siamo abituati?
Oppure... oppure dovremo cambiare radicalmente il nostro modo di vivere... utilizzando forme di energie locali e alternative (splendidamente analizzate nel libro) in attesa di riorganizzare le nostre case e i luoghi in cui viviamo per tornare a un'economia degna del suo nome.
Quando raggiungere un ipermercato a chilometri di distanza da casa non sarà più conveniente perché non ci sarà più il carburante o costerà veramente troppo saremmo in grado di riconsiderare l'agricoltura sostenibile e locale con altri occhi?
Quando la produzione industriale entrerà in crisi impareremo di nuovo a gestire piccole imprese locali autonome? La globalizzazione è destinata a morire di morte naturale quando mancherà il petrolio?
Molto piacevolmente Kunstler ci racconta tutto questo, senza toni apocalittici, leggere per credere.
Vi ricordate nel film della Disney "Alla ricerca di Nemo" il branco di tartarughe che navigava nella corrente del Golfo (mitico!!)?
In questo brano del libro, che pubblichiamo, c'è la spiegazione di come funziona la corrente del Golfo e quali sono le conseguenze del riscaldamento terrestre.
Buona Lettura.
L'"interruttore" della corrente del Golfo
La corrente del Golfo è una caratteristica particolare della topografia del nostro emisfero che consente il trasferimento di enormi quantità di calore tropicale dal Golfo del Messico all'Europa settentrionale, rendendo questa regione magnificamente ospitale per gli insediamenti umani. Senza la corrente del Golfo, la Gran Bretagna, la Francia, i Paesi Bassi e la Scandinavia avrebbero un clima simile a quello del Labrador, con una media annuale di 11°C di meno. La corrente del Golfo è stata paragonata a un nastro trasportatore oceanico. La forza dell'acqua calda che fluisce verso nord è stata descritta come pari a settantacinque volte il volume del Rio delle Amazzoni. Si pensa che questa possente zangola influenzi il comportamento delle correnti fino agli oceani Pacifico e Indiano.
Il nastro trasportatore funziona perché le proprietà chimiche e fisiche dell'acqua variano leggermente da un'estremità all'altra. Le acque calde della corrente del Golfo muovono verso nord, spinte dalla rotazione terrestre. Queste acque sono già insolitamente salate perché alle latitudini più calde l'acqua superficiale evapora più in fretta. Quando la corrente del Golfo, scorrendo verso nord, va a sbattere contro la Groenlandia e l'Islanda, le sue acque hanno distribuito molto del calore iniziale. L'acqua più fresca è ora più salata, più densa e più pesante e s'inabissa con una velocità sufficiente a darle la spinta per tornare di nuovo a sud sotto forma di corrente profonda. Intanto, di nuovo nel Golfo del Messico, altra acqua superficiale calda inizia il suo viaggio a nord sul nastro trasportatore. Il processo è continuo.
È dimostrato che l'attuale riscaldamento globale sta provocando lo scioglimento dei ghiacci continentali all'estremo nord, con conseguente immissione di grandi quantità di acqua dolce nell'Atlantico settentrionale, dove le acque raffreddate, dense e pesanti di sale si tuffano per tornare a sud. L'acqua dolce del disgelo diluisce l'acqua salata fredda, rendendola meno densa e meno pesante. Si teme che ciò possa impedirle di inabissarsi, rallentando così l'intero nastro trasportatore della corrente del Golfo. Ci sono infatti le prove che il flusso dell'acqua fredda si sia indebolito del 20% negli ultimi anni.
Un aspetto cruciale del problema è che un differenziale di salinità apparentemente minimo tra le correnti calda e fredda - una parte per mille - è tutto ciò che ci vuole per azionare questa gigantesca megamacchina naturale della corrente del Golfo. Potrebbe bastare molto poco perché il cambiamento di temperatura alteri il contenuto salino di entrambe o lo spinga oltre una soglia che arresterebbe del tutto la circolazione.
Una teoria accreditata sostiene che l'episodio dello Younger Dryas sia stato provocato da un precedente blocco della corrente del Golfo come reazione a un improvviso afflusso di acqua dolce proveniente dal disgelo del Nord America... forse per lo straripamento improvviso e catastrofico di un sistema di laghi interni d'acqua dolce formatisi durante il ritiro dei ghiacciai. Il raffreddamento del periodo dello Younger Dryas potrebbe aver arrestato l'ulteriore scioglimento dei ghiacci per un millennio, permettendo alla salinità di ricostituirsi nel flusso verso nord della corrente del Golfo, facendo infine ripartire il nastro trasportatore che ha permesso la ripresa dell'Olocene.
Il meccanismo di questo paradossale processo altalenante può ora essere evidente. Il riscaldamento si verifica finché l'"interruttore" della fusione del ghiaccio artico non disattiva la corrente del Golfo, il che induce un raffreddamento intorno alla regione artica che alla fine ripristina la salinità delle acque settentrionali riavviando il ciclo.
Può non avere molta importanza se il riscaldamento iniziale sia provocato da gas rilasciati naturalmente da paludi e animali o dai pendolari americani al volante di Ford Explorer. Una conclusione che si può trarre da questa teoria, comunque, è che non sappiamo veramente se l'attuale episodio di riscaldamento globale possa, in effetti, preludere semplicemente a un altro importante periodo di raffreddamento. Ciò che abbiamo di fronte, in realtà, potrebbe essere un doppio problema: un episodio indipendente di riscaldamento radicale seguito dall'inizio di un'era glaciale.
Se gli andamenti storici possono fungere da criterio di valutazione, l'Olocene dovrebbe stare per concludersi dopo diecimila anni. La cosa più sorprendente di tutte, forse, come sottolinea Kolbert è che "l'unico periodo nella storia dal clima stabile quanto il nostro è il nostro. E sembra ancora più improbabile che i climatologi debbano scoprire che stiamo vivendo in questo periodo di eccezionale stabilità proprio nel momento in cui, secondo i loro stessi calcoli, si sta verosimilmente avviando alla fine".
I cambiamenti che si stanno verificando sono talvolta sorprendenti. Per esempio, l'attuale tendenza al riscaldamento si manifesta molto più nell'aumento delle temperature notturne che nelle temperature medie diurne. Analogamente, l'U.S. National Climatic Data Center ha determinato che le minime - cioè le temperature più basse del giorno - sono salite più delle massime. Uno dei risultati di questa variazione è un posticipo delle gelate nell'emisfero settentrionale. Negli Stati Uniti nord-orientali, per esempio, il gelo finisce in media undici giorni prima rispetto agli anni '50. Ciò potrebbe sembrare un vantaggio per le colture ma presenta aspetti problematici perché il repentino cambiamento destabilizza le ecologie esistenti, nuocendo alle specie locali e creando le condizioni favorevoli per l'invasione di nuovi venuti che, a loro volta, provocano ulteriori cambiamenti ecologici, molti dei quali dannosi.
In un altro paradosso, sebbene la temperatura media globale sia salita, gli inverni sono diventati più nevosi alle latitudini elevate dell'emisfero settentrionale, perché il maggiore calore a latitudini inferiori causa una maggiore evaporazione dell'umidità. È un'altra prova che suggerisce che l'attuale riscaldamento potrebbe in realtà preludere a un'altra era glaciale. Alle latitudini medie degli Stati Uniti settentrionali e del Canada il rapporto tra neve e pioggia in inverno è diminuito, mentre le precipitazioni invernali totali sono aumentate. Nonostante la maggiore umidità invernale, si prevede un inaridimento dei terreni nel Nord America nei prossimi decenni perché le temperature più calde favoriranno i livelli di evaporazione e traspirazione. Tuttavia, per fare un esempio, la copertura nuvolosa può alterare i calcoli alla base di questi effetti, come in Russia, dove è evidente un aumento dei livelli di umidità del terreno.