Dalla stampa:

“Giovedì 10 gennaio 2007 la strage di Ustica viene archiviata senza colpevole. Nessun responsabile per uno dei più intricati misteri d’Italia. La Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha assolto con formula piena anche i due ultimi militari, i generali Lamberto Bertolucci e Franco Ferri, dichiarato inammissibile il ricorso della Procura Generale e rigettato anche il ricorso del Governo. Dopo 27 anni si chiude dunque il processo penale della Strage e si toglie la possibilità ai familiari delle vittime di poter chiedere, in sede civile, il risarcimento dei danni morali”. I resti del Dc9 15 I-TIGI ITAVIA da fine giugno 2006 sono visibili in un Museo della Memoria ad hoc di Bologna."

Per saperne di più abbiamo invitato un esperto ad intervenire. Si tratta di Luigi Di Stefano, autore nel 2005 del volume “Il Buco. Scenario di guerra nel cielo di Ustica” (Vallecchi Edizioni), dal 1989 al 1994 consulente tecnico del quotidiano La Repubblica sulla triste vicenda, e perito di parte civile Itavia (la compagnia aerea proprietaria del velivolo) nel processo negli anni 1995-1999. Suo è il sito: www.seeninside.net (da visitare per saperne di più non solo su Ustica ma anche sull’11 settembre) e sua una e-mail dove prendere contatto: info@seeninside.net. (Susanna Dolci)


USTICA: SILENZIO E BASTA…

di Luigi Di Stefano


“É sempre antipatico partire con un “io l’avevo detto”, e lo è sicuramente ancora di più riferendosi allo “Affaire Ustica” di cui abbiamo assistito in questi giorni alla surreale e deludente conclusione.

Eppure nell’ultimo capitolo del libro che ho scritto nell’estate del 2004 (e poi pubblicato nell’estate del 2005) ero costretto a concludere proprio questo: alla fine si arriverà a niente, un nulla di fatto.

Come ex addetto ai lavori tenterò di spiegare i motivi per cui era prevedibile che si arrivasse ad una conclusione che crea sconcerto e risentimento nell’opinione pubblica che ha seguito per oltre due decenni la vicenda dello sfortunato DC9-15, nominativo I-TIGI, della compagnia Itavia.

Una indagine su un evento catastrofico è sempre un fatto tecnico, un’analisi tecnica finalizzata a ricostruire il fatto, determinarne le cause, fornire “certezze” al magistrato che su queste basi, e solo su queste, può compiere quel processo di integrazione fra l’evento, i documenti, le testimonianze.

Nel caso Ustica questa analisi tecnica, ricostruttiva appunto della dinamica e delle cause del disastro, si è svolta sostanzialmente sul relitto e sui nastri radar civili e militari, mentre il procedimento penale, rinunciato ad un certo punto alla possibilità di “trovare il colpevole”, si è focalizzato sul “trovare chi ci ha impedito di trovare il colpevole”, che è cosa completamente diversa.

Quindi abbiamo due punti di vista diversi e antitetici: l’indagine tecnica esaminava evento e cause (missile, bomba, danni, dinamica del disastro, relitti, salme, radar etc.) senza poter naturalmente offrire nulla a supporto alla finalità reale del processo che si andava svolgendo, che era quella di individuare coloro che con le condotte omissive o depistatorie od occultatrici impedivano o avevano impedito il raggiungimento della famosa “Verità”.

Ė evidente che volendo accusare qualcuno di aver impedito il raggiungimento della “Verità” si dovrebbero avere quanto meno le prove che costui abbia distrutto atti, impedito testimoni, avere insomma le prove che gli accusati “sapessero”, o quanto meno “sospettassero” uno svolgimento doloso dei fatti e abbiano coscientemente occultato o depistato o chissà che.

Il rinvio a giudizio dei vertici dell’Aeronautica Militare recita testualmente:

Da sentenza della CORTE DI ASSISE DI ROMA del 30/4/2004
imputati:

a) Del delitto di cui agli artt. 81 cpv., 110, 289 C.P. e 77 C.P. militare di pace, perché, in concorso tra loro e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, impedivano l’esercizio delle attribuzioni del Governo della Repubblica, nelle parti relative alle determinazioni di politica interna ed estera concernenti il disastro aereo del DC9 Itavia, in quanto – dopo aver omesso di riferire alle Autorità politiche e a quella giudiziaria le informazioni concernenti la possibile presenza di traffico militare statunitense, la ricerca di mezzi aeronavali statunitensi a partire dal 27 giugno 1980, l’ipotesi di un’esplosione coinvolgente il velivolo e i risultati dell’analisi dei tracciati radar di Fiumicino/Ciampino, nonché l’emergenza di circostanze di fatto non conciliabili con la collocazione della caduta del MIG Libico sulla Sila nelle ore mattutine del 18 luglio 1980, abusando del proprio ufficio, fornivano alle Autorità politiche, che ne avevano fatto richiesta, informazioni errate – tra l’altro escludendo il possibile coinvolgimento di altri aerei e affermando che non era stato possibile esaminare i dati del radar di Fiumicino/Ciampino perché in possesso esclusivo della Magistratura – anche tramite la predisposizione di informative scritte.

b) In Roma in epoca successiva e prossima al 27 giugno 1980.


In realtà l’accusa ai vertici dell’Aeronautica discende da una lettera scritta, il 22 dicembre del 1980 (quindi sei mesi dopo i fatti), al Presidente del Consiglio in carica (On. Arnaldo Forlani), che a nome del governo aveva chiesto lumi sulla vicenda e relativamente alla polemiche e ricostruzioni apparse sulla stampa in quel periodo.

La lettera recita testualmente:

"Come richiesto per le vie brevi, le mando in sintesi la situazione relativa al noto disastro aereo:

a. al momento dell'incidente:

- nella zona non era in corso alcuna esercitazione aerea nazionale o nato e nessun velivolo dell'aeronautica militare italiana vi si trovava in volo;

- tutte le unità missilistiche della marina militare italiana risultavano in porto. assolutamente da escludere un lancio involontario in quanto i sistemi sono forniti di numerose sicurezze ed inoltre le armi sono custodite in depositi e non sulla rampa;

- non esistono unità missilistiche dell'esercito che per schieramento dei mezzi di lancio siano in grado di raggiungere con un loro missile la zona del disastro;

- non operavano nel mar Tirreno navi o velivoli della 6^ flotta Usa;

- nel poligono sperimentale interforze di Salto di Quirra non era in svolgimento alcuna attività.

b. l'analisi del tracciamento radar effettuato dall'Aeronautica Militare sulla base della documentazione fornita dai centri radar di Licola, Siracusa e Marsala non conferma la presenza di tracce sconosciute in prossimità della zona nel momento dell'incidente. Tutte le tracce rilevate dai radar si riferiscono a velivoli identificati che hanno poi concluso il volo senza inconvenienti.

c. è inconsistente l'affermazione secondo la quale sarebbero stati occultati dati relativi alle registrazioni su nastro delle tracce radar rilevate dal centro di Marsala. e' invece vero che detta registrazione fu interrotta dall'operatore (per dimostrare la procedura di cambio del nastro) quattro minuti dopo l'incidente; tutti gli eventi ad esso riferiti risultano pertanto perfettamente registrati e vagliabili.

d. e' confermato inoltre che il relitto trovato in data 20 settembre u.s. nelle acque di Messina è costituito dall'impennaggio di coda di un bersaglio del tipo Beccheraft AQM-37 a utilizzato in esercizi di tiro terminati il 22.01.80.

Quanto sopra si porta a conoscenza dell'on. S.V. sottolineando che allo stato attuale delle indagini ogni ipotesi formulata in materia e' prematura ed e' opportuno rinviare osservazioni e giudizi alle conclusioni dell'inchiesta in corso, a cura del ministero dei Trasporti."


Appare chiaro che il testo di questa lettera (che fra l’altro rimanda, “sottolineando”, alle conclusioni dell’inchiesta in corso) non può configurare il reato di “alto tradimento” a carico dei vertici dell’Aeronautica Militare. Lo sarebbe se uno o più di uno dei punti elencati fosse risultato “falso”, cioè scientemente falso. Ma questo non è successo, e risulta da ben 20 anni di indagini successive da diverse commissioni di inchiesta, e da un processo durato tre anni.

L’unico punto che potrebbe essere controverso, la presenza di un altro velivolo nelle vicinanze del DC9 al momento del disastro, viene negato anche dal Collegio Peritale Radaristico (che ha svolto un supplemento di indagine fra il 1995 e il 1997) che lo ha ribadito nel corso del processo nel 2003.

Potevano essere condannati per alto tradimento avendo affermato, nel 1980, quello che risulta essere la verità processuale nel 2003? Evidentemente no.

Quindi è questo, nella sostanza delle cose, il motivo che ha portato all’assoluzione dei vertici dell’AM dell’epoca, e non poteva andare diversamente in un procedimento giudiziario che non è riuscito ad identificare un “colpevole”, né presunto né ignoto. Che non è riuscito ad identificare nemmeno le cause del disastro (se bomba o missile, a cui poi si è aggiunta addirittura l’ipotesi di “quasi collisione”).

Il “colpevole”, chiunque esso sia, non è stato nemmeno rinviato a giudizio, su di lui non pende nemmeno un’accusa!

Mi rendo conto di aver aggiunto sconcerto a sconcerto, ma le cose stanno esattamente così, sono scritte ormai nelle sentenze.

Il sottoscritto naturalmente ha maturato convinzioni ben diverse: il DC9 è stato abbattuto da un missile; l’aereo incursore (che sicuramente ha sbagliato bersaglio, non si distrugge un aereo civile per pura malvagità) è entrato nel nostro spazio aereo coperto da un apparato da guerra elettronica che ha impedito ai nostri radar di riconoscerlo; sul relitto ricostruito appare chiaramente (anzi, “appariva” chiaramente) lo squarcio prodotto dal missile così come alcuni fori di scheggia; sui nastri radar compare chiaramente l’operazione di guerra elettronica e la rotta dell’incursore, cosi come emerge chiaramente l’intervento di un radar militare americano che tre ore dopo il disastro ricostruisce l’incursione e l’azione di guerra elettronica, così come si mostra il volo camuffato da “aereoambulanza” di un aereo libico, decollato da Ajaccio, che attraversa il nostro spazio aereo durante lo svolgersi del disastro, e che mezz’ora prima del disastro attiva un apparato da guerra elettronica. Il tutto condito da interrogazioni parlamentari che 13 mesi prima di Ustica e 5 mesi prima di Ustica chiedono conto del perché, contro il parere dello Stato Maggiore della Marina e dell’Aereonautica, e contro il parere dei servizi segreti militari, si vendessero all’estero apparati da guerra elettronica in grado di bucare il sistema difensivo nazionale.

Ho scritto libri e pubblicato siti internet, per chi volesse avere una conoscenza non superficiale del caso Ustica può visitare http://www.seeninside.net

Per il resto era chiaro che ad inseguire un tradimento fatto per lettera 26 anni fa non si andava lontano.


Luigi Di Stefano