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Il liberismo alla moda di chi ama la pubblicità

di Vincent Cheynet - 20/01/2007

 [Vincent Cheynet risponde a Massimo Canevacci]
Massimo Canevacci non accetta la decisione della municipalità di Sao Paulo di togliere i panelli pubblicitari nelle strade di Sao Paolo dall'inizio di quest'anno. Nel suo articolo pubblicato da Carta riprende buona parte dei luoghi comuni dell'ideologia ultraliberista per sostenere l'inquinamento visivo. Conosciamo le devastazioni dell'inquinamento visivo pubblicitario. Come ogni inquinamento, sono i meno abbienti a esserne le prime vittime. Oltre lo scandaloso spreco che costituisce la pubblicità, sappiamo che essa è il vettore dell'ideologia di consumo. Un'ideologia che fa passare il consumo dallo statuto di mezzo a quello di finalità. Vediamo ogni giorno un po' di più le conseguenze di questa ideologia: inquinamento, esaurimento delle risorse, riscaldamento climatico, sviluppo dell'obesità nei bambini, paesaggi devastati dalla propaganda commerciale…
La municipalità di Sao Paolo ha semplicemente deciso di fare rispettare la legge. Bisogna aver coraggio per fare primare la democrazia sulla dittatura dell'economia. È già troppo per Massimo Canevacci per chi gli eletti del popolo hanno deciso di "spegnere la città"! Il professore tenta poi di manipolarci: darebbe mostra di ponderatezza rifiutando di vedere nell'azione degli eletti una "operazione sovietica". Ci vede tuttavia un "dirigismo datato […] un moralismo pseudo-ambientalista, anti-modernista, romantico […] generalizzato nelle classi medie scolarizzate che una grande choreografa definisce 'hippy-endinheirado': ex figli dei fiori in ascesa sociale…". Conclude la sua diatriba: "È per questo che una legge ipocrita, antimetropolitana, che vuole reinstaurare la metropoli 'come era una volta'". Per il professore all'università romana la Sapienza, l'azione dei suoi contradditori sarebbe infatti "legata all'infanzia perduta che promuove questa legge per ricreare una specie di purezza ambientale". Si patologizzano i propri contradditori prima di dichiararli pazzi e di rinchiuderli nei manicomi.
Sono un ex pubblicitario. Sono stato direttore artistico nel primo gruppo europeo di comunicazione per dieci anni. Per averci purtroppo contributo, conosco perfettamente questo tipo di tecnica di manipolazione che consiste nel descrivere gli oppositori alla pubblicità come bacchettoni, bambini viziati, reazionari contratti, o addirittura fascisti.
È ovviamente scandaloso. Quello che detesta in realtà Massimo Canevacci è la democrazia, quella che si esprime quando gli eletti del popolo fanno prevalere la morale e il diritto su puri interessi privati, quando i cittadini esercitano il loro "giudizio di valore basato su un passato sedimentato".
La morale, la democrazia, la protezione dell'ambiente, ecco i valori superati, "sedimentati" per l'antropologo. L'arcaico, per Massimo Canevacci, è il politico. È il diritto dei cittadini a rifiutare la mercificazione del loro campo visivo e l'imbruttimento del loro quadro di vita. La legge, quando diffonde il bene comune, è necessariamente liberticida per un ultraliberista, è una "censura datata", come la chiama Massimo Canevacci. Gli ultraliberisti ci presentano la mondializzazione - intesa come mercificazione del mondo - come un fenomeno naturale contro il quale sarebbe insensato opporsi. Seguendo questa apprensione del mondo, per Massimo Canevacci l'espansione delle megalopoli è guidata da una "impossibilità di ogni pianificazione urbana". Tanto vale allora "concentrarsi su sfide specifiche" ovvero agire al margine e abdicare politicamente. Se no il professore sospetterà il refrattario di promuovere un pensiero "anti-metropolitano", ovvero reazionario-bifolco. La desumanizzazione e la miseria legata a questo tipo di concentramento urbano non sembra sfiorarlo.
Lasciamo quindi Massimo Canevacci alle sue contemplazioni alla moda postmoderne e pubblicitarie, che provengono sicuramente più dall'affittuario della camera di un albergo di lusso di Sao Paolo che dall'abitante di una favela.
Mi stupisco che l'ideologia ultraliberista sia così pregnante che i nostri amici di Carta ne arrivino a pubblicare un simile testo, che mi sarei aspettato di trovare su un settimanale ultraliberista francese come Valeurs actuelles, proprietà del mercante di armi Dassault.
Vincent Cheynet, caporedattore di La Décroissance-Casseurs de pub