"Negazionismo": intervista a Giano Accame
di Giano Accame/Giovanan Canzano - 24/01/2007
Il negazionismo della Shoah attraverso la ricerca storica “Il ministro della Giustizia Clemente Mastella ha lanciato un appello affinche' il negazionismo della Shoah diventi reato in tutti i paesi dell'Unione Europea. A Dresda per il Consiglio dei ministri della Giustizia e degli Affari Interni europei a pochi giorni dalle commemorazioni per l'Olocausto che si terranno il prossimo 27 gennaio, il Guardasigilli, incontrando la sua omologa Brigitte Zypries, ha sottolineato l'importanza di una iniziativa comune in questa direzione. Il ministero della Giustizia rileva che si tratta di una inversione di rotta evidente rispetto alla posizione assunta nel 2003 da precedente Governo italiano”. La ricerca storica, dopo questo appello, rischia di ricevere un colpo mortale. Il principio volteriano "detesto quello che dici, ma mi batterò per permetterti di dirlo" deve rimanere il faro della nostra civiltà giuridica, almeno quanto quello weberiano della "consapevolezza della responsabilità delle conseguenze delle proprie azioni". Abbiamo chiesto a Giano Accade cosa ne pensa della precedente condanna ad Irving che di sicuro è stato una condanna che ha aperto le ‘porte’ a questo appello di Mastella. CANZANO - Cosa pensa della condanna in Austria dello storico britannico? ACCAME - Condannando lo storico inglese David Irving come negazionista dell’Olocausto i magistrati austriaci hanno forse voluto far dimenticare gli entusiastici bagni di folla con cui il connazionale Adolf Hitler venne accolto a Vienna ai tempi dell’Anschluss, cioè dell’annessione dell’Austria al Terzo Reich; e la crudele collaborazione di tanti austriaci alle persecuzioni antiebraiche. In realtà i carcerieri austriaci di Irving, nel loro eccesso di zelo, hanno manifestato una continuità col nazismo: li unisce il mancato rispetto della libertà.. In tedesco per definire certi comportamenti si usa l’espressione di Radfahrer, ciclista, perché chi pedala in bicicletta piega la testa verso l’alto, i poteri dominanti, e con i piedi pesta verso il basso. Per quel che ho letto di Irving nei libri pubblicati dal nostro comune editore Enzo Cipriano, non mi sembra che lo si possa definire negazionista. Basta aprire alle pagine 538/539 il suo libro su La guerra di Hitler per imbattersi in episodi dello sterminio ebraico, che non vi sono affatto negati: . Subito dopo leggiamo: E così via. Irving poco dopo sostiene: . Può sembrare strano e rispetto a quanto è effettivamente successo poco rilevante. Ma è vero: non si è trovato sinora alcun documento firmato da Hitler sullo sterminio. Libri recenti confermano che nel bunker di Hitler non ne sapevano niente né la sua dattilografa Junge Traudl, né un alto ufficiale della Wehrmacht a lungo attivo nel gabinetto del Führer: solo dopo la sconfitta, di fronte ai documentari della propaganda alleata, ne furono sorpresi e sconvolti. Irving ha inoltre, con curiosità discutibile, espresso dubbi sulle cifre dello sterminio, ma persino il maggiore storico dell’olocausto Raul Hillberg indica cifre variabili e al campo-museo di Auschwitz hanno ridotto il numero delle vittime sulla targa. Vi sono eventi su cui la precisione può apparire superflua, ma è assurdo condannare lo storico che intenda accertarla. In fin dei conti può essere interessante sapere che mentre Hillberg nel suo studio scientifico su La distruzione degli Ebrei d’Europa (Einaudi 1995) quantifica in le vittime a Auschwitz, al processo di Norimberga Höss, comandante tedesco del campo, venne fatto confessare (secondo Irving sotto tortura) di averne “gassato” due milioni e mezzo, in aggiunta al mezzo milione di decessi per malattia. Ripeto: di fronte all’orrore di quello che è successo queste contabilità hanno un senso molto relativo. Ma punirle col carcere è altrettanto insensato, specie se a farlo sono tedeschi e austriaci, sempre con toni da primi della classe. CANZANO I nostri intellettuali hanno la libertà di esprimersi anche se non sono di sinistra? ACCAME – Si, abbiamo dovuto nuotar contro corrente e ci hanno reso la vita difficile, ma non ci siamo lasciati chiudere la bocca. Un paradosso della liberazione è d’aver quasi subito creato due nuovi reati d’opinione: l’apologia del fascismo e il vilipendio della resistenza. In teoria non avremmo più potuto né parlar male dei nostri avversari, né bene di noi stessi. Ma a quest’assurdità non ci siamo piegati. Dall’Uomo qualunque, a Rivolta ideale, al Candido, all’Asso di Bastoni, al Borghese e a tanti altri organi di stampa la pubblicistica di destra sin dal dopoguerra è stata libera e vivacissima. Non condivido atteggiamenti vittimistici. CANZANO - Il fascismo è nato come movimento di resistenza contro il comunismo che iniziava a prendere piede dopo la Russia anche in Italia? ACCAME – Non fu solo anticomunista. Ci fu anche una critica antiplutocratica, contro il liberalcapitalismo. Il tema della guerra del sangue contro l’oro resta attuale, nel quadro della globalizzazione finanziaria. Mi sembrano ridicoli tanto gli eroici soldatini dell’antifascismo, che continuano a battersi contro un sistema scomparso nella prima metà del secolo scorso, quanto chi combatte contro il comunismo, i cui residui in Europa sono poco rilevanti. Credo nei poteri nazionali e popolari delle democrazie che oggi rappresentano nel mondo il sistema politico migliore e dominante, ma la vigilanza critica deve esercitarsi sui poteri attuali più che su quelli scomparsi. Non credo al dogma dell’immacolata concezione della liberaldemocrazia, che come ogni sistema ha commesso crimini ed errori da cui conviene guardarsi. Giovanan Canzano Fonte: www.iniziativameridionale.it |